Se a 35 anni un artista non ce l’ha fatta a mettere d’accordo pubblico e critica, a sposare più generi musicali, a mixare più tendenze, allora non è un’artista. Sarà adatto alle nicchie, ma non potrà mai entrare nella schiera degli eletti. Nel 1977, con l’album “Come è profondo il mare”, Lucio Dalla debutta anche come autore dei testi delle proprie canzoni, inaugurando la sua stagione cantautorale a pieno titolo. Grande consenso popolare, immensi tributi di stima che l’artista raccoglie anche da parte della critica più attenta: ma la vera consacrazione è il successivo “Lucio Dalla” (1978). Entra, a pieno titolo, nello scrigno del nostro “Disc-History” quest’album presente nella classifica dei 100 dischi italiani più belli di sempre, secondo Rolling Stone Italia (posizione numero 40). “La Signora ha tanti nomi, tanti nomi, così da nascondersi e non farsi trovare: ma a volte si veste di luci e bandiere per farsi notare…”
Dopo essere passato per per certi gradi di sperimentazione, Lucio Dalla si avvicina al pop e supera ogni aspettativa: brani fluidi, ricchi, vere poesie. Si va dal rock di “Stella di mare” al clima (quasi) sudamericano di “Tango” e “Milano“. Un album ispiratissimo, dove trova spazio la completezza di un artista, il disco della maturità, punto di passaggio ideale che dà forma a un cantautore.
Poesia immediata, capace di raccontare una storia d’amore per quello che è, per come si vede, è “Anna e Marco“: non ci stancheremo mai di dirlo, bastano i primi versi e chiunque riesce a immergersi nell’oceano dei sentimenti “Made in Lucio”. “Anna bello sguardo non perde un ballo, Marco che a ballare sembra un cavallo in un locale che è uno schifo, poca gente che li guarda…”
“Banana Republic” rappresenterà, l’anno seguente, una tourneé evento (con relativo disco dal vivo). Totem di questo clamoroso giro di concerti è “Cosa sarà“, brano visionario, evocativo, sognante. Incluso nell’album in oggetto, il pezzo segna un percorso di amicizia fortunata con Francesco De Gregori. “…o un bacio non dato..“, sta tutta lì questa canzone, immensa lirica dell’ipotetico, atmosfera onirica e incline alla speranza del quotidiano…
Un buon disco, un disco colmo di storie che fanno storia non può prescindere dalla potenza delle parole. Nostalgia, racconto, malinconia: elementi che come un triangolo teso al ripiegamento disegnano la parabola (bellissima) di brani come “Tango”, “La signora” e, manco a dirlo, “Anna e Marco”. Quest’ultima è diventata una vera hit, forse tra le 3-4 canzoni più belle di tutti i tempi, per la sua capacità di fotografare un sentimento pieno. Le altre due, ascoltate oggi ancora una volta, a 35 anni di distanza, sono una felice sorpresa: “Hai piu’ preso il treno, ci siamo spinti senza avere fretta, ci siamo urlati nell’orecchio senza darci retta, mentre il tango si perdeva in un mare lontano, dov’è la tua testa da accarezzare, dov’è la tua mano…?”
(foto by facebook)
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