Festival di Sanremo 2016: “riciclati” i titoli dei brani in gara?

Il Festival di Sanremo arriverà a febbraio alla sua 66esima edizione e, dopo tanti anni in cui gli artisti sono stati chiamati a proporre brani orecchiabili e che in qualche modo rispondessero allo stile melodico e pop della kermesse, è sempre più difficile proporre al pubblco qualcosa di davvero originale. Augurandoci che i Big e le Nuove Proposte in gara possano stupirci, c’è da dire che i titoli da loro proposti per il 2016 al momento suonano molto (troppo?) familiari e sono già stati utilizzati in numerose occasioni da cantanti più o meno rinomati, come evidenziato dal giornalista Michele Bovi attraverso una ricerca molto puntigliosa, riportata anche dall’AGI.

Partiamo da Rocco Hunt e la sua Wake Up: alla Siae, ad esempio, sono ben 943 le canzoni depositate con questo stesso titolo. Dal brano omonimo dei The Chambers Brothers, del 1969, a quello degli Aphrodite’s Child (1970), di Roy Wood (1973), dei Doors (1974), passando per Paul Anka (1975), Alanis Morissette (1995), Alicia Keys (2003) e, più recentemente, gli Hooverphonic, che hanno inciso la canzone Wake Up nel 2005.

Ma anche Semplicemente, canzone che sarà proposta all’Ariston da Morgan e i Bluvertigo, può vantare 262 precedenti depositati in Siae. L’esempio che forse può tornare subito alla mente è la Semplicemente cantata dagli Zero Assoluto nel 2005, ma ci sono anche brani omonimi cantati in passato da Franco Califano (1981), Andrea Bocelli (2004), Giusy Ferreri (2010) e Chantal Prestigiacomo (2013). A quota 122 precedenti, invece, Via da qui, brano che sarà cantato da Deborah Iurato e Giovanni Caccamo (firmato da Giuliano Sangiorgi): suddetti precedenti affondano le radici nel 1985, con il pezzo di Mirella Felli (se parliamo delle incisioni che hanno avuto maggiore diffusione), senza dimenticare le Via da qui cantate da Giampaolo Bertuzzi (1992), Pinomarino (2001) e i Delta V (2004).

Secondo la ricerca, sono invece 69 i titoli identici alla canzone proposta da Dolcenera, Ora o mai più: dal brano cantato da Mina nel 1965 ed entrato a far parte della storia nella musica nostrana, al più recente duetto inciso da Emma Marrone e Don Joe per l’ultimo disco del dj, produttore e rapper italiano. Guardando il cielo, che segna il gradito ritorno di Arisa all’Ariston come cantante in gara e non più come co-conduttrice insieme a Carlo Conti, è a quota 33 precedenti, come quelli di Caterina Valente (1959) e Peppino Di Capri (1961) (in entrambi i casi di trattava di cover della hit tedesca Schau ich zum Himmelszelst, che tradotta in italiano è appunto Guardando il cielo).

Meno inflazionato il titolo Cieli immensi (a parte un richiamo immediato alla coppia Moglo-Battisti e a I giardini di marzo): si tratta della canzone scritta da Federico Zampaglione per Patty Pravo, che totalizza solamente 13 precedenti. A quota 8, invece, il brano degli Zero Assoluto, Di me e di te, mentre Infinite volte di Lorenzo Fragola si ferma a 4 (tra cui le Infinite volte di Giorgia del 2005). Il diluvio universale di Annalisa conta solamente 3 precedenti, in cui comppaiono, tra l’altro, a grandi nomi, come Davide Van De Sfroos (1999) e addirittura Gaetano Donizetti, che intitolò così la sua opera del 1830.

Irene Fornaciari si presenterà con una canzone dal titolo semplice e forse proprio per questo molto gettonato, Blu: 612 precedenti, in cui ritroviamo brani cantati anche da Raf (1993), Gianni Morandi (1997), Paola e Chiara (2004), Neffa (2006), Paolo Meneguzzi (2013) e Malika Ayane (2014), senza dimenticare la canzone omonima composta, eseguita e resa nota a livello mondiale nel 1998 proprio da Zucchero, papa’ di Irene.

“Il titolo serve proprio per differenziare un’opera dalle altre, se più opere sono identificate con lo stesso titolo si crea una confusione – queste le parole di Giorgio Assumma, ex presidente della Siae, riportate dall’AGIchi può ribellarsi all’uso di un titolo? L’autore dell’opera originaria o i suoi parenti o i suoi eredi. E questa reazione può avvenire anche quando l’opera non è tutelata e quando è caduta in pubblico dominio perché essa continua ad esistere senza limitazioni di tempo. Spesso accade che non venga impugnato l’utilizzo di titoli successivi al primo, perché non ci sono più i parenti legittimati ad agire. In tal caso nell’interesse pubblico è il Ministero dei Beni Culturali che può fare un’azione presso il magistrato affinché la seconda opera non sia intitolata come la prima, proprio perché è interesse della collettività distinguere le varie opere anche se non più protette.

Foto: Twitter