Il 16 agosto ricorre l’anniversario della morte di Elvis Presley, un fatto che ha sconvolto per sempre il mondo della musica contemporanea
Elvis Presley era considerato il ‘Re del Rock ‘n’ Roll’ molto prima della sua morte. Anzi… da prima che si esibisse nel circo di Las Vegas, vittima dei programmi del suo agente – il famigerato colonnello Tom Parker – e di una immagine della quale era diventato drammaticamente prigioniero.
Tuttavia la sua morte lo ha portato a vette irraggiungibili che ancora oggi, a distanza di quarantasei anni da quelle tragiche circostanze, lo rendono una delle stelle di prima grandezza, forse irraggiungibile, nel mondo del rock.
Il grande, enorme successo nel documentario cinematografico pubblicato tre anni fa è solo l’ultimo atto di un amore da parte del pubblico che non si è mai completamente spento e che in qualche modo si è trasferito geneticamente alle generazioni più giovani. Anche a quelli che non hanno mai acquistato un disco di Elvis e che non hanno mai visto una delle sue pellicole. Un fenomeno davvero difficile da spiegare e da ricostruire.
La sua fulminea ascesa alla fama, il suo suono distintivo e il suo innegabile carisma lo hanno reso un’icona culturale che ha travolto e stravolto gli Stati Uniti, tanto per cominciare, e poi tutto il resto del mondo dove ancora oggi le serate dedicate a lui, animate da bizzarri sosia che gli vogliono assomigliare in tutto e per tutto, diventano la principale attrattiva.
Elvis Aaron Presley, nato l’8 gennaio 1935 a Tupelo, ha vissuto con due culture dominanti che lo hanno profondamente influenzato fin da quando era ragazzino e che in qualche modo lo hanno formato a diventare quello che sarebbe stato nel corso di pochi anni. Il padre e la madre gli facevano ascoltare musica country, ma tutto nel Mississippi, nel profondo sud statunitense, era soprattutto blues, gospel.
In una delle sue ultime dichiarazioni Elvis Presley disse che queste due culture convivevano pacificamente nelle sue mani: “É una cosa della quale ho chiacchierato spesso con amici musicisti che hanno condiviso con me l’esperienza del palco e dei lunghi tour. Ho sempre sostenuto, e ne sono ancora fermamente convinto, che la mia mano destra sia quella bianca e quella sinistra sia quella di colore. Hanno ritmi diversi, esigenze diverse ma sulla tastiera del pianoforte riescono a creare qualcosa di unico che diventa indivisibile. A volte mi piacerebbe che tutto il mondo ragionasse gli equilibri nella stessa identica maniera e con la stessa identica miscela di potenzialità”.
Anche le sue esibizioni erano una fusione di queste due culture che da una parte lo mettevano in posa ma dall’altra lo scatenavano con ancheggiamenti che non avevano nulla della cultura country. Una parte di questo aneddoto si ritrova anche in un altro film meraviglioso, Great Balls of Fire, dedicato a Jerry Lee Lewis che condivise con Elvis le primissime tournée. Un ulteriore riferimento identico è presente anche in Ring of Fire, il film da premio Oscar interpretato da Joaquin Phoenix sulla vita di Johnny Cash, anche lui per anni insieme alla moglie June Carter in tournée con il re del rock.
L’ultima parte della vita di Elvis Presley, la più tragica, non ha niente a che fare con gli albori della sua carriera e la genesi di quello che sarebbe diventato uno dei successi più straordinari nella storia della cultura americana.
Elvis, prigioniero di un contratto capestro, si esibisce sera dopo sera a Las Vegas devastato dagli eccessi alcolici e alimentari, ma anche dalla dipendenza da droghe e farmaci, che lo uccideranno. Una dinamica ricostruita in modo molto preciso nel film Elvis, prodotto dalla ex moglie Priscilla, dalla figlia Lisa Marie, scomparsa poche settimane fa.
Tragicamente, la vita di Elvis Presley si conclude con un drammatico colpo di scena il 16 agosto 1977. Quel giorno non doveva esibirsi. A trovarlo privo di sensi nella sua meravigliosa tenuta di Graceland a Memphis sono due camerieri che dovevano servirgli la colazione. Aveva 42 anni.
La causa della morte viene attribuita a un attacco di cuore, devastato da un uso smodato di farmaci che gli venivano regolarmente prescritti dal suo medico personale. L’autopsia parlerà di condizioni cardiache ed epatiche critiche. Quelle di un vecchio di oltre 80 anni vittima di abusi per almeno 40.
Le circostanze che circondano la morte di Elvis hanno sollevato numerosi interrogativi sulle pressioni con cui il cantante doveva convivere per mantenere la massacrante agenda di spettacoli previsti dal contratto firmato dal suo agente, Tom Parker. Ma anche la sua dedizione al pubblico che lo portava a esibirsi sfinito, quasi senza forze, fino a svenire sul palco vittima del sovrappeso e dei pesantissimi costumi di pelle previsti dalla narrativa dello show.
La sua scomparsa ha acceso forti discussioni sul costo mentale ed emotivo che la fama può esigere anche dagli artisti più celebri. La vedova, Priscilla, dalla quale si era separato quattro anni prima della morte, non si è mai risposata nonostante una lunga relazione da un imprenditore di origine italiana dalla quale aveva avuto un secondo figlio oltre a Lisa Marie.
Fu proprio lei diversi anni dopo la morte a considerarsi in parte responsabile di quello che era accaduto: “Elvis è rimasto prigioniero del suo ruolo per colpa di tutti e noi che gli eravamo vicino abbiamo le nostre responsabilità. Pensavamo che fosse felice, non lo era. Era disperato e avremmo avuto tutti l’obbligo di rendercene conto….” scrive Priscilla in una delle sue pochissime dichiarazioni su questo argomento undici anni dopo la morte del re.
L’impatto della morte di Elvis Presley ha rappresentato un’eco gigantesca ben oltre i confini dell’industria musicale. Subito dopo la sua morte centinaia di migliaia di persone si sono riversate a Graceland per rendergli omaggio.
Ogni anno Graceland riceve migliaia di persone che portano fiori e ricordi sul gigantesco cancello in ferro battuto della sua tenuta che conserva le spoglie sue, dei suoi genitori e virgola da poco settimane, anche di sua figlia Lisa Marie.
La sua morte ha segnato la fine di un’era, lasciando un vuoto nella musica popolare che non sarebbe mai stato veramente colmato.
Graceland, al centro di una vicenda legale regata all’eredità di sua figlia, è uno dei principali musei degli Stati Uniti, aperto al pubblico nel 1982: la testimonianza dell’eccentrica eredità del re del rock’n’roll.
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