A distanza di 44 anni dalla loro ultima apparizione dal vivo, gli ABBA tornano insieme per Voyage, uno spettacolo virtuale difficile da spiegare ma entusiasmante
Difficile trovare un termine di paragone perché non ce ne sono, ABBA Voyage è il primo spettacolo di questo genere in cui a cantare sono personaggi virtuali, costruiti in modo tecnologico. Degli Avatar. O come sono stati ribattezzati a Londra degli ABBATar…
Mai visto niente del genere. Un’idea eccellente, la migliore probabilmente per chi vuole ancora un rapporto con i fan ma per questioni anagrafiche non sarebbe più in grado di esibirsi a questi livelli.
Il tutto in un momento in cui si discute moltissimo di intelligenza artificiale. Tra artisti pronti a farne uso, come David Guetta, e altri che invece non solo la rinnegano, ma la ritengono una truffa: su tutti Sting. E chi invece ha deciso di sfruttarla in modo non creativo, ma al servizio della propria arte. I Beatles.
Gli ABBA hanno sfondato una porta gigantesca che a questo punto diventa un clamoroso precedente. Riportare in scena gruppi scomparsi. Persino musicisti ormai deceduti. É lecito? É giusto?
Il dibattito tra chi ritiene inopportuno definire live show uno spettacolo dove i protagonisti sono virtuali, è ai livelli di guerra di religione. Ma è innegabile che l’effetto sia straordinario. E che il pubblico ne sia assolutamente conquistato. ABBA Voyage è una delle esperienze più strane e incredibili anche per chi ha visto davvero di tutto. Concerti grandi, piccoli, immensi, festival, musical, piuttosto che le migliori tribute band. Lo show ha abbondantemente superato il milione di spettatori da mesi e viaggia verso il raddoppio.
Perché il dibattito è questo: meglio una cover band somigliante o gli originali? Anche se trasportati fuori dalla loro condizione spazio-tempo? Vedendo lo spettacolo non si ha nemmeno per un attimo la sensazione che quei quattro sul palco non siano Benny Andersson, Björn Ulvaeus, Anni-Frid Lyngstad e Agnetha Fältskog che oggi hanno quasi 80 anni. La più giovane, Agnetha, la bionda, ne compie 73 ad aprile. E per ammissione dello stesso Benny Andersson, geniale autore di quasi tutte le canzoni della band svedese e primo ideatore di questo show… “Ora gli ABBA non sarebbero più in grado di esibirsi, forse nemmeno di reggere la chitarra. Abbiamo scoperto il segreto di non invecchiare mai. Per lo meno sul palco”.
Lo show è tecnologicamente mostruoso. Costruito dentro un’arena realizzata ad hoc – molto ‘svedese’. Nel senso che quasi tutto è eco-compatibile e si può smontare, impacchettare e trasportare ovunque. Il teatro ospita quasi 4mila persone entusiaste. Metà sulle tribune e metà in un dance-floor dove molti sono i vestiti a tema, soprattutto anni ’80. Il glitter va via come il pane: brillantini, cappelli bizzarri, piume di struzzo, pantaloni scampanati e stivali con il tacco anche per gli uomini.
La band suona dal vivo, dieci musicisti. Davvero straordinari. I dati evidenziano che un palco del genere non esiste. Mai visto niente del genere, parlano di cinquecento punti luce mobili, 160 telecamere, quasi un milione di watt di amplificazione per 300 casse diffuse su tutta la struttura. Non sembra di sentire un CD: sembra essere dentro lo studio di registrazione.
Le tecnologie video sono impressionanti: schermi, che si allargano fino ad abbracciare la platea, luci che si alzano e si abbassano fino a sfiorare la testa di chi balla. E sul palco loro, gli ABBATar. L’effetto è spiazzante. Nessuno penserebbe che quei quattro non siano sosia estremamente somiglianti. Perché sono davvero identici.
Alla gente francamente importa poco. Tutti si comportano come se fossero a un concerto degli ABBA. Non c’è un posto libero. Tutto sold out per mesi con spettacoli già programmati per tutto il 2024. La struttura dovrebbe anche andare in tour in tutto il mondo in un programma di date ancora da definire. Se ne parla molto, ma al momento chi vuole vedere lo show deve andare a Londra, nel nuovissimo quartiere Olimpico a due passi da Stratford.
Gli ABBA sono una realtà digitale che si esibisce “davanti al quinto membro della band, il pubblico”. Che è ben presente in corpo e anima. Restando con gli occhi fissi sulle immagini, quasi nel tentativo di scoprire il trucco del prestigiatore, qualche immagine un po’ innaturale e meccanica si vede.
La grandiosità degli effetti video è spiazzante. Ma basta che parte una qualsiasi canzone di una scaletta mostruosa e la gente balla, quella che è seduta si alza. Al bar prosecco di qualità, una dozzina di birre, drink di ogni tipo. Si entra e si esce dall’arena con bicchieri e piatti. Menu popolari per tutti i gusti. Un business che macina a occhio quasi mezzo milione di euro ogni sera. E che potrebbe andare avanti all’infinito: “Perché per fortuna siamo ancora vivi – dice Andersson – e la gente collega la nostra presenza fisica a quella sul palco. Ci vede come ci vorrebbe vedere”.
Con qualche concessione al loro primo album dopo 40 anni di silenzio Voyage, pubblicato lo scorso anno, gli ABBA presentano tutto il loro repertorio: e dunque Mamma Mia, Chiquitita, Fernando, SOS, Take a Chance on Me, Knowing Me Knowing You, Voulez-Vous… ognuna delle quali accolta da un boato e da coreografie che i fan conoscono a memoria. Mancano solo un paio di successi, Super-trouper, Money Money Money. Ma i produttori dicono che la scaletta si aggiorna. A volta anche di sera in sera. Anche perché i superfan che hanno visto lo spetacolo più di una volta sono davvero tanti. La più ballata è ovviamente Dancing Queen, recentemente ri-eletta dal pubblico inglese la miglior canzone pop di sempre.
Divertente la parte nella quale Björn rinfaccia al pubblico inglese di avergli dato zero punti all’Eurovision del 1974 quando si presentarono con Waterloo. Commovente la parte finale con Thank you for the Music, Dancing Queen e il bis affidato a The winner takes it all, il brano che parla dell’unico vero fallimento della band… Il divorzio delle due coppie (Benny e Frida, Bjorn e Agnetha). A
l culmine del successo e del loro matrimonio la band si sgretolò dopo dieci anni di trionfo mondiale per dichiarare lo scioglimento nel 1982. Da tre non si esibivano più.
I quattro originali, avatar pure loro ma elegantissimi così come compaiono oggi, arrivano in scena alla fine per prendersi l’applauso del pubblico. Passo un po’ malfermo, rughe. Si abbracciano e ringraziano.
É l’unico momento in cui la malinconia e la tristezza prevalgono. Era meglio prima. La gente esce dall’Arena canticchiando e ballando, per bersi un altro prosecco prima di prendere la metropolitana, e ammettere… Ammettere che era meglio prima: quando eravamo tutti un po’ più scemi.
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