Angelica Lubian, cantautrice multisensoriale: ci riprova con Sanremo

Qualche anno fa, mentre ero su MySpace alla ricerca di talenti nuovi, mi trovai davanti agli occhi (e in cuffia) una ragazza del nord-est, amante del jazz, dello swing, di una forma musicale piuttosto eccentrica. Una chitarra a far da scudo e sciabola (“copertina, più che copertura”) un sorriso coinvolgente e una vocina dolce…ma anche no! Passionale all’ennesima potenza Angelica Lubian, friulana D.o.c. (proprio come il vino, lei ama il cabernet!) e con in testa un progetto musicale accattivante. Piacevole incontrarla, proprio mentre spera in una chiamata da Sanremo

Angelica! ma come si fa a suonare il pianoforte con i piedi?

(ride) Non l’ho mica suonato… Nel videoclip di “Mon Cher, Addio” non sapevo cosa fare per rendermi originale: la classica copertina del disco messa su YouTube mi sembrava triste, così ho dipinto i piedi come fossero due innamorati, lui e lei, e li ho ripresi con una videocamera amatoriale. Alla fine ha divertito me e quelli che hanno guardato il video… In ogni caso, tenerli sui tasti del pianoforte è stata una fatica!

Ti chiamano “Angie Rock”… Quindi sei rock!

No, sono molto volubile, non riesco a catalogare me stessa e tanto meno quello che faccio con la musica, giorno dopo giorno. Amo scrivere in inglese, quello si. Proprio ieri sera ho finito una canzone: avevo una musica già pronta, il testo mi è venuto di getto, in pochissime ore. E, istintivamente, è venuto in inglese. Come la maggior parte di quelle che ho scritto in tutti questi anni… Comunque no, non sono rock: ogni canzone fa storia a sè, dal pop-rock al jazz-swing, fino al flamenco di “Siffatta creatura“.

Mi sa che tu hai a che fare con Ivan Graziani, vero?

Quest’anno ho vinto il “Premio Pigro“, dedicato a lui, si. Una lunga giornata colma di emozioni positive, un concorso che mi ha fatto crescere tantissimo. Ho portato lì un pezzo (“Che ci faccio“) che non è ancora stato pubblicato… ..ma anche in questo caso mi son divertita a fare un video, tutto da me!

Sanremo, che facciamo per il 2013?

Ci provo da qualche anno, scrivo sempre una canzone ad hoc e la mando. Non costa nulla. L’anno scorso ero a un passo e poi…

Galeotto fu MySpace, ci siamo conosciuti da quelle parti qualche anno fa: “Roba deperibile” era un brano delizioso… Ti andrebbe di scrivere per altri?

Non penso: se si trattasse di un grande avrei quasi difficoltà ad inviare una mail, per cui lo escludo. Poi ci sono tantissimi artisti validi, soprattutto sul genere pop-rock, in quel caso mi piacerebbe concorrere, scrivere da me e interpretare da me. Se lavoro ad una canzone è il prodotto di un’esperienza personale, mi spiacerebbe quasi donarla a qualcuno diverso da me…

“Nosferatu” parte in francese, “Counting sheep” è inglese, ne “L’oroscopo del giorno” citi l’America… Esterofila mica da ridere, eh…

Ho studiato tante lingue, dal tedesco al francese, allo spagnolo. Amo alcuni canzoni antiche della tradizione tedesca, “Lili Marlene” era stupenda. Però canto in inglese, unica lingua che ho approfondito solo in seguito! mi trovo molto bene, la cultura anglosassone va in orizzontale, mi affascina. Come tutte le cose che non conosco, dopotutto. Mi piace sperimentare, nella vita e nella musica.

Emigrare non se ne parla?

Sono pigra, come Ivan Graziani. Ho paura di perdere tempo, se parto corro un rischio, faccio un salto nel vuoto. Sto facendo un percorso, vorrei continuare qui e così. Sono italiana, voglio restare qui, fare musica qui. Anche se non necessariamente italiana…

Un anno fa hai portato in scena “Morso dopo morso”, un concerto multisensoriale…

Cinque o sei mesi di lavorazione, progettazione, casting. Stimolante e faticoso. Entusiasmante e gratificante. Una storia d’amore che si sviluppava attraverso le mie canzoni. Il tutto aveva luogo in una camera da letto: il luogo della riflessione, con i musicisti tutti prigionieri della scenografia. Il chitarrista dentro l’armadio, il bassista dietro la cornice, il tastierista che usciva dal baule… Ci siamo divertiti, c’era anche un mimo che interagiva con me. Il mio ‘lui’ sulla scena! flirt, innamoramento, abbandono, perdono… L’amore reso sul palco, attraverso una musica viva.

Salutiamoci… Mi dai un’anticipazione sul Festival?

Niente pop, non è il classico brano di musica leggera. Ha un testo cattivello, appassionato, duro. Non mi prendo troppo sul serio, però il sasso lo lancio: farsi domande e riflettere non può che fare bene.