Muse, tangenti romane: la smentita di Vivo Concerti

Sono passate poco più di 24 ore: la notizia ha fatto il giro del mondo e ora qualsiasi smentita suona come un flauto in mezzo al deserto. Le dichiarazioni di Matt Bellamy, più o meno da interpretare, secondo cui i Muse avrebbero corrotto qualcuno pur di poter usare i fuochi d’artificio al concerto di Roma, sono state smentite seccamente: “Non c’è stato alcun tentativo di corruzione” da parte della band. Tutto questo, mentre la Questura della Capitale aveva deciso di aprire un’inchiesta…

No tangenti, sì tasse

Solo presunte le mazzette per i fuochi di artificio pagate per il concerto di Roma. Le parole di Bellamy sono state travisate, almeno secondo il comunicato del promoter italiano. L’unica certezza è il pagamento delle tasse per il lavoro di tecnici e ingegneri esterni all’organizzazione, in modo da ottenere i necessari permessi dalle autorità.

L’inchiesta

Intanto, come avevamo paventato nel precedente articolo (LEGGI QUI), la Questura di Roma si era già preoccupata di disporre accertamenti riguardo alle dichiarazioni del leader dei Muse, il quale ha sostenuto di essere stato costretto, attraverso il suo entourage, a versare tangenti per potere utilizzare i fuochi artificiali allo stadio Olimpico di Roma. Come chiarisce l’agenzia ANSA, un’informativa con gli esiti delle indagini verrà in seguito trasmessa alla Procura.

“Bribe”

Gira tutto attorno a una parola. E, come, qualcuno ammoniva in tempi non sospetti, “le parole sono importanti“. Matthew Bellamy non se l’è sentita di rivedere direttamente le sue posizioni, soprattutto non ha pensato di chiarire se il termine “bribe”, da lui utilizzato nell’intervista a “The Sun“, fosse davvero riferibile a somme di denaro versate illecitamente oppure, come sostenuto dall’organizzazione, a tasse da lui giudicate troppo alte per la messa in sicurezza dell’impianto pirotecnico allestito a Roma.