Un disco perfetto da portare in vacanza. Immaginate quei lunghi viaggi in macchina, con la costa che ti seduce e ti attrae: i mari del sud, del nostro sud, acquistano maggiore forza evocativa, se conditi dal sound dell’ultimo album di Chiara Civello, “Canzoni”. Oltre mezzo secolo fa il torinese Carlo Levi diceva (e scriveva) “Il futuro ha un cuore antico“, che è un po’ il cuore del nuovo lavoro della cantautrice romana: girovaga per istinto, passionale e nostalgica per natura, Chiara è tornata in Italia dopo una serie di viaggi all’estero (USA e Brasile) e con l’aiuto del noto jazzista Nicola Conte ha voluto nobilitare la grande canzone italiana degli anni ’60 con una lunga raccolta di cover (ben 17 brani), arricchita da qualche tassello contemporaneo…
E’ straordinario, pezzi come “Va bene così” di Vasco Rossi o “Mentre tutto scorre” dei Negramaro sembrano scritti l’altro ieri, ma con la penna di Chiara, capace di dare un senso diverso a canzoni altrimenti cristallizzate in una sola chiave e versione. L’album “Canzoni” ha debuttato al #1 posto nella classifica Jazz Album di iTunes, entrando anche nella Top 10 della classifica Top Album: chi scrive ha il suo gusto e consiglia “Io che non vivo senza te”, “Metti una sera a cena”, “Il mondo” e la struggente “I mulini dei ricordi”. Ulteriore plauso alla Civello per come sia riuscita a toccare capolavori di Mina e Battisti (“Grande grande Grande” e “E penso a te”, ndr.), senza intaccarli: anche questa, una grande impresa. Nel disco, artisti eccelsi come Chico Buarque, Gilberto Gil, Ana Carolina ed Esperanza Spalding: dal Brasile al Nordamerica, in viaggio.
Una ragazza sempre in viaggio: per scoprire cose nuove o, come dicono quelli bravi, per ritrovare te stessa?
Credo che i viaggi siano fondamentali per comprendere quello che ci sta attorno, soprattutto per conoscere meglio la nostra anima, i nostri sentimenti. Io sono cresciuta lontano dall’Italia, con un pop sofisticato, i crooner americani e nella mia musica ho sempre affiancato una certa ‘sofisticatezza’ al classico pop. Ora sono soddisfatta: con questo disco abbiamo portato il mondo a Bari, eccelsi musicisti nello studio analogico di Nicola Conte, è lì che è cominciata una lunga avventura, un nuovo viaggio.
Ora ti senti più interprete che cantautrice? E se sì, mi dici se ci sono degli autori giovani con cui ti piacerebbe collaborare?
“Canzoni” sarà probabilmente l’inizio di una serie parallela di lavori: non posso rinunciare al mio essere cantautrice, è nel mio dna. Ma ho davvero tanta voglia, ora che sono nuovamente, e in pianta stabile, qui in Italia, di affacciarmi all’universo dei giovani autori. Non faccio nomi, tempo al tempo: il prossimo progetto è fare un disco di inediti con un sound simile a quello di quest’ultimo album.
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Quale criterio di scelta per i pezzi inclusi in “Canzoni”?
Guarda… mi sarei sparata un colpo in fronte, piuttosto che fare un album con 10 tracce. E’ un lavoro che nasce da molto lontano, da quando – all’estero – cantavo e suonavo in acustico alcuni di questi brani: lì ho capito che poteva funzionare. Ai grandi classici ho affiancato un po’ di musica contemporanea, è stata una scelta dettata dal mio cuore, sono rimasti fuori Dalla e Tenco, peccato. Possibile che più avanti arrivi un secondo volume.
Nel disco anche Gilberto Gil e Chico Buarque: loro erano innamorati della musica italiana di quegli anni…
Al tempo la nostra musica era più seguita perché c’erano personaggi come Sergio Bardotti che erano capaci di costruire concretamente dei ponti clamorosi con l’estero: c’era maggiore reciprocità, maggiore interesse. Sai cosa penso? Oggi le produzioni pop italiane hanno un suono marcatamente ‘italiano’, è lì che sta la grande differenza: oggi, inoltre, ha perso forza l’occhio ‘girovago’ dell’italiano…
Vasco Rossi e i Negramaro: come ti è venuto in mente di coverizzare e jazzistizzare anche loro?
Ho cercato un altro vestito per dare a queste canzoni una nuova stagione, non più bella e soleggiata, ma diversa: li ho ‘tradotti’ a modo mio, prendendomi anche delle libertà interpretative. Non volevo essere né invasiva, né tanto meno violenta: del resto, Vasco è immediato nei testi, scrive ancora cose mirabili, in alcuni pezzi del passato è stato quasi illuminato. “Va bene così” aveva dentro quasi un gusto soul-black, mi piaceva rivisitarla in quella chiave particolare.
Quando l’album è uscito, hai dichiarato: “Non è un disco nostalgico“. Detto questo, non possiamo negare che molti brani abbiano un mood malinconico, teso al ripiegamento: ma tu, Chiara, come sei?
Io sono terribilmente malinconica, lo si capisce dalla musica che amo e che ascolto da tantissimi anni. Non ho rimpianti, ma vivo anche in funzione del passato, perché il passato è la nostra storia. Soprattutto, vivo tutto con amore: credo che l’amore sia, anzi, debba essere sempre alla base di tutto.
Una volta Renzo Arbore mi ha detto che oggi il jazz ha molta qualità, ma forse è un po’ troppo pretenzioso, come la vedi?
Da una parte ci sono gli standard del jazz, quelli sono intoccabili, intramontabili e irripetibili. Ma, andando in giro per il mondo, ho sempre avuto modo di apprezzare jazzisti capaci di ‘cambiare le cose’, di entusiasmare il pubblico con qualità e innovazione. Penso, ad esempio, a Esperanza Spalding, giusto per fare un nome. In Italia adoro Cafiso, ma soprattutto Stefano Bollani e Joe Barbieri: alta scuola.
Due cose per chiudere. Sanremo 2015, ci pensi?
Con la canzone giusta, perché no. Magari scritta da uno di quei giovani autori italiani di cui parlavamo prima. Potrebbe essere il nuovo inizio di una nuova avventura, vedremo.
La tua ‘canzone nell’armadio’, quella legata ad un bel ricordo del tuo passato
Così, su due piedi, mi viene subito in mente “Fiore di maggio” di Fabio Concato: ero molto piccola, la canticchiavo al mare, in Sicilia, col mio papà. Se vuoi, te ne dico anche un’altra: quant’era bello il valzer di Lupin III? (ride)
(foto ufficio stampa)