Dolcenera: “Sanremo? Forse ho pronto un brano perfetto…” [INTERVISTA]

Non chiamatelo ‘tormentone’, è semplicemente una bella canzone, una canzone vera, fatta di musica. “Niente al mondo” è l’impronta che Dolcenera ha voluto dare al suo nuovo corso: la cantautrice salentina, sempre fedele alla sua identità, ha voluto mettersi in discussione e, a bordo della sua personalissima ‘Astronave Musica’, volare in un’atmosfera internazionale. Simpatica, appassionata, colta, determinata: sono queste quattro le coordinate del nostro incontro, così ci appare Emanuela, così sa guardare al futuro (“altri singoli prima dell’uscita del disco“) senza dimenticare il passato (“che emozioni a Firenze con Springsteen e la sua Born in the Usa“). Un nuovo corso, dicevamo: Dolcenera si affaccia in una veste duplice, triplice, è come un ingegnere del suono mascherato da un ingegnere meccanico, ci mette cuore e cervello e difficilmente tradirà le attese. “Non amo essere incasellata” – ci tiene a ribadirlo – e non disdegna l’ipotesi Sanremo 2015: “Ho da parte un brano acustico di rara eleganza, potrebbe essere perfetto per la platea dell’Ariston…“.

Partiamo dalla tua partenza: batteria, basso, chitarra, fiati e archi. Senza contare pianoforte e synth: come mai stavolta hai fatto tutto da sola, o quasi?

Alla base di tutto c’è il fatto che io, già in fase di scrittura, pre-produco i pezzi. Avevo l’esigenza poter sperimentare negli arrangiamenti, volevo avere tanto tempo a disposizione per lavorare bene al nuovo progetto e l’unico modo era stare molto tempo da sola. Idee abbastanza chiare sin dal primo momento, in seguito sono stata supportata da un gruppo di lavoro molto giovane, sia riguardo i musicisti, sia per la parte tecnica.

Questa veste da “One Girl Band” potrà essere dominante anche nella fase live?

Molto difficile. Inizialmente è stato belle scrivere gli arrangiamenti per le orchestre, penso a fiati, flicorni, etc. Nella pratica devi scontrarti con la realtà: tutti i pezzi che comporranno l’album sono talmente ricchi che avrò bisogno di altri musicisti sul palco.

In generale, da soli non si va lontani…

Sì, certo. Ma va fatto un distinguo: a me piace definirmi come una ‘ragazzina intrippata al computer’, nel senso che se vuoi produrre e arrangiare, devi essere in grado di maneggiare le ‘macchine’. Non si può prescindere dall’uso di certe tecniche, di certi software. Nella musica, lo sai, non si finisce mai di imparare e l’unico modo che hai per esprimerti è quello di personalizzare al massimo quello che scrivi e che produci.

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Bello il singolo, bello anche il videoclip nella location di Carrara: ti farebbe piacere fare dei concerti in aree ‘sui generis’ come questa?

Non sarebbe male, è un pensiero che ho avuto nel recente passato. Mi fai venire in mente quando vidi il tastierista di Bon Jovi alle prese con un piano di marmo, sono immagini che lasciano il segno e che ti fanno venire idee nuove anche riguardo la sperimentazione live. Anche se mettere in pratica robe del del genere mi pare per ora un’impresa ardua…

“Niente al mondo”, mi dici dove nasce l’ispirazione per quel refrain così funky 70’s?

Molto semplice da spiegare, almeno a parole: io ho sempre amato i fiati usati in maniera ‘colossale’, un po’ alla Rocky Balboa. Un crescendo orchestrale che mette i brividi.

Sbaglio, o uscirà almeno un altro singolo – se non addirittura due – prima dell’album?

Assolutamente sì, è un cantiere aperto. Le astronavi non partono subito, si alzano solo quando è tutto pronto. Vorrei far ascoltare qualcos’altro al pubblico, un po’ come si faceva una volta: un piccolo blocco di singoli da inserire nel disco, quasi come fosse una raccolta di canzoni.

Ci saranno voci e/o musicisti nuovi rispetto a quelli con i quali eri abituata a collaborare? Duetti a sorpresa…?

Ripeto, il progetto è in divenire. Per quanto riguarda le collaborazioni, credo sarà più semplice accogliere artisti stranieri, con gli italiani è sempre difficile realizzare featuring per un disco. Anche se per ora non escludo nulla. Anzi, magari ho già qualche idea in proposito…

Sanremo potrebbe essere l’ideale chiusura del cerchio?

Diciamo che sarebbe una ri-apertura del ciclo! (ride). Un album pieno di singoli, circondato da generi diversi tra loro: sono entrata nel tunnel dell’elettronica, ma non mi sono fermata lì. Ho il mio stile, ma abbraccio sonorità disparate. La dance, ad esempio, è uno dei pochi settori dove è possibile sperimentare. Mentre l’incrocio rap-cantautori non penso possa portare ormai nulla di nuovo.

Va bene, ma Sanremo…?

La prima volta che ci sono stata avevo gli occhi sbarrati, tremavo come una foglia, ero devastata dall’emozione. Potrei tornarci, perché no. Ti confesso che tra le nuove canzoni ce n’è una che definirei ‘superiore’, si tratta di un brano acustico, piano e voce ma non solo. Un pezzo intenso, struggente, elegante. Dotato di una classe infinita, uno di quelli che potrà essere ricordato a lungo. Ecco, quello sarebbe bello da suonare all’Ariston…

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Tempo fa abbiamo pubblicato il tuo live con Morgan e Claudio Baglioni, l’omaggio a Mia Martini con “Stelle di stelle”. Una parola su tutti e tre?

Lei era ed è un’anima pura, artista dalla vocalità inimitabile, inarrivabile. Morgan è imprevedibile, Baglioni un musicista completo.

Da Morgan ai talent show. Al Coca Cola Summer Festival ti ho vista in sintonia con Maria De Filippi: come ti vedresti nella veste di giudice o coach?

In generale, il mio è un mestiere che non può prescindere dalla televisione. Maria quella sera ha detto che – grazie a “Niente al mondo” – ha compreso l’importanza degli arrangiamenti: parole bellissime, vuol dire che le era arrivato un messaggio importante. Certo che mi piacerebbe partecipare ad un talent, sarei felice di aiutare le nuove leve, raccontando loro quello che so della musica e della produzione. Mai rimanendo in superficie: forse adotterei un linguaggio troppo tecnico per la tv, ma penso che ad una come la de Filippi non dispiacerebbe, anzi.

Sempre in quell’occasione eri d’accordo sul fatto che per voi cantanti sia la piazza, il palco, l’ambiente più adatto…

Per forza, in tv sei sempre un po’ impalato! (ride). Lì devi fare in modo di essere protagonista dello show come fosse solamente il tuo, è quasi impossibile perché hai a disposizione 3 minuti, mentre noi artisti siamo esseri umani, spesso macchine diesel. Non puoi esibirti in quei 3 minuti come se tutto fosse iniziato da 30: tocca creare subito uno scambio di empatia tra te e il pubblico e se non sei carico a mille, rischi di essere finto, impalato.

Due cose prima di chiudere. Tempo fa una finalista di The Voice of Italy mi ha detto di preferire te ad Emma e Alessandra Amoroso, perché sei più brava a interpretare. Ti rivedi in questa definizione?

Non esattamente. E’ vero che le mie interpretazioni sono infinitamente personali, perché scrivo, perché sono una musicista. Credimi, ci sono torture peggiori, ma scrivere (di) musica è quasi devastante, ti mette in crisi tutti i giorni, tutte le notti, a tute le ore. Non è solo scrivere, non è un’interpretazione, è un vivere.

La tua canzone nell’armadio: quella del passato alla quale leghi ricordi particolarmente significativi.

Non vado troppo lontano, altrimenti ti tengo qui fino a domani. L’altro ieri ero al concerto di Ligabue, allo stadio di Firenze. Mi ha fatto venire in mente il concerto di Bruce Springsteen di due anni prima, ho pensato subito all’apoteosi di “Born in the usa”. Indimenticabile.

(foto ufficio stampa)