La prima degli U2 all’MGM Sphere di Las Vegas è destinato a cambiare per sempre il mondo della musica dal vivo
Un palco piccolo, apparentemente minuscolo, una semplice pedana presidiata da qualche luce: intorno una tribuna da 18mila persone quasi a strapiombo. L’esterno è una palla di luce che cambia colore.
L’MGM Sphere, il teatro più moderno mai realizzato, sembra un’astronave. É costato quasi due miliardi e mezzo di dollari. E non c’è davvero niente di simile in tutto il mondo. Una realizzazione che fa impallidire tutte le luci di Las Vegas.
Per inaugurarlo hanno chiamato gli U2: venticinque concerti completamente esauriti, biglietti polverizzati in nemmeno un’ora anche dopo che la serie di show è stata allungata. Lo Sphere è qualcosa di davvero incredibile: una immensa cupola nella quale realtà virtuale e immagini tridimensionale catapultano lo spettatore in ambienti sempre diversi e in continua evoluzione. La diffusione del suono è la migliore mai concepita, all-surround.
Il concerto con il quale gli U2 hanno inaugurato la nuova sede dello Sphere stabilisce un nuovo standard per l’intrattenimento dalla musica vivo.
Il concerto diventa un immenso Avatar, ma non come nel caso di Abba Voyage, dove i cloni sono i musicisti. Qui se non altro la band è in carne e ossa. E suona. Meravigliosamente per altro. Anche se il batterista titolare Larry Mullen Jr non c’è e si è preso una pausa a causa di qualche problema di salute alla schiena.
Il pubblico è di supervip. Musicisti, produttori, imprenditori discografici, grandi agenti di viaggio, Inutile sottolineare che foto e immagini hanno immediatamente invaso il web rendendo lo show virale al di là di ogni aspettativa. E le immagini diffuse sui social non rendono minimamente l’idea di quello che lo show promette. Uno spettacolo tanto incredibile da mettere in pericolo persino la performance della band.
Una sensazione con la quale gli U2 sono per la verità ormai allenati: basti pensare allo Zoo TV Tour che nei primi anni ’90 portò a livelli inimmaginabili gli standard di un rock concept. Ulteriormente sollevato dal 360 Tour che passò anche da San Siro con un palco immenso, sovrastato da una torre che era più alta della copertura dello stadio stesso.
Gli U2 avevano in programma questi concerti già da tre anni per festeggiare il 40esimo anniversario della loro attività. Poi il Covid rallentò tutto. Sul palco progettato da Brian Eno come un gigantesco giradischi, la band si esibisce al centro di una scena che intorno a loro cambia, vibra, pulsa e cambia forma continuamente. Compaiono il deserto (Where The Streets Have no Name), una cascata di codici come in Matrix (The Fly), lo sfondo stesso di Las Vegas e tutto sembra così autentico, verosimile. Il tetto dello Sphere sembra abbassarsi per schiacciare la folla e la band. Una tecnologia davvero sbalorditiva che solo un regista di grande capacità può utilizzare senza svilire lo spettacolo musicale tale è la sua imponenza.
L’inizio dello spettacolo dello Sphere
Tra band e pubblico niente transenne, nessuna divisione. Persino gli U2 sembrano sovrastati dalle emozioni, forse persino nervosi. Bono Vox parla poco: tiene la scena e si gode lo show del pubblico entusiasta e senza parole. Nelle prime file Paul McCartney cui il cantante dedica il ritornello Love Me Do… dicendo… “Lo Sphere doveva esserci nel 1965, quando la gente voleva vedere i Beatles allo Shea Stadium ma nessuno poteva sentirvi e nemmeno voi potevate sentire voi stessi”.
Bono dedica All I Want is You al batterista assente e reduce da un intervento chirurgico alla schiena. Al suo posto il consistente Bram van den Berg. Altro momento toccante la dedica a Jimmy Buffett, recentemente scomparso, e ai suoi familiari. Anche loro tra il pubblico.
Lo spettacolo dura due ore. La scaletta, come confermato dallo stesso Bono Vox, cambierà ogni sera con alcune sezioni dello show che si rinnoveranno anche di giorno in giorno. Unico inedito il singolo Atomic City, appena pubblicata, che fa capolino tra i bis. Diversi i medley in un repertorio immenso dal quale sembra sempre tuttavia mancare qualcosa.
Even Better than the Real Thing
É uno show molto americano, che concede citazioni a Sinatra, Elvis, Prince, Thin Lizzy, Van Morrison oltre che ai Beatles, salutati nel finale con un segmento di Sgt. Pepper’s , estremamente visuale dal quale tuttavia mancano capitoli fondamentali. Probabilmente è la prima volta che non suonano Pride.
L’incredibile concept di The Fly
Nessuno spazio per i primissimi dischi: niente Sunday Bloody Sunday, nessuna canzone da Boy, October e nemmeno da Unforgettable Fire anche se pare che la band abbia deciso di cambiare il segmento centrale dello show dedicato a una introspezione di un album, ogni sera. L’esordio è stato dedicato a Rattle and Hum con ben dodici canzoni di Achtung Baby.
Chi ha assistito a questo show lo ha definito indimenticabile, al di sopra di qualsiasi aspettativa, indescrivibile. Ma dopo questi 25 concerti non ce ne saranno altri. Anche se si parla di un tour mondiale degli U2 che possa ricreare, almeno in parte, quello che lo Sphere oggi può offrire.
“Achtung Baby” part 1
1 – Zoo Station
2 – The Fly
3 – Even Better Than the Real Thing
4 – Mysterious Ways
5 – One/Purple Rain/Love Me Tender
6 – Until the End of the World
7 – Who’s Gonna Ride Your Wild Horses
8 – Tryin’ to Throw Your Arms Around the World
“Rattle and Hum” interlude
9 – All I Want Is You
10 – Desire/Love Me Do
11 – Angel of Harlem/Into the Mystic/Dancing in the Moonlight
12 – Love Rescue Me
“Achtung Baby” part 2
13 – So Cruel
14 – Acrobat
15 – Ultraviolet (Light My Way)
16 – Love Is Blindness
Bis
17 – Elevation/My Way
18 – Atomic City
19 – Vertigo
20 – Where the Streets Have No Name
21 – With or Without You
22 – Beautiful Day/Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band (Reprise)/Blackbird
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