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Jovanotti si racconta: “Ecco com’è nato il nuovo disco, una montagna russa di emozioni”

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Esce finalmente oggi, 24 febbraio, l’attesissimo nuovo disco di Jovanotti, Lorenzo 2015 cc. Se ne è parlato tanto, nei mesi scorsi, sui giornali e in Rete, lo stesso Jovanotti ha presentato in gran stile i singoli del suo nuovo lavoro, pubblicandone su iTunes uno ogni settimana e accompagnando ogni nuovo pezzo con un racconto della sua genesi e del suo significato più profondo, ma solo da oggi l’arrivo dell’album sul mercato discografico è davvero ufficiale.

Per consegnarlo al pubblico ha voluto organizzare una conferenza stampa in diretta streaming, in cui ha dato libero sfogo alla sua emozione, davvero visibile, al suo orgoglio per questo progetto venuto alla luce tra Cortona e New York, in un alternarsi di emozioni alte e basse, tra momenti di euforia e attimi di sconforto, che però non hanno fermato il suo sogno. E’ stato lo stesso “Jova”, arrivato in conferenza a bordo della sua moto, con fare da ragazzino (alla faccia dei suoi quasi-50-anni), a raccontare non solo gli aspetti tecnici legati alla lavorazione dell’album, ma sopratutto la marea di emozioni che l’hanno accompagnata. Con tanto di divertenti infografiche, diagrammi a torta e foto che hanno dato forza alle sue parole, quasi si potesse tradurre il processo creativo in un insolito “meeting di affari”.

Un racconto che parte da quel concerto a San Siro nel 2013, un vero successo: “Stare davanti a tutta quella gente è qualcosa che segnerebbe ogni essere umano, ha raccontato Jovanotti. Poi i momenti di sconforto seguiti alla fine di ogni tournée, quelli in cui l’artista crede di aver toccato l’apice e che, a quel punto, ad attenderlo ci sia solo “la discesa”: “Pensavo cose come: ma dove credi di andare? Ma come ti vesti alla tua età? Non vedi che sei finito?”.

Poi l’idea di partire per un tour in Sud America, così, senza pretese o ansia da prestazione (“Pensavamo: se va bene mandiamo un bel comunicato stampa, se va male ce ne stiamo zitti). I concerti in Sud America hanno saputo portare Lorenzo di nuovo in contatto con la forma “primordiale” della musica live, quasi una novità per lui che la sua carriera l’ha iniziata fondamentalmente con l’attività di dj.

Poi il lavoro accanto al produttore Michele Canova, che con la sua professionalità così “dura” ha messo in difficoltà il cantante, spingendolo a dare il suo meglio, e l’arrivo negli studi di registrazione di New York, fianco a fianco con tante stelle della musica internazionale: “Quando lavori e al piano di sotto sai che ci sono gli U2, vedi Katy Perry che passa per registrare un pezzo o magari nella stanza accanto c’è Mark Ronson…capisci che sei molto piccolo ma al tempo stesso pensi anche che se sei arrivato fin lì qualcosa vuol dire“.

Il disco che intanto prendeva forma, sembrando però quasi un po’ “pericoloso”, così come pericoloso sembrava Sabato e l’idea di farlo uscire come primo singolo estratto dall’album. La canzone ha invece riscosso tutto il successo che ben sappiamo: di nuovo l’euforia e di nuovo, però, anche la paura che il resto dell’album potesse deludere le aspettative. “Oggi però sono un uomo felice, perciò fatemi una foto!”, conclude Lorenzo, prima di passare a una lunga serie di fotografie che hanno mostrato il suo lavoro (ma anche la sua quotidianità) accanto ai grandi artisti che hanno collaborato nel disco. Tra questi compare il nome del batterista Omar Hakim, uno dei più grandi al mondo, che ha dato la sua significativa impronta al drive ritmico, e Daru Jones (“Un batterista strepitoso, l’ho contattato su Facebook mentre ero a New York e lui ha suonato con noi 3 giorni”).

Tante curiosità circa la scelta della copertina e il nome dell’album: “Per la copertina volevo usare la foto di mia figlia Teresa da piccola, quella che tenevo sempre in studio durante le registrazioni, perché mi piace l’atteggiamento che assumono i bambini quando stanno in posa. Poi però ho pensato che era un’idea che poteva risultare già usata, anche dagli U2, e ho cambiato”. Alla fine la scelta di farsi immortalare con addosso una tuta da motocross: “E’ un’armatura, una forma di protezione. La protezione non dichiara l’invincibilità ma, anzi, la vulnerabilità: al contrario di John Lennon, che all’apice della sua carriera si presentava nudo in certi celebri scatti, io ho bisogno di usare una protezione, perché ho 48 anni e opinioni che cambiano continuamente, mi sento attaccabile. Ma mi serviva una protezione “pop”, simile a quella dei super-eroi. Anche loro hanno dei punti deboli“.

Anche per quanto riguarda il titolo, sono state le ipotesi fatte in merito prima di giungere a quello ufficiale: “Avevamo pensato anche ad usare la parola ‘astronave’, perché è un oggetto che non esiste ma fa parte dell’immaginario, viene progettata e forse un giorno esisterà, come le canzoni. Cosa sono? Da dove vengono? Non lo sai, ma sono comunque reali, ti portano da qualche parte. Poi però la NASA ci ha rubato il marchio!“.

Per quanto riguarda gli “ingredienti” del disco, Jovanotti li ha mostrati sempre attraverso un simpatico schema: al suo interno ritroviamo illusioni, lacrime, vento, amici, futuro, anti-infiammatori, poesia, eros, sangue nelle vene e tanto altro. Ma trenta canzoni non saranno un po’ troppe? “Avrei voluto metterne di meno ma mi sembrava sempre di sconvolgere gli equilibri, spiega il cantante. Il disco sarà infatti composto da musica dance, fantascienza, cinema, narrativa, canzoni d’amore (“Perché per me sono il massimo e l’amore è la cosa più importante), canzoni estive (“Perché mi piace l’estate italiana, e la musica può rendere eterni i momenti del’estate), insieme a tanto rock, funk (vera radice musicale di Jova) e musica da cantautore. Perché, come ha ricordato Jovanotti: “Essere un cantautore oggi è un lavoro, non ha più lo stesso significato ideologico o politico di un tempo“.

Dopo la presentazione, per lui anche una serie di domande sull’attualità e la politica, per un artista che si è sempre mostrato molto sensibile ai problemi dell’Italia e del resto del mondo. Per quanto riguarda lo spinoso problema dell’immigrazione, spiega: “Non entrerei nel dettaglio di Mare Nostrum ma mi sembra sia un problema dell’Europa intera, anche se certamente ci riguarda di più perché siamo noi che accogliamo gli immigrati e che dovremmo guidare la politica in questo senso”.

Addirittura viene invitato a dire la sua sull’Isis: “La mia risposta non può essere più autorevole di quella di chiunque altro al mondo. Mi rimetto a chi ha più esperienza, più competenza: il nostro Ministro degli Esteri mi sembra serio e preparato, seguo il dibattito come tutti. Mi piacerebbe dare una risposta che magari potesse aiutare a risolvere qualcosa…ma non ce l’ho!. In fondo tutti i messaggi che Lorenzo doveva lasciare “al mondo”, li ha racchiusi in questo nuovo lavoro, che siamo certi farà parlare ancora molto di sé.

Per quanto riguarda il tour estivo negli stadi, il cantante spiega che non ci saranno più di 5-6 canzoni tratte dal nuovo disco, ma che saranno presentati in scaletta sopratutto i classici del suo repertorio, perché sa bene che un concerto è una festa, un’occasione in cui si vuole cantare e ballare a ritmo di canzoni che già si conoscono bene. Dobbiamo aspettarci lo stesso successo di San Siro nel 2013? Staremo a vedere.

Foto: tratte dalla conferenza stampa

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