A soli 56 anni dopo una vita di sofferenze, abusi e problemi emotivi, Sinead O’Connor è morta improvvisamente
Occhi profondi, estremamente espressivi, bellissimi. Dietro i quali nascondeva un disagio molto acuto legato non solo alle sue insicurezze e a una forma di competizione a volte davvero eccessiva su quelle che dovevano essere le sue stesse aspettative.
Una donna continuamente sotto esame: soprattutto con se stessa. E forse perennemente insoddisfatta. Anche di fronte a un evidentissimo capolavoro assoluto.
“Ho scoperto che è difficile essere me. Ma sai per chi? Per me… e non sopporto che sia difficile stare accanto a me per i miei figli. Perché è altrettanto difficile stare con me… Nemmeno io mi piaccio…”
Sinead O’Connor la cui morte è stata ufficializzata ieri, è stata una delle voci più forti e fiere del rock: una voce assolutamente inconfondibile.
La notizia della sua morte si è diffusa nel tardo pomeriggio di ieri. Ma nessuno della famiglia l’ha ufficializzata nemmeno dopo che a scriverne è il New York Post che fa inizialmente riferimento ad alcune fonti molto vicine all’artista. In realtà le notizie fin da subito sembrano molto frammentarie e non confermate. Non si sapeva nemmeno se il decesso della cantante fosse avvenuto a Dublino, dove la O’Connor viveva da sempre, o a New York dove era residente per alcuni mesi all’anno.
Dopo alcune ore la notizia è stata confermata da un cugino: “La famiglia e i gli amici di Sinead sono devastati”. Ma la causa della morte al momento non è ancora stata resa nota.
Il governo irlandese ha immediatamente diffuso una nota ufficiale firmata da Leo Varadkar che con la O’Connor aveva un rapporto di amicizia personale: “Una donna incredibile, forte, determinata, un genio creativo di rara potenzialità che l’ha vista amata in tutto il mondo e il cui talento non aveva eguali. Con lei l’Irlanda perde in una età ancora estremamente giovane uno dei suoi più grandi e talentuosi compositori degli ultimi decenni, capace non solo di espressione senza pari, ma di una empatia e di una connessione straordinaria con il suo pubblico. Lieve le sia la terra, grande per lei sia il cielo che la accoglie…” si legge nel messaggio con una toccante forma di commiato funebre tipica della cultura irlandese.
“Non sono una persona terribile, questo dicono di me gli amici e quelli che mi hanno conosciuto piuttosto bene. Forse non sono così noiosa o scontata come le persone vorrebbero…”.
É una delle frasi pronunciate da Sinead O’Connor in una intervista esclusiva realizzata da chi scrive nel 2014, subito dopo la pubblicazione del suo splendido brano Take me to Church… “Il mio errore è sempre quello di concedermi completamente, a volte sottovalutandone le conseguenze. Sono una persona che amplifica tutto, gioie e dolori, ansie e piaceri, aspettative e frustrazioni. Non mi sono negata nulla, nemmeno le cose sbagliate. A volte ne ho subito le conseguenze più del dovuto, più di quanto sarebbe stato giusto. E mi sono sempre presa le responsabilità di quello che ho detto e ho fatto. Chi può dire altrettanto…?
Sinead O’ Connor era nata nel dicembre 1966 a Glenageary, una delle contee più popolari di Dublino, in una famiglia molto problematica. I primi guai quando aveva 13 anni: finisce in un collegio, uno dei più duri collegi cattolici d’Europa, quello delle Magdalene. Una sorta di riformatorio istituzionale e religioso per ragazze a rischio.
Ma ad avvicinarla alla musica è proprio una suora che la sente cantare: e le regala una chitarra elettrica che Sinead impara a suonare da autodidatta in pochi mesi.
Si avvicina ai movimenti indipendentisti, a quelli ultra-cattolici, alle femministe radicali. Sembra quasi impregnarsi come una spugna di concetti e posizioni che la rendono una voce estremamente libera, quasi anarchica, capace di esplodere con il suo primo grande capolavoro ad appena 21 anni, con canzoni scritte quando ancora non sapeva nemmeno di volere fare la cantautrice.
The Lion and the Cobra è un autentico capolavoro, un album che fa irruzione nella top 40 nel Regno Unito e negli Stati Uniti e la impone all’attenzione generale con un singolo dal titolo Mandinka che esprime il suo rock elettrico, rabbioso ed essenziale che esalta le aspirate e le soffiate di una voce che può essere angelica o velenosa.
Presenza scenica dirompente, Sinead gioca con i video con la consapevolezza di avere occhi che possono dire anche più della sua voce: quando guarda in camera le immagini si sciolgono ai suoi piedi. Poco prima della sua prima grande esibizione live si taglia a zero i suoi bei capelli rossi e diventa la cantautrice calva… “Era la mia adesione a tutto quello che di femminile c’era in me, anche se volevo disperatamente essere considerata forte come un uomo”.
Negli USA la sua prima esibizione in TV è da David Letterman. Timida, impacciata, magrissima. Sinead urla la sua Mandinka e il giorno dopo uno dei critici della CBS scriverà di lei “non sappiamo se sia più leone o più cobra. Ma vorremmo essere avvelenati e sbranati da lei…”
Questa la splendida versione di Mandinka eseguita da David Letterman
Mandinka arriva negli Stati Uniti. Prince ascolta la canzone e decide di regalarle uno dei suoi capolavori assoluti. Nothing Compares 2 U. Il brano scritto per la madre, da poco scomparsa. Decide che Sinead è la persona perfetta per il suo canto di lutto e di dolore: non canterà quella canzone dal vivo se non molti anni dopo, quando l’elaborazione della scomparsa di sua madre sarà definitiva. Sinead ne fa un cavallo di battaglia. Nel video, impermeabile e anfibi neri, il suo volto si confonde con le statue classiche dello splendido parco parigino di Saint Cloud. In primo piano nelle ultime inquadrature del video Sinead piange, la sua voce sugli ultimi versi si strozza, poi tace.
Un’emozione che strega il pubblico. Il video sarà il migliore del 1990 agli MTV Video Music Award, L’abum I Do Not Want What I Haven’t Got è un successo anche perché Nothing Compares 2 U arriva dritta alla numero #1.
Il video originale di Nothing Compares 2 U
Quando tutte le cose sembrano facili la vita di Sinead O’Connor diventa estremamente complicata. La prima che non si aspettava un successo del genere era lei. Forse non lo avrebbe nemmeno voluto. E ne rimane completamente travolta.
Si converte prima al cristianesimo ortodosso, poi all’Islam, quindi torna a dichiararsi radicale cattolica ma entra in aperta polemica con il Vaticano strappando in diretta una foto di Papa Giovanni Paolo II nel programma televisivo statunitense Saturday Night Live. É la prima a denunciare gli abusi in alcune parrocchie irlandesi. Inizialmente le danno della pazza visionaria. Poi scatta un’indagine e l’Irlanda scoperchia un drammatico caso che si chiude con arresti, denunce e numerosi sacerdoti sospesi a divinis. Ma nessuno le chiederà scusa. Le famiglie dei ragazzi vittime degli abusi la ringrazieranno pubblicamente con un mazzo di fiori appoggiato ogni settimana fuori dalla sua casa di Dublino.
Confessa di soffrire da sempre di un disturbo bipolare per il quale non è mai stata curata. Ammette l’uso di farmaci e di marijuana in dosi estremamente massicce. Si ammala, va in depressione, ne esce. Si ammala di nuovo.
Ogni disco, dieci in tutto, è una sorta di complicatissima seduta di analisi dalla quale viene fuori di tutto. Amore, morte, vita, lutto, sofferenza, dipendenza, rinascita, famiglia.
In America le sue dichiarazioni non piacciono. I suoi concerti vengono boicottati. La NBC manifesta contro di lei chiedendo a chi avesse avuto in casa i suoi dischi di bruciarli a Times Square…. “Beh, se non altro qualcuno che abbia una idea e la esprime…” commenterà lei. Ammettendo che alcuni di quei dischi li avrebbe bruciati personalmente: “Piacevano solo alla mia casa discografica”.
Quando nel 2014 si presenta di nuovo in pubblico con il suo ultimo album e una canzone capolavoro come Take me to Church, sembra di nuovo pienamente se stessa. Il disco è un capolavoro, forse la cosa migliore che ha fatto. Ma il pubblico ormai è orientato su altro, e passa quasi completamente inosservato.
Il video di Take me to Church
Lei è quella che deve fare notizia con i suoi eccessi, le sue visioni mistiche, le sue sparate: la Sinead che fa buona musica sembra non interessare più a nessuno. A meno che non parli di droga, sesso o che bruci qualche simbolo religioso. Ricade in depressione. E di fatto ci convive fino alla fine. Soffrendo molto.
Ha avuto quattro figli e quattro matrimoni. Il terzo dura 10 mesi, l’ultimo appena sette giorni. I suoi figli sono Jake, Brigidine Roisin, Yeshua e Shane, scomparso tragicamente lo scorso anno a nemmeno 18 anni di età.
Un episodio devastante per Sinead che da quel momento non comparirà mai più in pubblico: “Mio figlio ha deciso di porre fine alla sua sofferta esistenza terrena. Vi prego ragazzi, chiedete sempre aiuto. Fatelo. Nessuno segua il suo esempio…”
Uno dei suoi ultimi tweet è dedicato a lui: “L’amore della mia vita, la lampada della mia anima, la mia stessa anima, divisa in due perfette metà”.
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