E’ uscito lo scorso 19 giugno il nuovo singolo di Marco Ligabue, dal titolo Non è mai tardi, ultima traccia estratta dal suo ultimo album, Luci – Le uniche cose importanti. Un disco che sembra un inno alla forza e all’ottimismo, un invito ad aprire gli occhi davanti al fatto che forse in questo mondo (e in questa Italia) non sia proprio tutto da buttare e che ciascuno di noi può contribuire a cambiare lo stato di cose. Marco ha avviato la sua carriera da solista nel 2013, con l’uscita dell’album d’esordio Mare dentro, dopo aver fatto parte della band Rio. Questo è il suo secondo lavoro in studio, dopo l’uscita dal gruppo, ecco cosa ci ha spiegato sul disco in questione, sulle collaborazioni in esso inserite e sui suoi prossimi progetti.
Impossibile non domandarlo: quali sono “le uniche cose importanti” per te?
Quando ho scritto le nuove canzoni mi sono accorto che ognuna trattava una tematica importante per me: le radici, la legalità, il fare i conti col proprio destino e la capacità di apprezzare le cose che abbiamo vicino…tematiche che sento centrali, in questo momento della mia vita.
Dai un messaggio essenzialmente positivo, proprio in un periodo in cui non circola così tanto ottimismo tra le persone, in fondo. Come è nata questa idea?
Sono in controtendenza! Sono così di carattere, forse perché sono emiliano: siamo persone che vedono sempre il bicchiere mezzo pieno, anche se ci rendiamo conto dei problemi. Io lo vedo il mondo che non sta andando nella direzione giusta, ma penso anche che fa più “rumore” la notizia negativa o provocatoria, invece a me piace raccontare le cose belle, da un punto di vista positivo. Forse proprio perché certe storie non vengono messe al centro dell’attenzione. Il singolo Non è mai tardi, ad esempio, vuole mostrare il lato bello dell’Italia: si parla sempre di uno Stato fatto di truffatori, di criminali, invece ci sono tante persone che fanno volontariato, tanto per dirne una. Non a caso ho girato il video a Roma, la città più bella del mondo, secondo me, il simbolo dell’Italia. Ho cercato di mostrare una Roma semplice, diversa, fatta di quotidianità e di piccole attenzioni. Si parla di Roma, ultimamente, per “Mafia Capitale”, ma c’è molto di più da conoscere e da mostrare.
Tra le tracce contenute nell’album, oltre a Non è mai tardi, è stato estratto anche il brano Il silenzio è dolo, cosa ci racconti di questo pezzo?
Ci tengo molto, perché è una canzone di indignazione, che vuole provocare una reazione. Una volta un ragazzo di 21 anni, vicino a Palermo, mi ha raccontato di aver denunciato dei brogli comunali. Mi ha detto di aver fatto un’inchiesta in proposito, ed essere stato etichettato per questo, nel suo paese, come “quello che aveva spifferato”. Poi Le Iene gli hanno dedicato un servizio, che ha portato allo scioglimento della giunta ed è cambiata la percezione nei suoi confronti. Questa storia mi ha fatto riflettere su chi vuole davvero cambiare le cose, in prima persona. Se non fossero intervenute Le Iene, quel ragazzo sarebbe rimasto “lo spione” e basta. Il pezzo nato da questa riflessione da un lato vuole denunciare il male che fa il silenzio al nostro paese, dall’altro smuovere a seguire esempi come il suo.
Il disco contiene numerose collaborazioni: da Beppe Carletti dei Nomadi a Paolo Belli, da Antonella Lo Coco a Lello Analfino dei Tinturia, passando per il rapper Othelloman. Come sono andate?
Proprio per Il silenzio è dolo, volevo inserire degli artisti che vivono da vicino il problema della legalità e del silenzio, così ho coinvolto alcuni siciliani, ovvero il rapper e cantautore Lello Analfino e Othelloman, anche loro si sono dimostrati interessati ad approfondire questa tematica. Invece Paolo Belli e Beppe Carletti li ho incontrati a un festival, ci hanno scattato una foto nel backstage e questa ha avuto un grande successo sui social. Gli “emiliani doc”, ci hanno definiti in molti.
Io avevo già pronto L’equilibrista, che è un pezzo che ruota proprio intorno alla capacità degli emiliani di rimboccarsi le maniche e alzarsi dopo la cadute, così ho pensato a loro. Beppe ha preparato l’introduzione e Paolo ha lavorato sul pezzo per renderlo più “suo”. Per quanto riguarda Antonella Lo Coco, avevamo fatto un live insieme a Correggio, lei poi mi ha chiamato per sapere se potevamo collaborare per qualche progetto e proprio questo suo modo di porsi, in maniera molto educata, mi ha colpito. Io avevo scritto una canzone, Hey, adatta a un duetto, perché vuole essere un dialogo tra due persone, quindi ho pensato a lei. Viviamo in un momento storico in cui quasi non ci parliamo più, a volte neanche quando stiamo insieme alle persone a cui vogliamo bene. Volevo suggerire di andare più in profondità, affrontare un dialogo in cui si dicono le cose veramente. Con lei ho lavorato benissimo.
Ormai la tua carriera da solista è avviata. Ci sono differenze rispetto a Mare dentro, il tuo primo album da cantante?
La differenza la sento sulla padronanza sullo “strumento voce”. Io avevo detto che non avrei mai cantato nella mia vita. Anche perché sono il fratello di Luciano e pensavo: ‘ci mancherebbe che mi metta a fare la stessa cosa!’. Poi mi sono messo in gioco, ho fatto il primo disco senza aver mai registrato come cantante o fatto un concerto, l’ho fatto per tentativi. Sono state registrazioni incoscienti, diciamo, poi sono arrivati una marea di live, che mi hanno fatto prendere più consapevolezza.
A proposito di Luciano, gli chiedi mai qualche consiglio prima di pubblicare un pezzo?
Solo ogni tanto. In questo momento ho bisogno di “sbattere la faccia” su quello che sto facendo, sento di crescere proprio grazie agli sbagli. Però sì, ogni tanto gli faccio ascoltare i brani. Di questo album lui ha ascoltati alcuni pezzi all’inizio dell’anno, in certi casi in versione provino, con solo voce e chitarra. A lui piaceva Un altro amore che va.
Album, tour promozionale, nuovi video… e poi? Ci sono altri progetti?
Ora sono concentrato sulla promozione del disco, ho tantissime tappe in programma fino a fine settembre (di seguito il calendario del tour n.d.r). Poi vedrò i risultati!
Foto: Facebook
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