“Grande e semplice, non concettuale. Una super-mega-festa, un giro sulle montagne russe della mia musica“: Lorenzo Jovanotti è tornato dall’America con le idee chiare e con la solita, irrefrenabile, voglia di stupire tutti, anche sé stesso. Tutti a Cortona (Fortezza medicea di Girifalco, poco fuori dalla città) “luogo dove venivo da bambino, quando era abbandonata” per presentare alla stampa il tour negli stadi…
Il Tour partirà il 7 giugno da Ancona: ci sarà tutta la band di Lorenzo, quella storica, ma con l’aggiunta dei fiati: una trentina di pezzi costituiranno l’ossatura dello show: “Per la prima volta mi trovo a fare uno spettacolo che è un greatest hits“, racconta Lorenzo. “L’idea è quella di una festa, senza blocchi cronologici, pensato come un DJ set ma suonato da una band“.
LORENZO “POPEYE” PER EDICOLAFIORE – GUARDA IL VIDEO
Suono e spazio saranno le gambe di questa super-mega-festa. Come lui stesso dice: “la dance è il nuovo rock”, pensando all’esplosione oltreoceano della “Electronic Dance Music” (EDM, come dicono quelli bravi). Il mixer come strumento, insomma: negli States questa cosa si fa da un po’, chi in Italia azzardava un pensiero del genere (anni addietro) veniva preso per matto. Questa sarà uno spettacolo più visivo, rispetto al tour di “Ora”, a cominciare dalla struttura-palco: passerelle che arrivano a centrocampo, uno schermo da 600mq ad altissima definizione. In Italia, forse, solo Baglioni era stato capace di intendere una tournee in maniera così internazionale (basta vedere il tour negli stadi del 1998 e quello del 2003, vero pioniere l’artista romano). Certamente Lorenzo è molto cresciuto negli ultimi anni, oggi è una fantastica realtà, un vanto italico: sedici anni fa faceva cose diverse, molto diverse, ma piace ancora perché conserva freschezza, grinta e originalità…
Altro elemento che fa da colonna a questo tour è l’infinita umiltà del protagonista: “Mi sono messo a studiare i grandi concerti per capire che lingua si parla: da Springsteen agli U2, da Vasco a Liga, dai Queen ai Muse“, dice citando poi a “How music works” di David Byrne, dove l’ex Talking Heads ragionava sull’influenza del luogo sul suono. L’ultimo pensiero, la coda ideale per presentare un tour “positivo” è una parola per Jannacci e il suo modo di fare musica: “La morte di Enzo mi ha fatto pensare all’importanza degli ambienti, lì si creano i linguaggi che poi porti sul palco“.
(foto by kikapress.com)
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