Alla Casa Bianca si torna a parlare del caro concerti mentre proseguono le inchieste, sulla questione torna a pronunciarsi anche il presidente americano Joe Biden
Negli Stati Uniti una delle immagini ricorrenti degli ultimi mesi è quella di migliaia, ma davvero migliaia di persone assiepate nei parcheggi fuori dagli stadi per ascoltare Taylor Swift. Stessa scena in Europa, per Beyoncé. Nonostante la richiesta per assistere ai concerti del vivo più attesi sia enorme, e spesso inutile, i biglietti sono sempre di più una merce di scambio preziosa, quasi irrinunciabile.
Il caso di decine di biglietti messi in vendita sui siti di secondary ticketing, e dunque con vere e proprie aste al rialzo in una operazione di bagarinaggio on-line che non ha nulla di legale, è sempre più evidente. Il 2023 sotto questo aspetto è stato un anno davvero tremendo. Ma la stagione dei concerti dle 2024 si presenta con contorni anche peggiori…
Ormai da molti anni i concerti sono diventati una vera e propra industria globale che per certi versi rende e smuove più denaro della stessa industria legata alla pubblicazione e promozione degli album.
I fan che in Italia si mettono pazientemente in coda ai botteghini o affollano i cancelli digitali delle prevendite on line è bene che siano informati almeno un po’. Il nome più noto in questo settore è quello di Ticketmaster, una global company, la più grande del mondo, direttamente connessa a LiveNation, altra global company.
La prima ha un quasi assoluto monopolio nella vendita di biglietti per gli eventi musicali e teatrali. La seconda invece li organizza. Il fatturato di LiveNation – dati dello scorso anno – era di 16 miliardi di dollari. Ticketmaster e LiveNation operano anche in Italia con i loro branch office che vendono, e organizzano, molti tra i più importanti eventi dal vivo del nostro paese.
Negli Stati Unit lo scorso anno è scoppiato un vero e proprio caso legato al concerto di Taylor Swift. Prezzi esorbitanti, corsa al secondary ticket (il bagarinaggio on line) con una inchiesta che ha scoperto che molti dei biglietti in vendita da parte degli scalper (i bagarini) erano messi in vendita direttamente dalle rivendite ufficiali.
Non che fosse una novità: in Italia la stessa cosa è accertata da anni dopo inchieste, sia giornalistiche che della Guardia di Finanza. Tant’è che in Italia numerosi siti di secondary ticketing non possono più operare. Alcune compagnie si sono organizzate consentendo la rivendita da fan a fan di biglietti per chi, dopo avere acquistato, per problemi personali sia costretto a rinunciare all’appuntamento. Si paga una tassa di servizio sull’operazione.
Diverso quanto sta accadendo in questi giorni per Vasco Rossi e Taylor Swift i cui biglietti sono assolutamente introvabili. Per lo meno in Italia. Paradossalmente li vendono all’estero numerosi utenti che hanno fatto incetta di tagliandi e ora li vendono al miglior offerente, a peso d’ora. Si parla anche di 1500-2000 euro per biglietti venduti a prezzo nominale di 75-80 euro.
La questione è diventata di grande attualità quando a schierarsi contro il caro biglietti sono stati gli stessi artisti. Personaggi di peso enorme: non solo Taylor Swift, ma anche Robert Smith dei The Cure, che ha personalmente trattato un decremento sul prezzo del biglietto medio degli show della band di 10 dollari. Ma anche Neil Young, che si è rifiutato di firmare un accordo con Ticketmaster per la produzione e la distribuzione dei suoi biglietti on line fino a quando il prezzo non sarebbe stato concordato con l’artista.
Va detto che non tutti gli artisti sono informati né consapevoli della questione. Molti delegano la vicenda ai propri agenti e manager. E va detto che sui biglietti pesa una tassazione vergognosa… in particolare in Italia dove produrre i concerti che arrivano dall’estero costa di più. Perché quasi tutte le produzioni nascono in Regno Unito, o in Germania: e portare uno show in Italia, e dunque nella parte più lontana del territorio europeo, inevitabilmente costa di più. Più a sud si va e più costa.
Tassazioni, diritti d’autore, diritti di segreteria e di prevendita, spedizioni… Sui biglietti pesano moltissime voci. E altri artisti finisce una percentuale che è davvero minima. Perché tutto il resto sono costi.
La vicenda negli Stati Uniti ha sollevato una interrogazione che è finita in commissione. Ed è diventata una questione così urgente da essere inserita nell’agenda del presidente americano Joe Biden, in odore di elezioni.
Biden ha incontrato proprio ieri i rapresentanti di Ticketmaster, SeatGeek e altre società di biglietteria per verificare come normalizzare la vendia dei biglietti offendo ‘prezzi onesti e trasparenti’. Un primo aspetto positivo è che dai biglietti americani spariranno le cosiddette voci spazzatura: i sovraprezzi. Da settembre le compagnie dovranno garantire un prezzo all-in: tutto compreso, a seconda ovviamente delle categorie di poltrona o di post.
Live Nation è finita sotto indagine: ore di interrogazione nel corso di un’udienza della commissione giudiziaria del Senato all’inizio di quest’anno e ora dovrà affrontare le accuse di monopolio del mercato rischiano una multa stellare. On line le proteste nei confronti di Live Nation e di Ticketmaster hanno portato a un dissenso indiretto anche nei confronti degli artisti, che potrebbero decidere un’azione legale per proteggersi da quello che alcune inchieste giornalistiche americane hanno definito ‘il cartello dello showbusiness’.
All’accordo siglato davanti a Biden sono seguite tonnellate di dichiarazioni di Live Nation e Ticketmaster nelle quali si ripetono le solite frasi intrise di marketing che chi scrive non ha né voglia di tradurre né tantomeno di copiare e incollare.
Resta il fatto che in Italia, provincia dell’impero dei concerti, i biglietti non sono mai stati così cari. Che, nonostante questo, la gente continua a fare la coda per vedere gli show. E che i servizi non sono mai stati così poveri, frustranti e umilianti. Dai prezzi di acqua e bevande, ai servizi igienici, ai trasporti dedicati, alle interminabili code, al cosiddetto customer service: inesistente.
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