Ultima settimana di vita per i Devo che annunciano la fine della loro attività, non ci sarà più modo di vederli dal vivo: i fan protestano
Ci sono notizie che cambiano il senso di una giornata. Soprattutto per chi ha una passione maniacale per la musica e da anni aspetta di vedere una band, un cantante, che magari nel corso degli anni ha considerevolmente rallentato la sua produzione discografica o il ritmo delle sue esibizioni live.
In questo senso una pessima notizia riguarda i Devo, visionaria band americana che ha completamente cambiato, se non stravolto, le regole del gioco nella produzione della musica rock.
Devo, cinquant’anni ai margini delle regole
Cinquant’anni di attività alle spalle, i Devo hanno concesso alcune pagine davvero indimenticabili in un panorama nel quale sono riusciti a ritagliarsi uno spazio di prima grandezza senza mai correre il rischio di assomigliare a qualcuno.
Nati alla fine degli anni ’60 ad Akron, in Ohio, da una realtà universitaria culturalmente molto vivace, la band deve il proprio nome a un gioco di parole che sarebbe stato spiegato – e difficilmente compreso – solo decine di anni dopo. “In un mondo in cui tutti parlavano di evoluzione, noi volevamo porre l’accento sul fatto che il mondo e l’umanità stavano andando verso l’autodistruzione” spiega Gerald Casale, fondatore e portavoce della band.
“Siamo nati in una città con forti connotati industriali, abbiamo vissuto per anni con le narici invase dalla puzza di gomma bruciata e di uova marce. Da questo schifo siamo nati noi, a qualcosa dovevamo pur servire….”
Tempi impegnati e satira
Sensibilissimi al tema dell’ecologia i Devo – il cui nome sta per de-evolution – si sono esibiti questa estate in Galles con un trionfale spettacolo incastonato nel festival Green Man. Casale ha 75 anni: e il cervello perennemente in movimento di un adolescente.
Le loro canzoni sono state un manifesto geniale e dissacrante dell’uso, del costume e della cultura americana. Una presa in giro a volte sferzante e senza alcuno sconto. Le loro apparizioni in tv hanno fatto epoca, su alcuni dei loro spettacoli sono stati scritti trattati e tesi di laurea. Ogni loro album raccoglie eccitazioni di raffinatissimo spessore culturale. Adorati da David Bowie, rispettati da chiunque facesse della musica rock un elemento di rottura e non solo di arte, i Devo, rappresentano un fenomeno davvero più unico che raro.
Niente più live
“A forza di dirci che eravamo una razza in via d’estinzione abbiamo deciso di estinguerci – scherza oggi il co-fondatore dei Devo, Mark Mothersbaugh, 73 anni – ci siamo tolti tante soddisfazioni anche se le nostre domande hanno ottenuto ben poche risposte. Ma in fondo siamo sopravvissuti, abbiamo addirittura fatto un po’ di soldi. Ci hanno nominato nella Rock & Roll Hall of Fame. Possiamo essere soddisfatti”.
Non lo sono invece quelli che apprendono oggi della loro decisione di sospendere ogni attività live al termine di un breve che li ha riportati negli Stati Uniti. Una decina di date sulla west coast, che si sono appena concluse. Da domani tre concerti a Melbourne per il Good Things Festival. Poi il 6 dicembre un evento che assume una importanza storica: perché sarà l’ultimo. Poi la band chiuderà definitivamente i battenti. E chi non li ha mai visti dovrà accontentarsi dei loro video…
Picchiati sul palco
Nati a ridosso della musica punk con un gusto perverso per l’eccesso e la provocazione, i Devo hanno allestito musica futuristica utilizzando sintetizzatori e suoni elettronici su riff blues. Una roba mai sentita. L’elettronica e la new-wave ringraziano sinceramente il loro incessante apporto alla causa che ha fornito momenti indimenticabili.
Citati a più riprese dal cinema, amatissimi dai talk show televisivi americani (Saturday Night Live, Leno, Letterman) i Devo si sono conquistati una notevole popolarità anche all’estero dove, fondamentalmente, rimangono una realtà assolutamente di nicchia. Hanno scritto di inquinamento, parità sessuale, bullismo culturale e pacifismo molto, molto prima che questi argomenti diventassero di successo grazie al marketing dei social network. Che mantenendo una notevole coerenza di fondo non sopportano.
Dice ancora Gerald Casale: “All’inizio della nostra carriera, per la verità, speravamo di essere odiati perché rappresentavamo tutto quello di cui gli americani avevano paura. In realtà ci misero in un angolo. In qualche caso ci hanno preso per il culo, in altri avrebbero voluto ucciderci. Siamo stati aggrediti fisicamente sul palco, costretti a smettere di suonare, i promotori ci hanno staccato più volte la spina. Ricordo perfettamente quando durante un Festival un agente arrivò ad offrirci 50 dollari pur di smettere di suonare. Lo stavamo mettendo in imbarazzo…”
Sarebbero stati compresi e riabilitati molto tempo dopo quando in tute ignifughe gialle e cappelli dadaisti rosso vivo (“era una cupola energetica” spiega oggi Casale) li rendono riconoscibili.
Sopravvissuti a noi stessi
Mick Jagger e Keith Richards litigano a causa loro. I Devo volevano realizzare una cover completamente stralunata di Satisfaction. Jagger era d’accordo nel concederla, Richards no. Una delle loro grandi soddisfazioni, in un Festival americano, sarà quella di suonarla proprio davanti ai Rolling Stones che la balleranno con loro sul palco.
I Devo da David Letterman con un nuovo album e la canzone Fresh
Oggi, proprio quando non c’è più nessuno che vorrebbe staccare loro la spina decidono di chiudere. La morte di Bob Casale, nel 2014 è stata forse l’inizio della fine. Un decesso traumatico e improvviso che arrivava dopo quella del batterista storico Alan Myers, a lungo malato: “La carta d’identità ha il suo peso – ammette Mothersbaugh – aver perso Bob è stato significativo e ci ha messo di fronte a un fatto compiuto con il quale non puoi discutere. Siamo sempre stati ridicoli, dunque il rischio di essere ridicoli su un palco oggi a più di 70 anni non ci pesa. Ma tutto è diventato estremamente complicato. Siamo sopravvissuti più volte a noi stessi, litigando per scioglierci e tornare insieme quando la gente non se l’aspettava mai più. Abbiamo altre cose da dire e forse lo faremo con qualche brano. Ci sono cose già dette che meritano di essere ripetute. Ma dal vivo abbiamo dato. E chiudiamo qui…”
This is The End
Bob Casale è l’unico che vorrebbe andare avanti: “Detesto l’idea di non salire più su un palco. Era la parte integrante del nostro progetto. Ma dobbiamo scendere a patti con la realtà, almeno per questa volta…”
Un nuovo cofanetto di rarità, Art Devo 1973-2023, è arrivato a settembre con tutti gli eventi indimenticabili di una grande band. A breve uscirà un documentario di Chris Smith. La speranza è che la notizia del loro addio alle scene, che ha scatenato una vera e propria protesta in blocco da parte dei loro fan che vorrebbero rivederli almeno ancora una volta dal vivo, li convinca a ripensarci e ad allungare quello che di fatto è il loro tour d’addio.
“Facciamo così – conclude Mothersbaugh con il solito gusto della battuta – 50 anni li abbiamo fatti, se arriviamo al 2073 per festeggiare il centenario penseremo a un ultimo tour”.