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La Crusca svela i segreti delle canzoni di Sanremo 2025: perché non c’è nulla da scandalizzarsi

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Il Festival di Sanremo 2025 non smette di attirare l’attenzione, non solo per le sue performance artistiche, ma anche per i testi delle canzoni in gara. Lorenzo Coveri, professore di Linguistica italiana all’Università di Genova e accademico della Crusca, ha condotto un’analisi approfondita dei brani presentati, sottolineando che i testi mostrano un trend di appiattimento generale, riflettendo le nuove dinamiche del mercato musicale italiano. In un’epoca dominata dalle piattaforme digitali, gli artisti sembrano scrivere non per vincere il Festival, ma per rimanere rilevanti nel panorama musicale.

La ricerca di un posto nel mainstream

Coveri evidenzia come entrare nel mainstream attraverso il Festival sia diventato un obiettivo prioritario per molti artisti. Questo porta a una certa moderazione, anche per coloro che si presentano come trasgressivi. Durante il programma “Deejay Chiama Italia”, i conduttori Linus e Nicola Savino hanno commentato le osservazioni di Coveri, notando che la direzione del Festival, sotto Carlo Conti, segue un percorso già tracciato negli anni precedenti con Amadeus. La predominanza del genere pop, insieme alla limitata presenza di cantautori e rapper, è stata messa in evidenza, con Savino che ha affermato: “Siamo nel pieno del pop, e c’è ben poco da scandalizzarsi.”

Innovazione e originalità nei testi

Nonostante le critiche, l’analisi di Coveri ha messo in luce anche aspetti positivi. Sono emersi termini rari e originali in alcune canzoni. Ad esempio, “La tana del granchio” di Bresh introduce la parola “granchio” in un contesto sanremese per la prima volta, mentre “tana” era stata utilizzata solo una volta nel 1996. Altri brani come “Cuoricini” dei Coma_Cose portano freschezza al linguaggio del Festival, distaccandosi dall’uso comune della parola “cuore”.

Brunori Sas, con “L’albero delle noci”, ha ricevuto apprezzamenti per la delicatezza e le immagini evocative che raccontano la nascita della figlia Fiammetta. Lucio Corsi, al debutto con “Volevo essere un duro”, offre un testo ironico che affronta con umorismo i dilemmi dell’età adulta. Anche la scena hip hop è rappresentata con Shablo feat. Guè, Joshya e Tormento in “La mia parola”, un pezzo che mescola generi e gioca con il gergo urbano in modo originale.

L’importanza del dialetto e delle critiche sociali

Il dialetto emerge come una delle caratteristiche distintive di questa edizione, con artisti come Tony Effe e Rocco Hunt che utilizzano il romanesco e il napoletano nei loro testi. Coveri sottolinea che il napoletano sta diventando una lingua autentica della canzone italiana, mentre il romanesco mostra affinità con l’italiano standard. Willie Peyote, con “Grazie ma no grazie”, si distingue per la sua critica sociale, dimostrando come la musica possa servire da specchio per la società contemporanea.

Tuttavia, ci sono anche critiche. Coveri ha definito il testo dei Modà “pesantissimo” e ha notato come molti rapper e trapper tendano a conformarsi a un linguaggio medio e mainstream, perdendo parte della loro originalità. Anche il brano “Damme ‘na mano” di Tony Effe, pur citando Califano, non offre contenuti particolarmente controversi. “Non c’è niente che possa turbare la serenità del pubblico sanremese,” ironizza Coveri.

In un panorama musicale che si concentra su temi d’amore e disagio esistenziale, Coveri osserva una crescente presenza di note malinconiche, come dimostra “Battito” di Fedez. La musica, secondo l’accademico, riflette le sfide emotive e sociali dell’epoca attuale.

La discussione sui testi delle canzoni di Sanremo 2025 offre uno spunto interessante per riflettere su come la musica popolare possa evolversi e adattarsi alle nuove tendenze culturali. La Crusca, attraverso un approccio analitico, contribuisce a un dibattito fondamentale su lingua e cultura, dimostrando che nel mondo della musica si possono trovare tracce di innovazione e tradizione.

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