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Curiosità

Tony Bennett, tutti gli aneddoti indimenticabili di un artista leggendario

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La morte di Tony Bennett, ufficializzata ieri, ha destato profondo cordoglio nel mondo musicale dove il cantante – 96 anni – era amato e rispettatissimo

Difficile trovare un personaggio più trasversale di Tony Bennett. perché, come abbiamo cercato di raccontare nel post che ha raccontato solo alcuni aspetti della sua infaticabile e curiosa ricerca artistica, il crooner era davvero amato da tutti. Un po’ per il suo carattere solare e divertentissimo.

Un uomo che era entertainer anche quando stava giù dal palco e si limitava a chiacchierare con gli amici o gli amici dei figli. E poi perché nella vita ha avuto modo di collaborare con chiunque: grandi jazzisti, straordinari cantanti lirici, sguaiati musicisti grunge e punk, popstar di ogni ordine e grado.

Nell’incredibile umiltà di chi riteneva di avere sempre qualcosa da imparare da chiunque, Bennett anche alla soglia dei 90 anni, insisteva a collaborare con personaggi che molti suoi coetanei non avrebbero avvicinato nemmeno da lontano.

Voleva suonare con i Nirvana

Rimpiangeva di non avere fatto una versione ‘standard’ di Smell Like Teen Spirit dei Nirvana, perché era una canzone molto amata dai suoi figli. E quando conobbe Dave Grohl ebbe modo di dirglielo: “Adoro la rabbia di quella canzone, anche se non mi appartiene più da tempo…” e Dave, sbigottito gli disse… “Ma tu sei Tony Bennett, tu non puoi cantare quella roba”.

La risposta di Bennett fu un sorriso: “Tu non hai idea di che cosa canto sotto la doccia. Ma se vieni a cena a casa mia ti faccio sentire…” E due giorni dopo, a cena, Bennett mise sul piatto un disco dei Ramones: “Sono già morti tutti… cosa darei per fare un disco con loro e con Blondie”.

Con Deborah Harry e Chris Stein incise due canzoni due anni dopo: e su quei brani, alla batteria, c’era proprio Dave Grohl.

Tony Bennett, un bimbo in pasticceria

Bennett aveva la naturalezza e l’entusiasmo di un bambino in pasticceria. Se alla radio passava una canzone che gli piaceva era capace di telefonare all’autore e chiedergli di fare qualcosa insieme. Quando scrisse personalmente a Lady Gaga, della quale la sua seconda figlia era una fan accanitissima, le chiese simpaticamente di fare qualcosa insieme… “Anche se sono vecchio, non puoi deludere mia figlia”.

Lady Gaga e Bennett vinsero un Grammy a testa per la loro collaborazione e diventarono grandissimi amici nonostante i quasi cinquant’anni di differenza.

Nessuno come Bennett, nemmeno Sinatra che gli invidiava la sua duttilità, è riuscito a rappresentare il vero mondo dei crooner. Artisti e intrattenitori, un po’ cantanti e un po’ imbonitori, capaci di cantare per quattro ore senza che nessuno del pubblico si alzasse dalla sedia. La sua lista di capolavori è infinita: ha duettato con Paul McCartney, Elton John, Dixie Chicks, Sting, Bono, John Legend e Billy Joel.

Fiori sulla stella di Tony Bennett nella Walk of Fame di Hollywood – Credit ANSA (velvetmusic)

Droga e pallottole

La sua vita è stata una incredibile passeggiata tra successi indimenticabili. Ma ha attraversato anche drammi profondi. Famiglia modesta la sua, che lui aiuta facendo il cameriere nelle molte trattorie italiane di Brooklyn: le mance quando canta gli arrivano a pioggia.

Poi nel 1944 si arruola volontario e viene spedito al fronte in Europa. Viene ferito: due volte, e dopo il secondo proiettile è catturato e, visto che era italiano, viene considerato un traditore e chiuso in un campo di prigionia durissimo. Una volta liberato partecipa a una incursione a Dachau liberando numerosi prigionieri. Ma anziché una medaglia lo degradano: perché mangiava nella stessa mensa dei soldati di colore, alcuni dei quali erano suoi amici.

Anche per questo nei primi anni ’60 rischia la pelle partecipando a tutte le manifestazioni antisegregazioniste con i fedelissimi di Martin Luther King. Lui, un bianco, di origine italiana per giunta. Ricevette minacce di morte per oltre due anni e i suoi concerti erano presidiati per timore di incidenti.

Furono anni difficili anche da un punto di vista personale. La fine del suo primo matrimonio lo getta nelle braccia di alcol e cocaina: una overdose quasi lo uccide. Alcuni biografi sostengono che avrebbe accettato la morte più che volentieri. Ma si salvò. All’epoca Tony Bennett era già qualcuno: il nome se lo era scelto da solo, simile per assonanza al suo cognome, Benedetto. Non sopportava invece quello che gli voleva dare la sua casa discografica…

Joe Bari, pseudonimo con il quale si esibì per qualche anno prima del vero successo.

Tony Bennett, una carriera lunga 70 anni

Dal primo singolo Because of You (1951) Bennett incide di tutto e di più. Swing, jazz con Count Basie, e quando I Left My Heart in San Francisco irrompe in classifica, tutti gli chiedono brani swing. Lui invece studia Gershwin e i grandi del jazz. Va in tournee con Harry Belafonte, anche lui scomparso pochi mesi fa, del quale diventa grandissimo amico e complice in molte cause umanitarie.

Quando tutti gli dicono di stare lontano dal rock, lui decide di avvicinarlo: incide un album con brani di Beatles, Stevie Wonder e Jimmy Webb. E siccome la Columbia, la sua etichetta, non accetta la sua indipendenza, Bennett si autoproduce e registra per conto proprio con un suo marchio: la Improv.
Torna al jazz, si trasferisce in California lasciando New York e ripiomba nelle dipendenze lasciandosi convincere a cantare per molta gente estremamente ricca a Las Vegas. Rischia di nuovo la pelle. Poi a metà anni ’80, quando conosce Susan che diventerà la sua terza moglie, le cose cambiano completamente. Lei ha più di vent’anni meno di lui: “Mi ha dato quelle basi di serenità emotiva che mi sono sempre mancate”. Susan lo avvicina ai giovani e all’esplorazione di nuovi territori.

Tony Bennett con Amy Winehouse un una foto di repertorio del 2011 – Credit ANSA (velvetmusic)

Il dolore per la morte di Amy

Bennett si anche avvicina al cinema e alla TV più popolare. Incide persino per MTV Unplugged, cazzeggia con i Red Hot Chili Peppers dei quali diventa amici lasciandosi coinvolgere in un bizzarro siparietto agli MTV Music Award. E da qui in poi la storia recente è fatta di collaborazioni impossibili la più grandiosa delle quali è quella con Amy Winehouse: “Stava già male, era provata – dirà di lei Bennett dopo la sua tragica morte – erano tutti molto preoccupati. Le ho parlato francamente, le ho detto che la droga mi stava per uccidere e mi aveva tolto la musica. Non ho esagerato quando le ho raccontato che brutta persona fossi diventata spiegandole anche quanto straordinaria credevo che fosse lei. Quando le ho detto a quale cantante si fosse ispirata per le sue interpretazioni. Ne fu colpita. Siamo diventati amici. Amy è stata la più grande artista jazz contemporanea con cui ho lavorato. È davvero troppo tragico che sia morta, non avrei dovuto permetterlo”. Anche il suo duetto per Body and Soul con Amy Winehouse porta un Grammy.

Tony Bennett e Lady Gaga, una collaborazione stellare – Credit ANSA (velvetmusic)

Tony Bennett: le parole di Billy Joel

Tra i suoi più grandi ammiratori Billy Joel, newyorchese come lui, innamorato di Brooklyn e degli italiani: “Tony Bennett è stato uno dei più importanti interpreti della canzone popolare americana tra del XX. Ha portato cantautori che altrimenti sarebbero rimasti sconosciuti a molti milioni di appassionati di musica. La sua era una voce unica che ha creato un passaggio naturale dall’era del Jazz all’era del Pop. Sarò sempre grato per il suo eccezionale contributo all’arte della musica contemporanea. Era una gioia lavorare con lui. La sua energia e il suo entusiasmo per il materiale che stava eseguendo erano contagiosi. Era anche uno degli esseri umani più simpatici che abbia mai conosciuto”.

La meravigliosa versione di Billy Joel e Bennett di New York State of Mind è un capolavoro assoluto.

Non molti sanno che Bennett era anche un appassionato pittore. Negli ultimi anni ha dipinto molto, divertendosi anche con le fotografie e con i telefonini: scattava foto di continuo chiedendo ai nipoti di pubblicarle sui suoi profili social. Le ultime foto lucide – prima che l’Alzheimer diventasse irrecuperabile – sono di scoiattoli che si inseguono sui rami di Central Park e due chitarristi che suonano davanti alla metropolitana.

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