Dalla somiglianza con Damiano David alla vera identità della ragazza di Zecca, i Manifesto dopo la fine di X-Factor hanno deciso di mettersi a nudo.
Giovani, belli e di talento, le carte in regola per farcela c’erano proprio tutte. Eppure Morgan dopo averli scelti durante le Audtion ha deciso di fermare la loro avventura all’interno del talent di Sky. Nonostante la giovane età Alessandro e Paco, in arte i Manifesto, hanno i piedi ben saldati a terra e lo sguardo proiettato verso il futuro.
Domenica 19 novembre saranno nuovamente in scena con Manifesto Live Acustic presso il Re-cycle Caffè di Civitavecchia in un suggestivo concerto a lume di candela. Alessandro Orfini e Valerio Imperiale (aka Paco) stanno poi scrivendo il loro primo spettacolo di teatro – musica che porteranno in scena il 24 gennaio 2024.
L’impressione che si ha parlando con i Manifesto è quella di due ragazzi che respirano musica e che amano parlarne, tanto che alla fine più che un’intervista il loro è stato un flusso di coscienza durante il quale Alessandro e Paco si sono alternati, come sul palcoscenico, in un’unione di canto e controcanto.
I Manifesto, X-Factor un sogno finito troppo presto
Partiamo subito dalla nota dolente, gli Home Visit. Sui social e in particolare su Twitter [X, ndr] eravate dati per vincenti, voi avete avuto la stessa sensazione o a un certo punto avete capito che non sareste passati?
Alessandro: Noi ci abbiamo creduto per quanto riguarda il prodotto che è uscito fuori dalle nostre esibizioni. Abbiamo visto che durante tutto il percorso di X-Factor, quindi partendo dalle Audition arrivando ai Bootcamp e agli Home Visit abbiamo sempre reso secondo il nostro standard. Abbiamo visto che le nostre esibizioni sono andate molto bene, per quello che credevano noi. Sia a livello tecnico che a livello emotivo. Un po’ ci aspettavamo di uscire perché avevamo una squadra di grande livello.
Paco: Si diciamo che facendo un calcolo ci dicevamo “Ma quante probabilità avremo di passare?” Poi ci guardavamo intorno e effettivamente erano uno più bravo dell’altro, sarebbero tutti potuti passare. Ci sta che poi alla fine sia andata a sfavore nostro.
Alessandro: Anche per quello che ha detto Morgan, eravamo arrivati alla fine insieme ai Sickteens, ha detto che il livello era lo stesso ma che loro avevano un altro impatto televisivo, di spettacolo. Noi anche per i contenuti che portavamo eravamo più di nicchia. […] Eravamo meno televisivi. Anche se forse questo è stato un piccolo approccio sbagliato che abbiamo avuto. Perché noi in realtà abbiamo un repertorio veramente ampio e avremmo potuto fare spettacolo quanto loro.
In molti sul web hanno sostenuto che a penalizzarvi è stata anche la squadra. Quella di Morgan è considerata una delle più forti del programma, quindi la sfida risultava alla pari per quanto riguarda il talento e di conseguenza più difficile. Anche voi avete avuto la stessa sensazione?
Alessandro: Io ho il dubbio, perché sì, forse in un’altra squadra negli Home Visit passavamo di sicuro, però la domanda che io mi faccio è se nei Bootcamp saremmo passati con un altro giudice.
Paco: Diciamo che effettivamente osservando i concorrenti delle altre squadre avevamo da offrire qualcosa di diverso. La squadra di Morgan proponeva altri due gruppi, per quanto ognuno avesse un proprio carattere e la propria personalità risulti sempre nell’ambito pop-rock. Magari in un’altra squadra ci saremmo potuti distinguere di più, come il gruppo pop-rock di quella squadra e non uno di tre.
Alle audizioni tu [Paco] tenevi particolarmente al parere di Morgan, perché tra tutti proprio lui?
Paco: Io ascolto Morgan, la musica che fa, lo seguo in quanto artista e per gli interventi che fa sul web. Lo stimo tantissimo come musicista e come artista, quindi per me era il suo il parere che aveva più peso. Senza screditare gli altri, ma lui era una persona che ho seguito e che seguo rispetto magari agli altri che seguo un po’ meno.
In quale altra squadra sareste voluti capitare, guardando anche come sta andando adesso il programma?
Paco: In base ai concorrenti che sono ora in squadra probabilmente ci avrebbe fatto piacere finire con Ambra. Con Fedez ci avrebbe fatto piacere, perché guardando anche gli altri concorrenti potevamo avere più spazio, più margine di apprezzamento. Comunque siamo felici di Morgan perché avere lui come giudice, seppur per poco tempo, ci ha fatto passare delle belle esperienze. Come concorrenti mi sarebbe piaciuto stare con Ambra perché gli altri concorrenti erano tutti molto interessanti e stimolanti.
Mille Attenzioni, il primo album de I Manifesto
Ad Agosto 2022 è uscito il vostro album Mille Attenzioni. È un album molto variegato, dove è possibile apprezzare uno studio e una ricerca di suoni e di generi molto diversi, così come le tematiche che presentate. Qual è tra tutti quello che vi rappresenta di più?
Alessandro: L’album è stato fatto in un periodo, detto proprio in parole becere, di fomento. Era il periodo in cui io e Paco abbiamo trovato affinità nel sound, nel progetto. E quel progetto è nato da una spensieratezza artistica veramente molto dolce, perché ci siamo ritrovati nel mio studio home made senza in realtà un progetto in mente. Quell’album è uscito fuori da sperimentazioni che abbiamo avuto insieme. La parola fomento è giusta, perché è nato da un’idea che è nata da una poesia araba che avevamo trovato online.
Ci ha ispirato per l’intro di Mille Attenzioni, perché aveva queste due parole, Mille attenzioni, che a me ricordavano tutta la mia vita. La vita di un’artista, la vita di uno showman, la vita di un uomo di spettacolo che vuole le Mille Attenzioni, ricollegate a tutto quello che fa parte dell’arte e della vita. È stato bello poi cercare di congiungere dei brani inediti, scritti sul momento.
Qual è il brano che ci rappresenta di più è un po’ difficile. In tutti quei brani c’è un po’ di noi […] Sono molto diversi tra loro, ci sono brani come Caffè che ritraggono la parte più cantautorale e narrativa di una vita comune. Brani come Art is Sex, che si basano molto di più sul sound e su una sonorità più psichedelica.
Paco: Secondo me si percepisce proprio bene l’influenza di entrambi. Brani come Caffè, Tisane e occhiaie sono più cantautorali e risentono più dell’influenza di Alessandro e dei suoi ascolti. Io invece ho un bagaglio più rock, con sonorità toste, rudi. Quindi un Mondaccio, Mille Attenzioni o Art is Sex risentono più della mia influenza. […] È bello anche per quello perché non c’è l’influenza di una sola persona ma quella di due che hanno buttato dentro le proprie esperienze.
Se fosse andata avanti con X-Factor, quale di questi brani avreste portato se aveste avuto l’opportunità?
Alessandro: Se ne avessimo avuta la possibilità credo Louvre, anche per la preparazione del brano che già è avvenuta in passato. È un pezzo che abbiamo riarrangiato in versione elettro acustica, noi in live lo facciamo in maniera molto differente da come si può trovare su Spotify. La versione riarrangiata era pronta, ci avrebbe fatto piacere portarla perché ha un bel sound e un bel concetto. Dentro c’è sia la mia parte cantautorale che la parte psichedelica di Paco. Anche l’intro di Mille Attenzioni c’è una parte recitata, un piccolo monologo che rappresenta la mia esperienza teatrale, mischiata con il rock di Paco.
Paco: Sì forse Louvre è il brano che catalizza meglio tutte le nostre influenze, perché sfociano un po’ tutti i nostri vari aspetti. Sicuramente Louvre sarebbe stato bello da portare perché poi soprattutto in live curiamo molto l’intensità. […] Anche Caffè per quanto è un po’ più cantautorale
Alessandro: Caffè è un po’ più hit, ricollegandoci magari a Zecca con cui ha delle sonorità e delle tematiche molto simili.
Dal sindacato studentesco all’influenza di De Gregori e De Andrè
Riguardo alle tematiche che avete affrontato in Zecca e Caffè, pur essendo giovanissimi, avete toccato temi molto profondi che rimandano al cantautorato impegnato italiano di Gabber, Guccini e De Andrè. Quanto vi hanno influenzato questa tradizione musicale?
Alessandro: Dentro il mio bagaglio culturale, ma oramai in quello di entrambi, c’è stata l’influenza di De André e Giorgio Gabber, per quanto riguarda le tematiche e i concetti che venivano espressi. Anche perché la nostra amicizia è nata anche dal sindacato studentesco che abbiamo avuto modo di conoscere a Civitavecchia e anche a varie attività impegnate che abbiamo avuto e che ci hanno permesso di conoscere dei mondi che vanno al di là della superficie, dei mondi che parlano della nostra società, dei nostri problemi.
Un po’ come quando si faceva il cantautorato impegnato qui in Italia, venivano effettivamente analizzati i problemi dei ragazzi, degli studenti, degli operai. È bello unire l’arte a qualcosa di utile, quindi creare informazione su determinate cose. Anche se Zecca e Caffè sono canzoni non troppo impegnate, hanno dei richiami a quel mondo li. Anche perché poi vivendolo ci siamo lasciati ispirare per scrivere cose che effettivamente vivevamo tutti i giorni.
Ci chiamiamo Manifesto per un motivo. Manifesto deriva sia dal verbo, quindi manifestare un qualcosa, un’emozione ma anche come l’atto: quindi manifestare contro un problema, contro qualcosa di ingiusto. Questa cosa è importantissima, l’arte nasce spesso per manifestare sia emozioni che ingiustizie.
Eppure in Zecca c’è una frase che dice: “La manifestazione è una partita che non vinciamo mai”
Alessandro: Tante manifestazioni che facciamo noi adesso, negli anni Duemila, sono state fatte tanti anni fa allo stesso modo e spesso molte cose non sono cambiate. Però le continuiamo a fare perché la manifestazione che vince è quella che unisce. La manifestazione che unisce bandiere diverse, colori diversi, studenti di scuole diverse e ceti sociali diversi. È questa la manifestazione che vince. Risolvere il problema effettivo che noi rivendichiamo durante le manifestazioni.
È una frase un po’ da sconfitta, ma io la vedo più come una battuta. Perché noi lo facciamo e continueremo a farlo, anche se spesso non ci verrà data l’opportunità di cambiare veramente le cose. Spesso la difficoltà non è tanto trovare persone che credono nella stessa cosa, ma riuscire a far valere le parole di tutti quanti, del popolo. Spesso e volentieri il popolo si unisce, ed ‘è veramente tanto bello come tante persone riescano a unirsi per dei problemi. […] È sempre giusto manifestare anche se è una partita che non si vince nell’immediato.
Con Zecca avete dato un’accezione positiva a un termine spesso utilizzato in maniera dispregiativa. Lo si usava e lo si usa per indicare gruppi di persone che si espongono e si vestono in un certo modo. Sentite di esservi riappropriati del termine con il vostro brano?
Alessandro: In realtà l’ho scritta un po’ apposta. Ho scoperto da poco che in realtà è una cosa che si utilizza molto a Roma e in Centro Italia e poco fuori, nel Nord non si utilizza molto. Noi [ndr, il suo gruppo di amici] quando parlavamo, per ridere, dicevamo proprio ‘Siamo proprio delle zecche.’ Mai in modo dispregiativo. Credo di esserci riuscito, è molto bello cambiare un termine utilizzato come un’offesa, cambiarlo in una proposta romantica, in un aggettivo positivo: “Mi piaci perché sei una zecca.” Come quando si dice…
Paco: …mi piaci perché hai il naso grosso.
Alessandro: Bravo. Di solito è una cosa brutta ma a me piaci proprio per quella cosa li. Mi piaci perché sei un emarginato della società. Che poi zecca dentro di se ha tantissime diramazioni, comprende attivista, fricchettone, di sinistra; comprende tante cose. Sì, sono felice che questa cosa è arrivata al pubblico.
Nuove consapevolezze dopo X-Factor e nuovi progetti per il futuro
X-Facotor è senz’altro una vetrina importante, come è cambiata la vostra vita con questa esperienza e cosa porterete nei progetti futuri?
Paco: Sicuramente X-Factor è un qualcosa che ti fa da curriculum. Perché è bene anche per noi ricordarci di essere stati selezionati tra migliaia di persone. Nel momento in cui ragioni sul fatto di essere sato eliminato ci stai male, però poi ti soffermi un attimo e ragioni sul fatto di essere stato selezionato tra tantissime persone e sei finito tra i primi venti. Li comincia a dire ‘ok, forse qualcosa di speciale abbiamo’ e questo ti da tanta consapevolezza e la sensazione che tu, in quel mondo, puoi riuscire a starci. Parliamo sempre di un programma seguito da tantissime persone, che ti mette in contatto con tantissimi professionisti e credo sia un qualcosa di riconosciuto nel mercato. Quindi da quel punto di vista qualcosa cambierà.
Noi al momento ci stiamo concentrando sui progetti che avevamo prima che uscissero le puntate. Abbiamo uno spettacolo il 20 gennaio al Teatro Granari di Civitavecchia. È un progetto diverso dal solito, ha una matrice teatrale dentro. Sarà una sorta di teatro-canzone.. Cercando di far emergere quelle che sono tematiche molto attuali, cercando di analizzare quella che è la società contemporanea, almeno quella che noi viviamo.
Poi l’obiettivo è ovviamente quello di allargarci sempre di più. Noi prima che uscissero le puntate avevamo 20 mila ascolti su Zecca adesso ne abbiamo 160.000 in un mese e mezzo [ndr, attualmente 191.025]. Sicuramente ha cambiato qualcosa.
Ve l’aspettavate una risposta così?
Paco: Sni. Sicuramente ci saremmo aspettati un boost, ma quando arriva dici ‘Oh, cavolo!’
Alessandro: Sì, quando arriva, non avendolo mai vissuto, non te lo aspetti così.
Paco: Avendo vissuto i 400 ascolti è normale che poi quanto ti vedi 160.000 ascolti su una canzone ti fa dire ‘Cavolo, qualcosa sta cambiando.’ La speranza è quella di catalizzare tutto questo movimento che si sta creando intorno a noi e portarlo a nostro favore, cercare di far arrivare a più gente possibile quelle che sono le nostre idee e le nostre proposte.
Alessandro: Stiamo sempre scrivendo, stiamo producendo. Stiamo lavorando e sperimentando cose nuove. Cerchiamo di capire come e in che modo organizzare un tour, perché tante persone ci hanno scritto che hanno voglia di ascoltarci dal vivo. Stiamo cercando di riuscire a buttarci da qualche parte.
Paco: Non abbiamo booking, non abbiamo manager, non abbiamo etichetta quindi: etichette, booking o manager se ci siete battete un colpo.
Anche i Maneskin hanno iniziato cantando per strada e ora hanno da poco trionfato nuovamente agli MTV Music Awards. Quindi anche chi comincia dal basso non è detto che non possa farcela.
Alessandro: Sì esatto, è soltanto questione di quanto sei costante e di quanto ci credi, di quanto lo vuoi.
Paco: Io sono convinto di questa cosa. Per qualsiasi cosa alla fine la differenza la fa quanto tempo dedichi a quel qualcosa. Quanto sei naturale in quella cosa, nel momento in cui sei naturale, ci stai le ore e non ti pesa evidentemente è la cosa giusta, il percorso giusto per te. E prima o poi da qualche parte di porterà. Non so se in uno, due anni però da qualche parte arrivi.
Trionfo su X ma ‘bocciati’ su Instagram per il ripescaggio a X-Factor
Una risposta social così ve la sareste aspettata? Avere gran parte di X dalla vostra parte non è poco, è sempre il pubblico più difficile da convincere.
Alessandro: Ora potrei dire una roba che sembra così…ma un po’ io me l’aspettavo. Perché guardando anche le altre audition, i concorrenti, a parte alcuni nomi tra cui quelli che sono arrivati adesso ai live, vedevamo che il livello non era al massimo come ci aspettavamo. Non era altissimo. […] Dopo le audition abbiamo avuto tanti commenti negativi quanti positivi, perché abbiamo portato un brano nostro, ce la siamo rischiata. È un brano che purtroppo, anche se non è assolutamente la nostra volontà, può risultare divisivo. Ci sono state abbastanza critiche che non ci hanno portato giù, perché noi aspettavamo che uscissero i bootcamp per dire ‘Ok, tra poco scoprirete quello che siamo realmente.’ Perché è difficile far capire l’identità di un’artista con un brano solo di due minuti. […] È stato molto bello vedere tutti quei complimenti che prima ricevevi da quei 5-6 amici di provincia, vedere che su X c’erano delle persone dalla tua parte e ci credi un po’ di più.
Paco: Alla fine abbiamo avuto un sacco di commenti positivi, anche quando siamo usciti. E’ la cosa che un po’ ci rincuora, siamo usciti non avendo effettivamente critiche ne dai giudici ne troppo dal pubblico. […] È stato bello sentire il supporto di tante persone, io personalmente non sono una persona che smanetta troppo sui social.
Alessandro: Lui ha visto quello che io gli mandavano, facevo gli screen e gli mandavo solo le cose belle. Tranne il meme che somiglio a Damiano dei Maneskin.
In tanti ormai somigliano a Damiano David [ndr, si tratta di una gag molto diffusa sui social]Sarà stato il cappello.
Alessandro: Sì il cappello. I capelli, il naso, il capello e gli orecchini. Le persone credono che io ho cercato di emularlo, ma non c’entriamo nulla come prodotto artistico, come sound e in realtà neanche troppo come identità. Poi adesso, per fortuna, Damiano David ci ha fatto il piacere di farsi la pelata quindi…Però no, il cappello me lo sono sempre messo.
Perché avete convito X ma non Instagram? Alla fine su Instagram è stata data la possibilità di ripescarvi ma così non è stato.
Alessandro: I commenti positivi ci sono stati anche su Instagram, soprattutto per messaggio privato. Sono stati veramente tanti, credo quasi quanto su Twitter. Però ci sono stati tanti commenti anche per Anna, Alice e Gli Astromare. Noi rispetto a loro a livello di follower stavamo più basso.
Paco: Su Twitter chi andava a commentare X-Factor seguiva il programma, su Instagram non necessariamente seguiva il programma, perché magari erano amici o follower. Quindi su Twitter non c’è il discorso chi ha più follower viene commentato meglio o di più. Li chi guarda il programma ha una sua idea e non c’era la discriminante dei follower. Su Instagram c’è stata, perché è normale che chi ha una pagina da 60.000 seguaci per forza di cose avrà più gente che vota.
La ragazza di Zecca esiste? C’è stato veramente quel momento alla manifestazione?
Alessandro: È successo tante volte e non è successo mai. Zecca non è una sola, sono tante. Io in quel periodo non ero fidanzato, non ero innamorato. Quando ho scritto quella canzone era da poco che avevo conosciuto quel mondo che viene descritto dentro Zecca, ero affascianto così tanto da quel mondo che ho creato quella storia e quella persona. Pensavo a delle ragazze, ma non era perché era una richiesta, una cosa diretta che io volevo mandare a qualcuno. Ma quelle ragazze mi hanno riportato quest’idea di questo personaggio. Se ci penso adesso le ragazze che mi fanno innamorare, con cui riesco a condividere qualcosa effettivamente sono proprio come è stata descritta.
Paco: Effettivamente è proprio la forza di Zecca. Il fatto che parli di quel tipo di persona, di quel tipo di ambiente. Senza troppi riferimenti specifici a quella persona singola, ma a quel tipo, a quel mondo, ha permesso alle persone di riconoscersi ed effettivamente di ritrovarsi.