La storia di Scott Weiland è una delle più drammatiche nella storia del rock, a distanza di 25 anni viene ripubblicato il suo primo album solista
Era il 1998. Scott Weiland è già un cantante estremamente affermato. Nel mondo del grunge che sta cercando di scollinare oltre il terzo millennio, la sua voce è un autentico manifesto di un’America incoerente e tormentata. Per raggiungere la vetta del rock and roll, Scott sceglie una band tormentata almeno quanto lui. Un gruppo che trasuda provincia, insicurezze, affanni e fatica.
Lo straordinario successo con gli Stone Temple Pilots lo vede vivere con entusiasmo, ma anche con troppi eccessi una popolarità non facile. I suoi problemi con la dipendenza dalle sostanze stupefacenti sono evidenti. E purtroppo lo porteranno a una tragica morte.
Scott Weiland, una morte tragica
Arriviamo al 2015, 6 dicembre. All’apice del successo, dopo avere lavorato su progetti solisti, due dischi con gli straordinari Velvet Revolver di Slash e un secondo rilancio degli Stone Temple Pilots, Scott Weiland muore sul tour bus che lo stava portando lungo gli USA per una lunga serie di concerti. È un’overdose. L’autopsia rivelerà un quantitativo di droga e di farmaci impressionante. Una croce che Weiland si è portato dietro per tutta la vita. Aveva 48 anni
All’epoca del suo secondo arresto fu condannato a un anno di carcere. Il giudice, un fan della band, al momento della sentenza gli disse… “è una condanna dura. Ma spero che serva a salvarle la vita”. Dopo un anno da sobrio Weiland tornò al lavoro e scrisse alcune delle sue canzoni più belle. Ma si ritrovò a combattere gli stessi demoni a distanza di pochissimi mesi dalla sua scarcerazione.
L’eredità in un disco
Uno dei capolavori di Scott Weiland è il suo primo album solista, 12 Bar Blues che ha appena festeggiato proprio il suo 25esimo anniversario. L’album, un doppio in vinile, viene ripubblicato con alcune canzoni inedite. Spiccano una meravigliosa versione acustica di Barbarella e numerose collaborazioni di prestigio.
Sheryl Crow che suona la fisarmonica in Lady, Your Roof Brings Me Down, il pianista jazz Brad Mehldau in Divider e Mockingbird Girl e il famoso produttore Daniel Lanois che suona in Desperation #5.
La morte di Scott Weiland è uno dei tanti anelli deboli di una catena che si è irrimediabilmente spezzata. Da Kurt Cobain, a Layne Staley degli Alice in Chains, anche lui deceduto per overdose nel 2002. Per proseguire poi con due musicisti che gli erano profondamente legati: Chris Cornell (Soundgarden, Audioslave e Temple of the Dogs) e Chester Bennington (Linkin Park e Stone Temple Pilots dopo la morte di Weiland) che si sono tolti la vita a poche settimane l’uno dall’altro nel 2017.