Antonio Maggio: “Adriano Celentano resta sempre il numero uno…”

Nonostante tutto” è il suo disco d’esordio: prodotto da Davide Maggioni, l’album conta dieci brani dalle sonorità elettro-pop. Lui è stato uno dei primi a svegliarsi all’alba per andare a trovare Fiorello e gli amici dell’Edicola (cantando un breve estratto del pezzo sanremese). Antonio Maggio è uscito vincitore dalla contesa festivaliera, continua ad avere buoni risultati in giro per l’Italia (il 12 è stato a Rossano, provincia di Cosenza) e si mostra ancora molto umile e determinato, qualità fondamentali per fare bene questo mestiere. Ricorda la bella esperienza biennale con gli Aram Quartet, riconoscendo a Morgan un ruolo decisivo per la sua crescita artistica, apprezza parecchio la nuova scuola romana dei cantautori (da Fabi a Gazzè), ma ammette di avere un debole per quello che lui stesso considera “il numero uno assoluto“…

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Premio Regia Tv: da corista a protagonista, cos’hai provato questa volta?

E’ stata una sensazione stranissima, perché ho fatto per tre o quattro anni il corista di quell’orchestra, essere adesso accompagnato da loro su quel palcoscenico mi ha fatto un bellissimo effetto: tra l’altro mi sentivo a casa, erano gli stessi elementi di quando anch’io facevo parte di quel gruppo. E poi, dare il premio a Simona Ventura è stato il massimo!

Compaesano di Nicola Arigliano: possiamo dire che come lui ti diverti molto nelle tue canzoni?

Mi diverto, si, questo è poco ma sicuro. Penso che questo esca fuori alla grande proprio dal modo in cui scrivo: l’ironia e la semplicità sono elementi che ci accomunano senza dubbio, ma arrivare ai suoi livelli risulta praticamente impossibile.

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Torniamo a Sanremo: pensavi di poter vincere, oppure avevi troppa paura del palco?

Bella domanda! Paura non ne avevo, appena arrivato a Sanremo ho trovato calma, serenità, credo che questo Festival sia giunto nel momento ideale. Importante fare quest’esperienza con le spalle larghe, in modo da sostenere lo stress psico-fisico di quella settimana. La gavetta, da questo punto di vista, mi è servita, eccome…

Chi pronosticava Ilaria, chi Renzo…e invece alla fine…

Vero, non arrivavo lì con i favori del pronostico: la soddisfazione finale è stata doppia! Ora sul campo sto riscontrando una grande accoglienza da parte della gente, questo sia per la promozione del disco, sia per il tour partito poche settimane fa. Ho sempre avuto grande rispetto e onore per i miei colleghi, ma me la sono giocata e alla fine ce l’ho fatta.

Hai mai pensato di mollare tutto nel periodo tra X-Factor e Sanremo?

No, mai. Sono cresciuto accanto alla musica, lei è parte di me, non posso farne a meno e sono consapevole di dover vivere con lei e grazie a lei: per vivere intendo “campare”. Alti e bassi ci possono stare, ma penso che una buona dose di equilibrio possa aiutare me e quelli come me ad andare avanti con maggiore speranza e consapevolezza dei propri mezzi.

C’è un brano di quelli degli Aram Quartet al quale sei più affezionato e perché??

Mi viene subito da pensare alle due dei Queen (“Bohemian Rhapsody” e “Under Pressure”), sino a “Se bruciasse la città”, forse la mia preferita: uscì fuori un bellissimo arrangiamento. Non ci sono motivi particolari, l’istinto mi porta a dirti queste tre.

Il disco: quanto c’è di autobiografico in “Un’altra volta” e in “Parigi?

Praticamente niente, anche perché, come ben sai, “Parigi” parla di una prostituta francese e, per fortuna o sfortuna, non ho ancora provato quell’ebbrezza! (ride)

Com’è venuto quel gesto delle mani sbattute sulle guance in “Mi servirebbe sapere”?

Beh, nell’album il suono è quello tipico del dito in bocca, sai quando si finge di stappare lo spumante, vero? “Proprietà esclusiva” del mio produttore Davide Maggioni, tocca dirlo! Io, sul palco dell’Ariston, onde evitare di fare magre figure, ho optato per quel gesto, meno complicato, ma ugualmente d’impatto.

Il live: come è stato strutturato?

Tutte le canzoni del disco d’esordio, poi c’è un bellissimo viaggio nel cantautorato italiano, dal passato alle robe più moderne.

The Voice: lo hai guardato? Oggi che opinione hai sui Talent Show

Il percorso fatto con Morgan a X-Factor è stata un’occasione di crescita fondamentale, sia per me sia per gli Aram, almeno prima di arrivare allo scioglimento. Di “The Voice” ho visto veramente poco, ma mi piace questa centralità della musica: di talenti in giro ce ne sono tanti, di voci belle anche, allora dare spazio a chi ha talento non può essere mai un errore. La carriera si costruisce piano piano, ma dopo la fine di un Talent Show, e non durante.

Se avessi potuto inserire un duetto nell’album chi avresti scelto tra gli stranieri e tra gli italiani?

Dai vari Niccolò Fabi a Simone Cristicchi, Samuele Bersani, Max Gazzè, Jovanotti: io sono sempre stato dalla parte della musica d’autore, quella di qualità, che non si prende troppo sul serio, ma riesce comunque a lasciare un segno e, a modo suo, a dare un segnale. Per il resto, Celentano è il numero uno, lo amo alla follia e chi mi ha accostato a lui dopo il videoclip di “Mi servirebbe sapere” mi ha riempito di gioia. Sognare per qualche minuto non costa nulla.

(Ph. Glamour Studio)