Denise Faro: “Dopo The Voice sogno un pezzo da Tiziano Ferro!”

Prima di fare Giulietta e Romeo ho dovuto attraversare circa sei mesi di audizioni“. Mi piace partire da queste parole, nette e sincere. Se fosse un cocktail lo chiamerebbero “Sacrifice”, proprio come la canzone di Elton John. Denise Faro è figlia del sacrificio, oltre che dei Milk and coffee, gruppo in voga tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80: i suoi genitori erano nella formazione originale. A “The Voice of Italy” ha superato lo scoglio delle Blind Audition, portando la notissima “E…” di Vasco Rossi: in realtà avrebbe voluto cantare un’altra cosa… Poco male, Raffaella Carrà decide di pigiare il bottone, scalzando Cocciante, colui che aveva “battezzato” la 24enne romana sul terreno del musical.
Denise approfitta di quest’incontro per regalare una versione acustica di “Brokenhearted” ai seguaci di Velvet Music: quello che mi colpisce è la sua irrefrenabile voglia di cantare (iPad come fosse leggio e centinaia di testi italiani e stranieri), oltre alla simpatia contagiosa. Vista in tv sembrava più timida e rigida, invece è una bella sorpresa, anche sotto questo punto di vista. Ragazzi, questa ha vinto il Festival di Vina Del Mar, mica è andata in Cile a pescare cozze! Attrae, perché istintiva, stimolante e dal sorriso croccante.
Ci vediamo in un bellissimo locale nel centro di Roma, l’atmosfera soft è compagna ideale per conoscersi e io le chiedo subito di cantare tre pezzi in tre lingue diverse. Secondo voi che fa…?

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Raccontami il tuo percorso sino alla Blind Audition

Ho fatto due selezioni: la prima leggerissima, occasione per conoscersi, un incontro informale con un paio di brani. La seconda molto più dura: avrò cantato otto brani dei dieci che mi avevano chiesto di portare. Mi ha parecchio colpito il fatto che non fossero mai soddisfatti, volevano cantassi in italiano, poi in inglese, poi un pezzo più ritmato, poi più lento. Avevo addosso una pressione incredibile!

Hai cantato “E…” di Vasco Rossi:dimmi la verità, avresti voluto cantare un’altra cosa…?

Avevo chiesto di poter fare “Brokenhearted” di Karmin, artista famosissimo in America, ma sconosciuto dalle nostre parti. Mi sono innamorata di una sua versione chitarra e voce: sono felice di fare qui una versione piano e voce, questo è un brano che sento molto mio, proprio come stile. Mi ci ritrovo moltissimo… A The Voice alla fine è capitato Vasco, con un pezzo che porto spesso ai provini, perché amo interpretare, a modo mio, canzoni tipicamente maschili…

Chi ti è piaciuto finora a The Voice?

Francesco Zoffoli che ha eseguito una bellissima interpretazione di “Don’t know why” di Norah Jones: è stato scartato, perché i coach non sono stati capaci di riconoscere se si trattasse di un uomo o di una donna. Secondo me era stratosferico, ancora oggi quando mi capita di riascoltarlo mi appassiona la sua interpretazione, è davvero uno bravo e sono convinta che farà benissimo ugualmente.

Ti ha scelto la Carrà, ma avresti voluto continuare il percorso iniziato con Cocciante all’epoca di Giulietta e Romeo?

Penso che la vita sia un lungo percorso fatto di momenti: in quel momento della mia vita era giusto fare quel percorso. Adesso, probabilmente, mi troverei un pizzico a disagio a dovermi relazionare con lui in un contesto come quello di un format televisivo: so captare cose nella sua voce e nel suo sguardo, e secondo me lui stesso si sente un po’ in imbarazzo con i ragazzi che ha seguito in passato. Pensa che per diventare Giulietta (era il 2007) ho fatto circa sei mesi di audizioni, facevo su e giù Roma-Verona ogni settimana… Un lungo percorso, appunto!

Non mi piace dare un’etichetta alla musica: ma tu che genere di artista sei…?

Diciamo che mi trovo un po’ scomoda nel pop classico, quello italiano. Il pop americano è tutt’altra cosa: il nostro è “nudo e crudo” secondo me, gente come Guccini, De Gregori e Baglioni esistono solo in Italia. Personalmente adoro cantare tanto in spagnolo, ma non disdegno italiano e inglese: ad esempio, mi piace Luis Miguel, ma non amo cantare le sue canzoni, ecco la grande differenza! In tutto ciò pesano le mie esperienze passate, ho vissuto in Messico, un mondo a parte, loro adorano la melodia classica, anche quella italiana, dalla Pausini a Tiziano ferro sino a Umberto Tozzi!

Hai detto che la musica è stata un modo per stare più vicina ai tuoi genitori…

Da piccola vivevo con i miei nonni. L’unico modo per incontrare i miei era seguirli ai concerti e cantare sotto il palco. E’ proprio così che mi sono avvicinata alla musica: “Se imparo a cantare, mi porteranno sempre con loro“, questo pensavo! I Milk and coffee erano avanti secondo me, andavano dalla sanremese “Quando incontri l’amore” a pezzi più ritmati come “Indianapolis”, dicevano di essere di quattro nazionalità diverse, erano oltre come personaggi non solo come artisti.

Festival di Vina Del Mar: ne parliamo?

Ho vinto l’edizione del 2012, come sai. Tra l’altro mi sembra che ben nove italiani abbiano trionfato da quelle parti, non è poco! Tutto parte quando decido di andare in Messico per fare un Reality Show (La Academia, ndr.). Vivendo lì mi sono avvicinata a quel tipo di cultura. C’avevo già provato da piccolissima, forse a 13-14 anni. Poi qualche mese fa, convinta dai miei amici ho inviato una mail con un mp3, curriculum e tre foto. Il pezzo era “Grazie a te”: quando mi hanno avvisata sono impazzita! Devo confessarti che quel tipo di pubblico è molto difficile da convincere: lo chiamano “Il mostro“, pensa tu! Le nostre prime esibizioni non erano molto apprezzate, venivamo anche fischiati, ma con un po’ di impegno era possibile far loro cambiare idea…

Chi ti piace tra gli autori italiani? Con chi vorresti lavorare oggi o un domani?

Non mi interessa questo o quel nome: esistono in giro pezzi meravigliosi scritti da ragazzini o sconosciuti. Adoro di base testi di Tiziano Ferro, mi acchiappa molto il suo modo di scrivere. Sarebbe un sogno cantare qualcosa di suo, prima o poi…

The Voice, Sanremo, Talent Show…

In Sudamerica ho partecipato a “La Academia“, programma che ricorda parecchio il nostro Amici: non lo rifarei, mi è bastato e mi è avanzato! A The Voice le cose sono diverse: ti permettono di fare quel che vuoi fare da sempre, cioè cantare. E’ uno spettacolo, non un vero Talent. Meno impegnativo a livello personale ed emotivo, certamente più artistico. Sanremo è un sogno, un terno al lotto, contano tante variabili: per noi ha lo stesso sapore e la stessa importanza che in Sudamerica danno al Festival di Vina Del Mar.

Cosa cantavi da piccolina?

Ce n’è una… Credimi, ero diventata quasi insopportabile: in macchina cantavo sempre “Aggiungi un posto a tavola“, volevo prendere l’ultima nota, quella più alta, ovviamente non ci riuscivo, mentre mia mamma chiaramente si! Costringevo i miei ad ascoltare sempre quel pezzo e a cantarlo con me. Avevo 7-8 anni, ma ricordo benissimo quei momenti. Un tono o un semitono in più non faceva differenza per me, era la stessa cosa! Oggi, a 15 anni di distanza, riesco finalmente a prendere quell’ultima nota…

E adesso che facciamo, Denise…?

Avrò una piccola parte nella serie “Benvenuti a tavola“: e nessuno dica che una cantante debba solo cantare, è una moda tutta italiana quella di distinguere i mestieri dello spettacolo. Per il resto, ti dico la verità, quando stava per partire l’avventura con The Voice, pensavo: “Se passo la Blind Audition è già moltissimo!“. Mi bastava convincere me stessa, ma soprattutto il pubblico e i coach, e farlo solo attraverso la mia voce. Questa è stata una grande vittoria. Se vado avanti mi fa piacere, ma ho comunque intenzione di ripartire, c’è un disco che va completato: quella di The Voice non è stata una deviazione, ma semplicemente una pausa. Per me conta solo cantare, ma dopo le Battle, se ti va, ci facciamo un’altra chiacchierata…

twitter: @denisefaro
facebook.com/oficialdenisefaro

(foto by facebook)

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