“E’ un viaggio nella bellezza, una bellezza che viaggia in tutto il mondo, attraverso le canzoni“. Ha ragione Sal Da Vinci, la musica italiana ha scritto pagine di mirabile valenza melodica ed è giusto, oggi, metterle in valigia, timbrando il biglietto per l’America o la Francia. “Se Amore è…world tour” è il titolo del suo nuovo spettacolo: partito con un’anteprima da Atlantic City e, poi, una tappa a Parigi, lo show è arrivato in Italia, con tappa a Roma (al Teatro Eliseo sino al 16 marzo, ndr.). La prova del nove sarà Napoli, quando al Teatro Augusteo, dal 25 marzo, Sal canterà nel cuore di quella bellezza grande tanto quanto un film da Premio Oscar.
Lunga la nostra chiacchierata, col pensiero a Sanremo (“Quest’anno un Festival un po’ sottotono“), agli artisti-amici che hanno colorato la sua esistenza (Pino Daniele su tutti) sino al ricordo del grande Lucio Dalla: “Era una persona speciale, una volta gli feci la proposta di fare un duetto e lui non ci pensò due volte. Alla fine registrammo sulla barca…“. Un incontro fortunato, proprio come quello con Carlo Verdone che lo volle al suo fianco nel film Troppo forte: “Sarebbe bello se un giorno venisse a teatro e suonasse la batteria“.
“Se Amore è…world tour” fa da apripista al nuovo album di Sal Da Vinci (“Se Amore è, ndr.”), in uscita il 25 marzo, un lavoro che si fregerà di pregevoli duetti come quelli con Gaetano Curreri, Clementino e Gigi D’Alessio. Lo show, invece, propone celebri medley dedicati al musical “Scugnizzi”, alla canzone italiana di epoca moderna (“canto anche Baglioni, perché ha scritto testi straordinari“) al genio tutto napoletano di Roberto Murolo e Renato Carosone: “Pigliate ‘na pastiglia è stato il primo vero rap della storia italiana…”
Sei passato dagli States a Parigi, adesso Roma: sensazioni, somme, soddisfazioni?
Volevo portare la mia musica a un pubblico internazionale. Ad Atlantic City un grande trasporto emotivo, essendo io nato lì: è stato un concerto per i connazionali, una cosa che mi era già capitata in Canada, a Toronto e a Montreal. Erano tre anni che provavo ad andare in Francia, finalmente ce l’abbiamo fatta. Pensa che lunedì prossimo sarò intervistato da un giornalista inglese della BBC: trascinato da una sua amica, venne a Parigi a vedermi a teatro, ora volerà a Napoli per parlare con me. Una grande soddisfazione.
A teatro fai un bellissimo omaggio a Renato Carosone, roba da brividi
Carosone era un rivoluzionario, era avanti. L’ho interpretato anche in un musical di grande successo, “Carosone è l’americano di Napoli”. Un vero innovatore, adoro ‘spupazzare le sue canzoni, farle a modo mio, con rispetto e amore. Molti non lo sanno ma “Pigliate ‘na pastiglia” è stato il primo rap della storia italiana. Non si può negarlo.
Come mai anche Baglioni nella scaletta del tuo show?
Beh, è un lungo viaggio attraverso i sentimenti universali, si parla d’amore, si canta l’amore. Baglioni, a riguardo, ha scritto versi straordinari, soprattutto negli anni ’70 e ’80. A teatro canto la sua “Via”, perché mi fa sognare, era un brano che legava rock e poesia: “sull’asfalto acquoso una luna affilata tagliare i fili che legano le stelle…“. Un testo fantastico.
Sei stato a Sanremo nel 2009, andò anche bene: cosa pensi dell’ultima edizione?
Guarda, è sempre il pubblico che decreta il successo della canzone, ma a me lo spettacolo è apparso un po’ sottotono rispetto al 2013. Forse perché la coppia Fazio-Littizzetto aveva poco di nuovo da raccontare, non è facile rinnovarsi continuamente.
E’ vero che avevi presentato un pezzo?
Sì, due. Una in dialetto napoletano, mi spiace non l’abbiano presa in considerazione, soprattutto visto il successo che ha avuto Arbore all’Ariston cantando “Luna rossa”. Ma la mia domanda oggi è un’altra: “Possibile che tanti artisti campani abbiano presentato canzoni che non siano piaciute?“. Mi pare strano, molto.
Parliamo di Napoli, dai. Tre nomi così, d’emblée: Pino Daniele, Massimo Troisi e Alessansdro Siani
Qualcuno ha paragonato me e Siani a Pino Daniele e Troisi: mi onora e mi fa paura tutto questo. Da bambino mi mettevo alla batteria e suonavo le canzoni di Pino: lui mi ha fatto capire che potevo osare e avere di più dalla vita. Massimo ha scritto poesie nelle quali c’era tutta la sua anima, era disarmante in tutto quello che faceva. Per Alessandro, invece, ho realizzato la colonna sonora del suo primo film: è un talento vero, oltre che un amico.
Credo che i napoletani abbiano scritto, con i messicani, le melodie più belle di sempre, che dici?
Sono d’accordo. Napoli è ancora una culla d’arte che emoziona e che lotta tutti i giorni. La nostra tradizione è fatta di grandi musicisti che venivano dalla lirica, dal melodramma, dalla musica colta. Questo non va dimenticato. Mozart stesso scriveva a Via Toledo, nel cuore di Napoli.
Hai duettato più volte con Lucio Dalla, che ricordo hai?
La prima data è un Sanremo del 1989: lì Carosone cantò “‘na canzuncella doce doce”, un evento al quale a mio avviso diedero poco risalto. Anni dopo chiesi a Lucio Dalla di fare un duetto su quella canzone, lui non ci pensò due volte, la registrammo sulla barca. Emozione infinita, omaggio doveroso.
La fine degli anni ’80 per te è anche “Troppo forte” al fianco di Carlo Verdone: lo vedremo mai alla batteria in uno dei tuoi concerti?
Sarebbe bello, una gag molto interessante. Tra gli attori, forse, lui è quello che se la cava meglio alla batteria. Pensa che non lo vedo dai tempi di quel film, l’ho anche cercato, ma niente da fare. Mi farebbe piacere fargli vedere quello che sto facendo oggi.
A proposito di ‘gioventù’: qualche anno fa hai cantato con Ignazio Boschetto del trio Il Volo: gli hai portato fortuna…
Sono fantastici quei tre, all’estero mi hanno parlato benissimo di loro. Sono stati in grado di portare un patrimonio artistico, tutto italiano, in giro per il mondo. A me questa cosa inorgoglisce, e non poco. Tra l’altro, stiamo parlando di tre bravissimi ragazzi, studiano, ci mettono passione, sono stati una bellissima sorpresa.
Chiudo: qual è la tua canzone nell’armadio? Quella di quando eri ragazzino, legata a un ricordo particolare
Dovrei citarne almeno tre o quattro di Pino Daniele. Penso alla fine degli anni ’80, a piccoli capolavori come “Keep on movin”, “Yes I Know”, o “Anna verrà”. Forse, però, è “Annarè” quella che mi ricorda un mucchio di cose belle, l’estate di tanti anni fa, quando non c’erano i climatizzatori ed io suonavo e cantavo come un matto canzoni come questa. E sudavo da morire…
(Foto Ufficio Stampa)