Quando si dice “una ragazza interessante”. Ci sono quelle che sanno (solo) cantare, ci sono quelle sanno (anche) suonare e poi ci sono quelle che sono brave a raccontare e a raccontarsi, a ricordare quello che non c’è ed a sognare quello che, magari, ci sarà. Annalisa Scarrone è figlia legittima della scuola genovese, piccolo grande ritorno alla tradizione canora dei vari Paoli, Tenco, De Andrè. Artista poliedrica, amante della sua terra e con infiniti margini di miglioramento. Bello scoprire che, oltre a cantare il suo mondo, riesce bene a insinuarsi nelle storie altrui (dalla Mannoia a Mina, sino a una bellissima esperienza accanto a Claudio Baglioni). Ogni singolo è un successo e sentirla cantare dal vivo ti fa quasi pensare che lì, ad Amici, sia quasi capitata per caso… La nostra lunga chiacchierata acquista subito uno sfondo Jazz (colpa anche sua!), prima di proiettarci insieme sul palco del Teatro Ariston. Tutto questo, passando da un sogno legato a Fossati alla casetta in Canada…
M’incuriosisce il tuo amore per Fabrizio De Andrè, io dico che saresti perfetta per interpretare alcune cose di Tenco: lo conosci, ti piace?
Sono onorata e felice per questo. Sentirti dire queste cose mi inorgoglisce e mi lusinga. Non posso negare che il mondo del cantautorato ligure mi abbia insegnato tantissimo: una tradizione senza tempo, un modello sempre moderno, universale. Credo non perderà il suo “appeal” neppure tra 50 anni! Tenco è un gigante, in così poco tempo ha scritto innumerevoli capolavori, immagino cosa avrebbe negli anni a venire, se ne avesse avuto la possibilità…
Possiamo dire che sei partita dal genere Jazz e dagli insegnamenti di Danila Satragno: rissumi il tuo percorso?
Ho iniziato studiare canto con la Satragno quando avevo 14 anni, allora non ero una grande appassionata di Jazz, guardavo agli esempi “alti” dei miei familiari, penso ai dischi dei Led Zeppelin o di Joni Mitchell. Io facevo musica con alcuni gruppi Pop, Rock, Metal. Il passaggio Punk non l’ho avuto, quello no, per fortuna. 🙂
Con Danila ho approfondito il mondo Jazz, per me è stato quasi un mondo parallelo: questo genere, per il canto, è come per i ballerini partire dalla danza classica. Il Jazz ti dà le basi per qualsiasi tipo di progetto musicale…
Claudio Baglioni: come è stato duettare con lui a Lampedusa?
Un’esperienza bellissima, una delle più belle della mia vita. Raro conoscere personaggi di un certo spessore: tra l’altro, quando ho saputo che ad O’Scià ci sarebbe stata la PFM, mi son subito emozionata. Mi hanno permesso di fare un bellissimo viaggio nel tempo, alle mie origini. Tornando a Claudio, devo ammettere che ero preoccupata di dover duettare con lui: lui, in quell’occasione, non amava provare più di tanto, per via della presenza del pubblico anche durante il pomeriggio. Poi, per fortuna, è andata! Sono rimasta colpita dalla sua gentilezza, dalla sua disponibilità, dal suo mettersi sullo stesso piano di una giovanissima come me: non era un atto dovuto, eppure lui lo ha fatto…
Sempre la Satragno ti ha paragonato a Mina: tu adori “Se telefonando”: quale altro pezzo canteresti accanto a lei, se potessi…?
Tantissime canzoni, anche se so che resterà un sogno. Io sono particolarmente affascinata dal repertorio più giocoso di Mina, “Le mille bolle blu”, “Prendi una matita”, “Canto (anche se sono stonato)”, quel lato divertente e divertito, tipico tra l’altro anche dell’universo Jazz.
Hai scelto il 14 febbraio per fare uscire il disco: insomma, sarà soprattutto un album di canzoni d’amore?
Un disco variegato, a volte l’amore è quasi un espediente per dire qualcos’altro: è come se l’album fosse diviso in due momenti, come ci fossero un lato A e un lato B. La prima parte è “per tutti”, più ironica e più legata al gioco e allo scherzo; poi c’è una parte più emotiva, intimista, riflessiva, dove affronto le mie debolezze e quelle che vedo intorno a me. Sono soddisfatta di essere arrivata a questa conclusione, era quello che volevo dall’inizio.
Tanti duetti per te e tante collaborazioni: c’è qualcuno tra i Big di Sanremo con cui vorresti fare un pezzo?
Difficile fare un nome solo, ne farei diversi, ma messa alle strette direi Simone Cristicchi. Ha una vena ironica molto netta, che ti prende subito e ti coinvolge. Apprezzo molto anche Malika Ayane, Daniele Silvestri e Max Gazzè.
Ti tocca, qual è la canzone che canticchiavi da bambina…?
Quand’ero piccolina cantavo sempre “La casetta in Canada”, un motivetto che mi piaceva spesso riproporre in giro per casa.
Stai diventando sempre più cantautrice, scrivi, componi, canti: se potessi scegliere, chi vorresti come autore, anche solo per una volta?
Ivano Fossati, senza dubbio. Per una questione “di terra”: noi liguri siamo molto legati al territorio, tutte le cose che provengono da quelle zone hanno un forte significato per me, sono sempre colme di una precisa identità, oltre che d’un forte senso di appartenenza musicale.
Uno dei pezzi che porti al Festival è “Scintille”, mi dicono che in questo caso riscopri le tue origini Jazz, vero…?
Di certo un’atmosfera di quel genere tende a influenzare l’armonia del brano e la stessa armonia si appoggia su soluzioni che arrivano dal Jazz puro. Tuttavia, secondo me, c’è molto altro, moltissimo: mentre ci lavoravo, percepivo un’atmosfera folk, quasi balcanica, sarà per la presenza d’una batteria portante che va avanti come un treno, e per l’intensità dei fiati e della fisarmonica… Sono tutti ingredienti che impreziosiscono quel pop di base tipico di Sanremo.
PS: Levami una curiosità, ma sai ballare o no?
No, lo ammetto…
(foto by kikapress.com)