Raf: “Dopo Nathalie e Stylophonic preparo un nuovo disco negli Usa” [INTERVISTA]

Era maggio, ero con Noemi nel dietro le quinte di The Voice of Italy: parliamo di televisione, ma quando l’argomento si sposta sui gusti musicali, uno dei primi nomi che mi fa è quello di Raf. Dice: “..è uno che mi piace tanto, mai banale, testi e melodie accattivanti, ti arrivano subito…“. Quello di Veronica profumava di suggerimento, di imbeccata: beh, alla fine ce l’ho fatta a “beccarlo”. C’ho messo sette mesi: novello Cristoforo Colombo ho pensaro di andare negli Stati Uniti, pur di fare due chiacchiere con lui, cantautore di origini pugliesi ma – come tiene a precisare – “cittadino del mondo“.
Adesso Raffaele Riefoli vive in Florida, ha deciso di staccare per un anno, di stare lontano dall’Italia per preparare un nuovo disco di inediti: negli ultimi tempi ha fatto notizia per i suoi sorprendenti featuring, da Nathalie a Stylophonic (due cose molto diverse, eppure entrambe incuriosenti), adesso guarda al 2014 con la stessa carica dei primi successi, di quando il suo primo album arrivò subito a vendere circa 7 milioni di copie. Una lunga e piacevole conversazione, tra passato e futuro, tra musica e politiche: qua e là escono fuori i nomi di Frankie Hi-Nrg, Jethro Tull e Laura Pausini, senza dimenticare un importante trentennale legato alla ‘Spaghetti Dance’…

Cosa stai facendo negli States, se posso permettermi…?

Nessun segreto, dopo anni di viaggi in giro per il mondo, ho deciso di stabilirmi qui per un anno. Con me anche la mia famiglia, ho iscritto i miei figli a scuola qui, la grande è quasi pronta per il college. Sto facendo un nuovo disco: l’augurio è che respirando quest’aria nuova possa ritrovare stimoli nuovi. Siamo al giro di boa e, tirando le prime somme, posso dirti che si sta rivelando un’esperienza molto positiva.

E’ un po’ come lo sportivo che va in ritiro lontano da casa sua…?

Direi di sì, ma in un senso preciso: accade anche con i tennisti che vengono da queste parti per “raffinare” la loro tecnica, succede pure nel nuoto, qui ci sono istruttori di livello. Beh, è importante cambiare metodo d’insegnamento, provare a respirare qualcosa di nuovo, mutare le proprie influenze. Bisogna conservare la propria identità, ma mai chiudersi.

A proposito, c’è un verso ad hoc e ti riguarda da vicino, parliamone: “Scopriremo nuovi mondi solo per distruggerli, rifaremo gli orizzonti con i nostri limiti”. L‘America fa ancora parte di questi nuovi mondi che cantavi un paio d’anni fa…?

Beh, come dati anagrafici lo è ancora, eccome. E’ certamente un paese molto giovane, ‘fresco’. L’ultimo esempio, in ordine di tempo, è il recente “Thanksgiving”, qui è una ricorrenza molto sentita: anche qui ti accorgi di quanta poca storia abbia questo popolo. L’America è un paese estremamente nuovo. C’è ancora molto da scoprire.

Quel brano che ho citato mira anche al fenomeno della globalizzazione…?

Dall’avvento della globalizzazione tutto si è livellato, non è detto che questo sia un dato positivo. Esiste un’uguaglianza comportamentale, ma viene meno l’identità di un popolo: tutti abbiamo intrapreso una strada sbagliata, siamo sempre più schiavi del consumismo e ci ritroviamo con differenze marcate, troppi popoli affamati. La middle class, fondamentale per la crescita di un paese, sta perdendo pezzi. Per il resto, io sono orgoglioso di essere nato in Puglia, sono legato a certi profumi, a certe tradizioni, ma mi sento cittadino del mondo: la globalizzazione dovrebbe renderci migliori: è vero che le tradizioni vanno difese, conservate, ma per crescere tocca conoscere l’altro…

Scusa se abbasso il livello: “Un’emozione inaspettata”, grande successo del 2011: nel videoclip ti arrampichi sui muri, sei un fan di Spiderman?

No, dai! (ride) Quel video non ha a che fare con la classica evoluzione del supereroe, lì volevamo semplicemente attirare l’attenzione attraverso un’idea sui generis. L’uomo ragno non è tra le mie passioni, in generale gli stessi supereroi non destano il mio interesse: il mio caro amico Max Pezzali è ancora fissato, nonostante l’età… Forse fa bene, bisognerebbe a volte conservare quel pizzico d’incanto di quando eravamo più piccoli.

Title track di quel disco era “Numeri” con Frankie Hi-Nrg e Nathalie: con lei hai lavorato anche ultimamente, in “Sogno d’estate”. I talent aiutano voi Big a scovare giovani con cui collaborare…?

Non si può mai dire, tutto può succedere. Di certo lei è un’eccezione, una vera musicista. L’ho conosciuta che faceva una musica alternativa al classico pop italiano, mi ha subito incuriosito. Ha fatto bene a partecipare a X-Factor, del resto oggi la musica non ha lo stesso potere di comunicazione che aveva anni fa: è molto più un fenomeno di consumo, anziché di costume, l’attenzione del pubblico è calata, si guarda e si ascolta in superficie, si approfondisce molto poco.

Ultimamente hai collaborato con Stefano Fontana e il progetto Stylophonic: lui e Frankie non rappresentano la tradizione italiana classica, c’è qualcosa che li accomuna?

Va ammesso, di base, che il loro non è un vero rifiuto alla nostra tradizione: tutti noi, io per primo, siamo cresciuti con influenze di musica anglo-americana, anche dentro di me è molto forte una componente “ritmica”, proprio come Stefano e Francesco. La musica è prima di tutto musica, l’ispirazione è quella, poi arrivano le parole.

Di Stylophonic hai detto: “E’ come la dinamite”. Approfondiamo?

Mi sono divertito molto a lavorare con lui. Il divertimento non passa sempre dalla costruzione di canzoni estremamente “gioiose”, di certo la nostra categoria è fatta di privilegiati e dobbiamo lavorare con gioia e passione. Stefano è un artista pieno di inventiva, uno di quelli che non fa musica in maniera scientifica: tanta onestà alla base di quel che fa, onestà artistica soprattutto. Ci mette l’anima, è l’unico modo per ottenere buoni risultati. E’ anche uno che sa aggregare artisti diversi tra loro, peculiarità da non sottovalutare.

Tre milioni di clic su YouTube per il tuo duetto-videoclip con Laura Pausini: come nacque “Mi rubi l’anima”?

Semplice, lei stava nel mio stesso studio di registrazione. Arrivò da me con il suo produttore di allora e mi chiese, timidamente, se volessi duettare con lei. Guarda, io sono un tipo molto istintivo, forse troppo, ma sono fiero di esserlo. Mi colpì molto quella sua timidezza, nonostante fosse ancora sconosciuta, decisi subito di accettare.

Quel brano, così come altri tuoi successi (penso a “Due”, “Sei la più bella del mondo” o “Dentro ai tuoi occhi”) cantavano l’amore in maniera diversa rispetto all’oggi, che dici?

I tempi cambiano, soprattutto è il linguaggio ad essere in costante evoluzione. Sono a un passo dal nuovo album e mi rendo conto che nel 2014 le canzoni devono essere costruite in maniera un po’ diversa: attenzione, però, non è che sia necessario andare al passo con i tempi, tocca trovare formule nuove, anticipare i tempi.

30 anni di “Self control”. Tempo fa Gazebo mi ha detto di essere stato grande fan di quel pezzo, sai?

Quelli erano anni di grandi tormentoni, l’epoca della “Spaghetti dance”. La canzone serve anche a rilassarsi: io credo sia sbagliato attaccare la musica apparentemente banale. Anche durante la guerra c’erano canzoni popolari: l’immediatezza – tornando al discorso sul linguaggio – è fatta soprattutto di cose semplici. Oggi un “certo pop” si fa notare di più e – a volte – criticare, perché sono cambiati i numeri, le proporzioni. Un po’ il livello si è abbassato, certo, e la colpa è da imputare anche alla globalizzazione.

Prima di chiudere, torniamo al nuovo album: sarà un po’ celebrativo, sulla scia di Luca Carboni e Max Pezzali?

Rispetto le loro scelte, sono ottimi artisti, ma io non amo le celebrazioni, amo la qualità. Mi spiego meglio, altrimenti vengo frainteso. Le operazioni commerciali vanno di moda, ma non è il caso di Carboni: anche qui in America spesso ci si mette insieme e si costruisce un disco corale, ormai è quasi la regola, non è una novità. Penso sia la casualità a dover vincere, proprio come accadde 20 anni fa con la Pausini.

La tua “canzone nell’armadio”, quella che ascoltavi da ragazzo e, ancora oggi, torni a canticchiare con piacere

Io ascoltavo rock progressive, ma ero molto attratto anche da Beatles, Rolling Stones, Pink Floyd. Se dovessimo parlare di trash o cartoni animati, ti direi Ufo Robot e Mazinga, ma una melodia che mi torna sempre è quella di “Aqualung” dei Jethro Tull, mi piace ancora tanto, oggi come allora.

(foto by facebook)