Una canzone allegra, divertente e apparentemente spensierata come Banana Boat Song di Harry Belafonte, recentemente scomparso a New York, nasconde invece un significato molto serio che merita di essere conosciuto
La morte di Harry Belafonte, della quale ad aprile ricorrerà il primo anniversario, ieriè stata salutata con profondo rispetto e cordoglio in tutto il mondo. Belafonte, 96 anni, non solo era un grande cantante e uno splendido attore, ma anche un esempio.
“Un meraviglioso essere umano” lo aveva definito Nelson Mandela quando i due ebbero modo di stringersi la mano. Mandela confidò di essere un grande fan di Belafonte che – senza avere mai conosciuto Madiba – fece propria la battaglia contro razzismo e apartheid risultando una delle più importanti voci libere nel lento percorso del Sudafrica fuori dalla segregazione.
In realtà pochi sanno che la sua canzone più famosa, il secondo singolo estratto dal leggendario album Calypso dopo Matilda, e dunque The Banana Boat Song, non è stata scritta da Belafonte. Il brano, che originariamente si chiamava Day-O, è un canto di lavoro in lingua patois. Ci sarebbero molte cose da raccontare.
Tutti conoscono la guerra di secessione e il sanguinoso e lentissimo processo di normalizzazione degli Stati Uniti per la liberazione degli schiavi. Ma la schiavitù era una piaga di tutto il continente americano. E dunque nelle piantagioni di Haiti, nelle miniere in Brasile, nei campi di lavoro in Giamaica dove si coltivavano canna da zucchero, caffè, tabacco, ananas e banane.
La canzone era un mento. Ovvero una solta di salmo nel quale il capoturno lanciava una frase che tutti i lavoratori dovevano completare. Da questo genere di format sarebbero nati i canti militari resi popolari da Full Metal Jacket e Ufficiale e Gentiluomo. Day-O era il canto degli schiavi.
La lingua originale della canzone, che Belafonte aveva un po’ semplificato in inglese, è quasi incomprensibile. Il patois è uno splendido dialetto parlato dai creoli, un po’ di inglese, francese e spagnolo…
La canzone dice… “nei campi hanno lavorato dal sorgere del sole fino al tramonto, ma adesso tocca agli uomini della notte riempire la nave delle banane”.
Le banana boat erano famose per la loro velocità. Erano leggere e dovevano andare quanto più velocemente verso i latifondisti. Perché non c’erano celle frigorifere e il carico rischiava di andare a male. Per questo le banane venivano caricate esclusivamente di notte… La canzone fa riferimento a un tally-man. Oh mister Tally-man tally me banana. Il Tally-man era quello che teneva conto delle banane caricate… Le doveva contare tutte e per bene. Perché stava arrivando la luce del giorno e il lavoratore voleva andare a casa. Daylight come and we wanna go home.
La divertentissima versione di Banana Boat insieme ai Muppets
Una versione giamaicana del blues, nata nella seconda metà del 1800. Il blues nei campi di cotone, calypso e patois nei campi di Caraibi e Centramerica dove la mortalità era altissima e uno schiavo non arrivava nemmeno ai 30 anni. Con quella canzone Belafonte si impose all’attenzione generale portando all’attenzione del grande pubblico il tema di schiavitù e razzismo. Ma, cosa più importante, educherà all’argomento milioni di bambini. Perché la canzone entrerà come argomento di gioco e didattico negli asili e nelle scuole primarie.
Belafonte, nato negli Stati Uniti, e dunque da uomo libero – in un paese comunque diviso dal razzismo – adorava questa canzone che gli cantava il nonno paterno, nato in Giamaica. Famosa la sua splendida esibizione al Muppet Show in cui cantò Banana Boat Song con i pupazzi di pezza in uno dei segmenti in assoluto più amati e di maggiore successo.
Harry Belafonte è stato anche uno dei grandi promotori del live aid. Fu lui a lanciare l’idea agli artisti americani di realizzare un brano per sanare il dramma della carestia in Africa. Su sua richiesta Michael Jackson e Lionel Richie scrissero We Are the World cui lui stesso partecipò alla registrazione con una parte solista.
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