Provenzano: “Adoro Pharrell Williams. Talent? Difficile proporre i Dj in Tv” [INTERVISTA]

Ormai non è più una novità, né una bellissima sorpresa. Incontrare un ‘dj di professione’ tende spesso ad arricchire l’interlocutore di turno, nella fattispecie chi vi scrive. Amerigo Provenzano, meglio noto come Provenzano Dj, è tra i più bravi della sua generazione: tutti i giorni conduce su M2O (con Manuela Doriani) il “Provenzano Dj Show”, una bella finestra in cui presenta la migliore musica del panorama mondiale, facendo un’informazione orientata soprattutto all’universo dei deejay e del clubbing.
Alta la sua stima per Pharell Williams (“Happy ha un po’ stancato, lui no“), da non sottovalutare la considerazione per le grandi star mondiali (da Avicii a Guetta) e l’apertura ai giovani: queste alcune delle coordinate del nostro incontro. Provenzano non disdegna l’epopea della Italo Disco (“ogni momento storico è fatto di cose belle e brutte“) e, a proposito del recente remix “Maracanà” by Gabry Ponte, tiene a sottolineare: “Già anni fa lavoravo con chi rappava su basi elettroniche, ma è una cosa tecnicamente molto complicata…“. Non può mancare l’amarcord: la mente di Amerigo torna ad un piccolo capolavoro degli Everything but the girl…

Al di là della tua avventura radiofonica su M2o (“Provenzano Dj Show”), a cosa stai lavorando?

Da poco è uscito il remix di “You and Me”, il nuovo singolo è “Gorbaciov”, lancio ufficiale probabilmente nel mese di agosto: si tratta di un brano tipicamente da club che ho già avuto modo di rodare in radio e in alcune serate nei club.

Sei del 1970, hai vissuto appieno l’epopea della italo-disco: eri un fan?

Mi piaceva, impossibile negarlo. Più in generale, ti dico che l’ho vissuta alla pari di tante altre fasi della musica: in ogni periodo storico, dalla musica alla politica allo sport, abbiamo davanti cose belle e cose brutte, è naturale.

Alcuni giorni fa ho letto un’intervista di Albertino, tuo collega: in un certo senso ha auspicato maggiore rispetto per il mestiere del deejay. Come ti poni?

Credo sia un lavoro rispettabile e credibilissimo. Ragioniamo per assurdo: se la stessa domanda la facessi ora a un architetto – giusto per fare un esempio – ti direbbe che noi mettiamo solo dei dischi dietro a una consolle. Io credo che oggi quella del dj sia quasi diventata una nuova figura professionale, conosciuta non solo da chi va a ballare in discoteca: il merito va anche ascritto a superstar mondiali come Guetta, Avicii e Tiesto.

LEGGI QUI L’INTERVISTA AD ALBERTINO

Ti è mai capitato di proporre musica che non fosse completamente di tuo gradimento?

Assolutamente sì. Vedi, il nostro lavoro è anche questo: si lavora in funzione del pubblico, tocca pensare prima alla gente che ti sta davanti e poi a te stesso. Il pubblico non va assecondato in tutto, ma di certo va accontentato: l’obiettivo deve sempre essere quello di intrattenere e divertire.

Alcuni reduci dai reality show, usciti dalla tv, sono andati a fare i “dj della domenica”. Questo ha mutato e/o compromesso il vostro ‘mercato’?

Credo non ci sia stata nessuna confusione, anzi, tutto il contrario. Da una parte è stata positiva questa sorta di nidiata, perché la gente ha capito subito la differenza tra tronisti e dj di professione. Il pubblico dei club non è assolutamente disattento, mi preme sottolinearlo.

Proprio ieri abbiamo scritto del remix di “Maracanà” a opera di Gaby Ponte. Lavoreresti oggi su pezzi rap o al fianco di rapper noti, come lo stesso Emis Killa?

Beh… Quattro o cinque anni fa ho introdotto un rapper che lavorava su musica elettronica 128. Insomma, come struttura non è una novità: il problema è un altro, unire dance e hip hop è operazione molto complicata. Toccherebbe fare il percorso inverso per ottenere risultati migliori, il rapper dovrebbe scrivere in funzione di un pezzo dance.

ASCOLTA QUI IL REMIX DI “MARACANA”

Tempo fa uscì un tuo singolo intitolato “Just the way you are”, proprio come la celebre canzone di Billy Joel: oggi chi segui tra gli artisti internazionali?

Ascolto un po’ di tutto, non potrei fare altrimenti soprattutto per il mestiere che faccio. Parlando di singoli, mi viene istintivo farti il nome di Pharrell Williams: è un piccolo genio. Forse la sua “Happy” ha un po’ stancato, ma lui ha ancora tantissimo da dire.

Prima hai accennato a Tiesto, Guetta e Avicii: è una chimera ipotizzare un percorso simile per un dj italiano?

A livello internazionale il dj è ormai qualificato come artista pop. Le stesse major che realizzano album su questo genere tendono poi a proporre collaborazioni con chi va forte nell’universo dance. Il mercato ha delle regole e se un dj va forte è conseguenza naturale che il mondo del pop se ne accorga e gli proponga di entrare in un progetto parallelo. Da noi purtroppo si vendono pochissimi dischi: se io vendessi un milione di copie, non avrei difficoltà a essere contattato dalle grosse case discografiche per operazioni alla Avicii. Io come altri miei colleghi, per carità.

Nella tua carriera anche il ruolo di responsabile della Facoltà di Dj presso l’Università della musica di Roma. Insomma, questo è un mestiere che si impara tra i banchi di scuola?

Tecnicamente si può insegnare e imparare di tutto. Dopotutto, mettere due dischi a tempo è una delle cose più semplici del mondo. Oggi la tecnologia e l’elettronica aiutano tantissimo coloro che sono alle prime armi, i segreti si possono anche insegnare. Ma tutto deve essere supportato da un buon mix di passione, talento e impegno.

Che ne pensi dei talent show legati all’universo dei dj?

Televisivamente il nostro è un mestiere molto difficile da proporre, da far comprendere. Si rischia spesso di fare confusione, i tempi della tv – è naturale – non coincidono con chi lavora dietro una consolle. In generale, apprezzo la volontà e il coraggio di chi realizza prodotti di questo tipo: i pionieri vanno sempre incoraggiati, mai osteggiati.

Chiudiamo con la ‘canzone nell’armadio’, quella legata ad un ricordo particolare del tuo passato. Ne hai una?

La musica è magica, ti permette in un istante di tornare indietro nel tempo. Difficile trovare un solo pezzo significativo, soprattutto un pezzo lontano nel tempo: istintivamente ti dico “Missing” degli Everything but the girl, è sempre bellissima.

(Ph by Bruno Garreffa)