La musica, il cinema, la televisione, la fotografia. Sono davvero pochissimi i “numeri uno”. Quando stai per incontrarne uno (dei numeri uno), hai sempre il timore di restare insoddisfatto, deluso. Lo hai sempre ammirato, seguito, ascoltato, osservato… Ti sei fatto un’idea e non vuoi che questa possa essere intaccata. Con Ennio Morricone, per fortuna, non è andata così. Una persona semplice, non un personaggio. Uno che ti attende alla porta di casa e ti accompagna alla medesima, quando tutto è finito. Uno che ascolta, riflette e racconta. Probabilmente sta tutto in quella frase pronunciata accanto a Clint Eastwood, durante la cerimonia degli Oscar, nel 2007: “Credo che questo Premio sia per me non un punto di arrivo, ma un punto di partenza per migliorarmi…“. Con lui parliamo di cinema, ma non solo: la musica leggera e “Se telefonando” (smentisce Wikipedia!), Claudio Baglioni e “Giù la testa”, Gabriele Muccino, Giuseppe Tornatore. X-Factor e il mondo dei talent show. Il “suo” cinema nascosto, i suoi compositori preferiti. La migliore offerta del nostro paese è oggi Ennio Morricone: un grande italiano. Sciòn sciòn…
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Partiamo dalla strettissima attualità: “La migliore offerta“. Colonna sonora apprezzata da moltissimi addetti ai lavori. Com’è strutturata?
Ci sono delle strutture strumentali che sono mescolabili, semplicissimo a dirsi. Ma non a farsi. Lentamente sono arrivato a questo punto di composizione: dapprima sembrava necessaria l’applicazione delle musiche in questa maniera, più libera, nel tempo il mio stile si è perfezionato e siamo arrivati fino a qui.
I cantanti studiano sempre, senza fermarsi, dando importanza al loro strumento: la voce. Lei ha ammesso di studiare tantissimo, ancora: com’è che si esercita?
La professionalità e l’applicazione e il meditare su quello che uno deve fare, pensando di andare avanti, e forzare la situazione che si può determinare: quella ferma, cristallizante. Fare sempre esperimenti e poi trarne le conseguenze.
Pare che Tarantino l’abbia voluta fortemente per “Django Unchained“. In futuro le piacerebbe musicare una storia d’amore moderna, lavorando a stretto contatto con qualche “giovane” regista italiano. Ad esempio uno come Muccino…
Il mio legame col cinema western non è poi così netto, anzi: su circa 500 film, solo l’8% riguarda quel cinema lì, il resto è tutt’altro e sfugge ai più. Stimo moltissimo Muccino, è un regista di grande talento, ma non mi andrebbe di lavorare con nuovi professionisti: Gabriele non mi è antipatico, anzi! Lo rispetto, mi piace moltissimo, una volta fu proprio lui a farmi grandi complimenti. E’ solo che alla mia età ho difficoltà a lavorare con un nuovo regista, inaugurando un nuovo rapporto: significherebbe un aumento di lavoro, questo proprio non mi andrebbe. Preferisco stare al fianco di chi conosco bene e con chi ho già avuto modo di lavorare. Mi bastano quei pochi registi con cui ancora lavoro…
Musica leggera, la mente va a “Se telefonando”, uno dei brani italiani che amo di più: ricorda la genesi di quella composizione? Wikipedia dice: “Furono le sirene della polizia francese a ispirare Morricone…“
Una fesseria, mi creda. Buca clamorosa per chi ha messo in giro notizie prive di fondamento. L’ispirazione era più che altro dovuta a un’idea: ridurre a tre i suoni di una melodia, questo per trovare più diversità possibili nell’andare a costruire una melodia. Entrare, così, in parametri completamente diversi. L’idea era questa: usare i tre suoni, tutto qui.
Nel rapporto tra le arti, in questo caso tra cinema e musica, secondo lei c’è qualcosa che non è ancora stato fatto? Possono musica e cinema incrociarsi ancora di più?
Si può fare tutto. In qualche momento de “La migliore offerta” c’è una forma di sperimentazione: è andata benissimo, era stata pensata e costruita molto tempo prima che Tornatore girasse il film, quindi abbiamo avuto il tempo di meditare sul risultato di questa registrazione. All’inizio era completamente diversa, poi è diventata una cosa stabile. Si è stabilizzata, diciamo. E’ andata bene.
X-Factor e il mondo dei Talent Show: la Tv può essere madre di talenti nuovi?
Io non credo solo al talento, credo molto allo studio, che è certamente una fase successiva al talento, ma costituisce una fase decisiva nella figura di un artista che va lentamente a formarsi. Chi non studia, sta fermo, non va avanti. Studiare è obbligatorio, se si vogliono avere risultati importanti.
Che musica ascolta?
A casa mi capita raramente di ascoltare musica. Mi capita di andare ai concerti, quello sì. L’altro giorno, ad esempio, sono stato a Santa Cecilia, dove ho apprezzato una pregevole orchestra, diretta benissimo, che ha eseguito musiche di Stravinsky, Debussy, Rachmaninov. A casa ascolto musica, solo per la necessità di dare l’ok ad un mio disco in uscita. Per me la musica a casa vuol dire lavoro, nient’altro.
Chi è il compositore che ama di più?
Difficile fare dei nomi. Stimo tantissimo Johan Sebastian Bach, Igor Stravinsky, Goffredo Petrassi, il mio maestro, e molti altri.
C’è una colonna sonora sconosciuta ai più, da lei composta, che ci consiglia di ascoltare?
Certamente. Esistono tante pellicole che hanno avuto minore fortuna, nonostante l’ottima qualità. Penso, ad esempio ad “Un uomo a metà” di Vittorio De Seta, e “Un tranquillo posto di campagna” di Elio Petri. Molto belli, veramente. Li consiglio.
Com’è cambiato, per il compositore di musica da cinema, il modo di lavorare?
Non è cambiato nulla, almeno per me. La musica si scrive con la matita (o penna) e la carta. Va bene così. Non sono a favore della composizione al computer: la pagina di carta, la classica partitura su carta, dà una visone completa di quello che si sta scrivendo, il computer invece si presta ad una lettura parziale della pagina stessa, risulta tutto molto “imbarazzante”, scomodo. Almeno per me. La carta dona il quadro completo di quello che sto scrivendo e, di conseguenza, l’equilibrio esistente. Per comporre è necessaria una certa comodità, durante il lavoro. La vecchia maniera, consolidata – carta e matita -, è assolutamente preferibile, per questioni squisitamente pratiche.
Ultime due curiosità. L’Oscar alla carriera: riviviamo quel momento?
Molto bello, soprattutto perché ho dedicato tutto a mia moglie. Commovente, da parte mia e da parte sua. La vedevo da lontano e lei fissava me con lo sguardo. Probabilmente quella serata è stata speciale, oltre che per tutte le persone che hanno reso possibile quel riconoscimento, proprio per il significato di quella dedica. Una dedica speciale.
“Giù la testa”: come le è venuta in mente l’espressione “sciòn sciòn”? A modo suo è un piccolo elemento verbale che è entrato tantissimo nella testa del pubblico… Claudio Baglioni, nel 1997, fece una bella versione di quel brano.
Claudio è bravissimo, uno di quei cantautori che ancora oggi riesce a stupire, per preparazione, competenza, passione e professionalità. Mi ha fatto molto piacere suonare per lui il piano nell’ultima versione di QPGA. Per quanto riguarda “sciòn sciòn”, venne fuori da un confronto con Sergio Leone: ci domandammo come poter esprimere, attraverso il cantato, quel particolare momento. Tuttavia, anche senza “sciòn sciòn”, la musica non sarebbe cambiata…
(foto by kikapress.com)