La punta di diamante della nuova canzone d’autore italiana. Per la capacità di mettersi in discussione, di migliorarsi, di ricercare altrove nuove sonorità, senza mai imitare e/o emulare le popstar britanniche. Cesare Cremonini è tornato, lo ha fatto con un album pensato e quel titolo, “Logico”, è tutto tranne che manifesto della razionalità: è una tavolozza di colori che rapisce al primo sguardo, un arcobaleno che lascia immobili e indifesi.
Da “Fare e disfare” a “Io e Anna, da “Vent’anni per sempre” alla frizzantissima “Greygoose”: un disco che si ascolta con piacere, mai distrattamente, perché sotto melodie immediate, spesso si cela un testo ‘importante’, segno ulteriore di quella crescita di cui parlavamo in apertura. Cesare non si nasconde, mi confida che il prossimo tour (QUI LE DATE) sarà “il live più importante di tutta la mia carriera“, abbraccia i ricordi, attraverso i Beatles e i Rolling Stones, e rendendo omaggio a due capisaldi della nostra storia musicale: Dalla e Battisti (“Anima Latina è il mio disco preferito“).
Dimenticavo. Forse il valore aggiunto di questo album è la sua capacità di guardare lontano: “Logico” non è stato scritto solo per oggi ma, come una buona bottiglia di vino, sarà ancora più pregiato nel tempo. E Cremonini, da buon emiliano, non potrà che condividere questo pensiero…
“Fare e disfare”, partiamo da questo pezzo. Tu canti “vorrei fermare il tempo e viaggiare”, è un po’ come “chiudere il cerchio e farlo quadrare”, quasi impossibile!
E’ la prima grande sfida di questo album, la cosa bella è che non sarà l’unica né l’ultima. Di certo è uno dei concetti chiave di tutto il disco: ho fatto attenzione al suono collettivo, globale, ma mai dimenticando la forza delle parole.
Belle melodie nel disco, testi tutt’altro che banali: anche questa una piccola grande impresa al giorno d’oggi.
A riguardo c’è un fatto curioso: nella musica italiana è in crescita quella tendenza che si debba sacrificare la melodia in virtù del testo. Mi spiego: spesso si cercano argomenti interessanti, ma per riuscire a comunicarli, molti sono quasi obbligati a rinunciare alla melodia, al “cantare”. A farne le spese è l’emozione che il mix melodia-testo-musica può consegnare all’ascoltatore.
Tanto in “Fare e disfare”, quanto in “Se c’era una volta l’amore” hai deciso di chiudere con un assolo di tromba: penso che il senso sia differente, ne parliamo?
La prima è quasi una ‘canzone da finestrino, da cabriolet’, dove la tromba incontra sonorità latine e mediterranee, evoca atmosfere estive, rilassanti. Nel secondo caso tutto diventa più intenso e profondo: c’è un arrangiamento medievale, in stile beatlesiano, l’assolo finale serviva per chiudere una canzone amara, legata alla separazione dei miei genitorie. Qui la tromba dà uno slancio positivo, di rinascita.
Elisa recentemente ha accostato la tua “Io e Anna” al cantare di Lucio Battisti, ma la canzone è un omaggio mascherato a Lucio Dalla: chiudiamo il cerchio?
Il brano è un’ideale continuazione di “Anna e Marco” e la parola Anna ripetuta in quella maniera richiama un po’ Battisti, certo. Il testo della canzone è nato da un dialogo spontaneo tra me e Davide Petrella de Le Strisce: ci siamo chiesti, quasi vaneggiando, quale potrebbe essere stato il destino di Anna e Marco. A volte alcuni protagonisti di canzoni ‘antiche’ vengono lasciati lì e nessuno conosce la continuazione della storia…
Detta così sembra quasi un film.
Assolutamente! Dopotutto, ho sempre immaginato le canzoni come dei piccoli film: ogni film ha una storia e dei protagonisti, quasi sempre oltre all’inizio esiste anche un finale chiaro, preciso. Ho immaginato Anna e Marco al pari delle coppie di oggi, in una società completamente diversa rispetto a quella che cantava Lucio: oggi è complicato portare avanti un ideale così volubile come l’amore.
Alcuni mesi fa, riferendoti a Samuele Bersani, hai detto: “En e Xanax è l’Anna e Marco 2.0“. Com’è, ti sei preso d’invidia…?
(ride) Per fortuna la forza comunicativa delle canzoni di Dalla non è scomparsa dopo la sua morte: è sempre stato, ora ancora di più, quello più ascoltato dai miei colleghi. Le sue canzoni erano capolavori che richiamavano spesso atmosfere cinematografiche, aiutavano a ritrovare la consapevolezza delle cose importanti della vita, quelle più semplici. La musica leggera, in questo senso, continua ad avere un peso specifico nel quotidiano.
Torniamo un attimo all’argomento-cinema: tu hai recitato, ora coltivi propositi differenti, tipo la scrittura sceneggiature o colonne sonore?
Il destino è impossibile da prevedere, magari un giorno scopriremo che quel che ho fatto come musicista era solo la base per qualcosa più grande, magari l’essere regista. Come ho detto prima, scrivere canzoni è quasi come scrivere piccoli film, io lavoro molto con l’immaginazione, la tengo sempre aperta e fertile. Penso di essere abbastanza giovane per concentrarmi ancora sulla musica: più avanti, quando l’artrite mi colpirà, cambierò strada… (ride)
Altra canzone del disco: “Vent’anni anni per sempre”, c’è anche una malcelata ironia tra gli One Direction e i Rolling Stones…
Gli One Direction, so che lo sai, non hanno nulla a che fare con gli Stones: inutile dire che i tempi cambiano e, quindi, cambiano anche le cose. Sono proprio due stili di diversi, anche di approccio alla musica. All’epoca di Mick Jagger, tra l’altro, esistevano dei progetti discografici o band paragonabili agli One Direction, impossibile negarlo, ma credo che neppure i più ‘rassicuranti’ Beatles fossero loro paragonabili. Altre epoche, ripeto.
Ti ritrovo ‘maniaco da studio di registrazione’ e, senza fare paragoni, ritrovo qualcosa di “Anima Latina” nel tuo “Logico”. Per costruzione, per quella miscellanea di sonorità…
Credo sia ancora un tabù per me paragonare i miei dischi ai grandi classici del passato. Di certo, sono dei punti di riferimento utili a darmi coraggio. Tra qualche anno capiremo se abbiamo fatto le scelte giuste. Rispetto a quello che hai detto, beh, non ci crederai ma “Revolver” dei Beatles e “Anima Latina” di Battisti sono tra i miei dischi preferiti: in “Logico” ho cercato di essere, insieme, creativo, contemporaneo e innovativo. Questo, mantenendo una freschezza d’ascolto capace di riportarmi alla completezza degli album che ho appena citato.
Chiudo. Un disco così lavorato, così suonato, maniacale (ripeto)… Così diventerà all’interno dei palazzetti?
Credo che il prossimo sarà il live il più importante della mia carriera: tutto il mondo contenuto in “Logico” si espanderà e regalerà soddisfazioni al pubblico che verrà ai concerti. Io sono sempre alla ricerca di nuovi stimoli, non mi accontenterò di salire sul palco e suonare le canzoni del disco così come sono nate. Voglio divertirmi, sperimentare ancora…
Qual è la tua ‘canzone nell’armadio’? Quella del tuo passato alla quale leghi un ricordo in particolare…
Credo fossi in quinta elementare, la mia canzone preferita era “Only you” dei Platters: canticchiavo questo pezzo nelle orecchie dei miei compagni di classe, facendo finta che il disco stesse saltando. Mi divertivo anche così.
(foto ufficio stampa)