Colpo di scena assolutamente imprevedibile nella lunghissima storia che riguarda la tragica morte di Tupac Shakur assassinato nel 1996, il caso è riaperto
Ci sono voluti la bellezza di 27 anni di piste false, immobilismi e una certa incapacità di gestione di quello che è stato uno dei casi più eclatanti nella storia della musica: l’omicidio di Tupac Shakur.
A distanza di 27 anni dalla sparatoria di Henderson, un sobborgo di Las Vegas, la polizia ha finalmente reso noto di avere posto sotto sequestro materiale interessante per riaprire le indagini di un omicidio che al momento non ha né un mandante né un colpevole.
La notizia di una operazione di polizia mirata alla perquisizione di un appartamento esce giovedì mattina. Ed è un vero e proprio fulmine a ciel sereno considerando che da anni la morte di Tupac era considerata un fatto ormai dimenticato, senza un colpevole.
La polizia ha perquisito una casa a Henderson, a poca distanza da dove il rapper cade ucciso a colpi di arma da la notte del 7 settembre 1996. La casa appartiene al 60enne Duane Keith Davis, che all’epoca aveva dichiarato pubblicamente di avere assistito all’aggressione. E in un secondo momento di avere condiviso la macchina con l’uomo armato che avrebbe ucciso Shakur.
Una dichiarazione cui all’epoca, e non si sa perché, la polizia di Las Vegas aveva deciso di non dare alcun peso ritenendo che l’uomo stesse semplicemente cercando di farsi della facile pubblicità per andare sui giornali e vendere qualche intervista.
In realtà Duane Keith Davis resta uno degli elementi chiave di questo fatto di sangue se non il testimone per eccellenza considerando anche i suoi rapporti personali con quello che a oggi è stato l’unico sospettato dell’omicidio di Tupac, Orlando Anderson, un membro di una gang locale che inizialmente sembrava essere coinvolto nella sparatoria. Ma che qualche mese dopo è rimasto ucciso in un altro conflitto a fuoco tra gang.
La polizia avrebbe sequestrato note scritte a mano, computer, hard disk, appunti ma anche registrazioni, cd-Ro, e interi documentari l’omicidio di Tupac Shakur salvati su videocassette e supporti digitali.
Il mandato è stato approvato dal giudice della contea di Clark Jacqueline M. Bluth, che ha anche autorizzato la polizia a sequestrare qualsiasi oggetto che potesse collegare Duane Keith Davis, soprannominato Keffe D, ai Southside Crips, una banda di strada di Compton, Los Angelese in qualche modo coinvolta in un violentissimo dissing con altri rapper che aveva coinvolto anche Tupac.
Secondo il mandato, le autorità hanno sequestrato tre iPad, sei computer, un iPhone, un disco rigido, undici cartucce calibro 40, una copia di uno dei libri pubblicati di Davis nel 2019, oltre a un certo quantitativo di droga.
Il libro di Davis Compton Street Legend: Notorious Keffe D’s Street-Level Accounts of Tupac and Biggie Murders, Death Row Origins, Suge Knight, Puffy Combs, and Crooked Cops, contiene materiale ritenuto interessante che riguarda la morte di Shakur. Tra le pagine c’è anche la descrizione di una testimonianza che parla dell’omicidio in presa diretta che sembra scritta in prima persona da Davis.
La polizia di Las Vegas che inizialmente aveva preferito non rilasciare alcuna dichiarazione, al termine della perquisizione ha confermato che le indagini sull’omicidio del popolarissimo rapper di California Love sono ufficialmente riaperte. Anche perché l’omicidio non ha alcun termine di prescrizione in Nevada.
La notte del 7 settembre 1996, Tupac è a Las Vegas per assistere a un match di boxe di Mike Tyson ma rimane coinvolto in una rissa con il nipote di Davis, Orlando Anderson. Poche ore dopo, quando sta dirigendosi verso un night-club, all’angolo tra Flamingo Road e Koval Lane, Shakur – su una BMW guidata dal capo della Death Row Records, Suge Knight – viene affiancato da una Cadillac bianca. Si scatena una sparatoria e Shakur è colpito quattro volte. Morirà cinque giorni dopo allo University Medical Center. Suge Knight uscirà dall’auto leggermente ferito: ma vivo.
Lo stesso tipo di pistola usata nella sparatoria, una Glock, finisce in un borsone nel cortile della fidanzata di uno degli amici intimi di Anderson. La borsa conteneva anche un indirizzo postale di Las Vegas solitamente frequentato da Anderson.
Lo stesso Anderson doveva comparire a testimoniare. Ma muore freddato in una sparatoria tra gang non correlata alla morte di Shakur un anno e mezzo dopo: aveva 23 anni. Con il principale indiziato sottoterra e tutti i testimoni che si rifiutano di collaborare, l’indagine non ha mai fatto significativi passi avanti. Fino all’altro ieri.
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