Uomo di rarissima simpatia e con un senso del palco come pochi altri, Tony Bennett è stata la grande alternativa a Frank Sinatra, italiano come lui
“Chiamami Antonio, siamo paesani”. In una delle sue visite italiane che risale ormai a quasi quarant’anni fa Tony Bennett era riuscito a conquistare anche tutti i giornalisti presenti. Merito di una faccia simpatica e inconfondibile, ma anche di un savoir faire che lo rendevano simpaticissimo fin da subito anche a chi non lo conosceva.
E questa battuta – “sono solo un paisà come tanti appena un po’ più fortunato di tutti gli altri” – gli aveva immediatamente conquistato i titoli e le foto più belle. Sapeva come comportarsi non solo davanti al pubblico ma anche davanti alla stampa. Aveva uno stile davvero unico nel suo genere.
Tony Bennett è morto oggi dopo avere combattuto a testa alta per diversi anni contro il morbo di Alzheimer, diagnosticato già nel 2016 e notevolmente peggiorato nel corso degli ultimi mesi.
Tony Bennett in realtà si chiamava Anthony Dominick Benedetto, ed era nato ad Astoria, nel Queens, il 3 agosto 1926. Lascia la moglie, Susan, piiù giovane di lui di 23 anni, i suoi due figli, Danny e Dae Bennett, le sue figlie Johanna e Antonia Bennett e nove nipoti. Oltre a un ricordo di valore inestimabile che ripercorre anni di carriera davvero sfolgorante.
Gli ultimi anni sono stati sicuramente i più duri. Dal 2021 Bennett viveva con la moglie nel suo eremo di New York ma non era più completamente presente a se stesso: “In alcuni momenti non capiva chi era o dove fossimo, ma non appena ascoltava un brano musicale alla radio o allo stereo si accendeva, e improvvisamente in lui tutto lasciava intravvedere la straordinaria classe di un grandissimo artista”.
Proprio per il fatto che il mostrarsi in pubblico potesse essere controproducente per lui, la moglie e i figli negli ultimi cinque anni hanno sempre cercato di proteggerlo evitandogli qualsiasi forma di stress… “perché se non capisce qualcosa, o si accorge di non ricordare, si arrabbia con se stesso. É una cosa che non sembra accettare”.
Ma le ultime immagini, sulla sedia a rotelle in giro per Manhattan, lo mostrano sorridente rispondere al saluto di persone che lo riconoscevano: “Perché mi salutano? Mi sembra maleducato non rispondere” diceva teneramente alla moglie.
Comprensibile. Se si pensa a un uomo di enorme successo, capace di ricordare a memoria un repertorio immenso di centinaia di canzoni.
La sua ultima esibizione in pubblico risale al 30 aprile 2015 al Waldorf Astoria in occasione dell’Hot Pink Party dedicato alla Breast Cancer Research Foundation. Cantò alcune canzoni del suo repertorio stordendo il pubblico con la sua voce inimitabile e una battuta impagabile… “tranquilli, dopo di me si esibiscono quelli più vecchi…”
Bennett aveva il dono di una voce impressionante della quale si accorgono tutti in famiglia fin da quando era un bambino. Dopo le prime esibizioni tra le trattorie del Queens qualcuno riesce a pagargli poche lezioni di canto nel corso delle quali Bennett si innamora del jazz di cui diventa uno dei migliori interpreti a livello mondiale.
Ma il suo primo singolo Because of You è uno swing. E il suo primo grande successo – I Left My Heart in San Francisco – lascia intendere quella che sarà una straordinaria carriera pop. Nel corso della sua iconica carriera, Bennett ha accumulato 20 Grammy Awards tra cui il Premio alla carriera nel 2001 ottenendo il riconoscimento della Grammy Hall of Fame proprio per I Left My Heart in San Francisco nel 1994, oltre trent’anni dopo la sua incisione.
Bennett ha vinto anche due Emmy Awards e nel 2017 è stato insignito del Premio Gershwin da parte del Congresso americano che lo rende il primo ‘cantante interpretativo’ a vincere un’onorificenza di valore eterno.
Timbro potentissimo, degna di un grande tenore, estensione mostruosa con toni bassi vellutati e note alte cristalline, Tony Bennett ha gareggiato con Frank Sinatra del quale è stato amico, ma anche avversario.
Erano i due paisà che avevano avuto successo ma che lo sfruttavano in modo decisamente molto diverso. Sinatra è sempre rimasto legato al suo personaggio, ritenendosi sempre al di sopra dello spazio, del tempo e anche delle produzioni musicali. Bennett no: era un curioso, capace di interessarsi a forme musicali con cui non aveva niente a che fare.
Celebri i suoi duetti che all’alba dei 90 anni lo impegnano per uno dei suoi album più belli di sempre che lo rende l’artista più anziano nella storia della musica pop a registrare un disco che entra in classifica.
“Cosa dici, vuoi cantare con questo vecchietto?” scrive a Lady Gaga che aveva ricevuto un suo messaggio Instagram nel quale Bennett le chiedeva di esibirsi insieme… “Pensavo a uno scherzo” confessò la popstar. Che invece si presenta con lui sul palco nel 2019 in occasione delle nomination all’Oscar per A star is born. All’epoca Bennett aveva 92 anni e la voce di un ventenne.
Lady Gaga non è l’unica pop star con cui Bennett ha lavorato. Gli devono molto Amy Winehouse, i due furono molto legati e ai funerali di Amy Bennett era davvero inconsolabile… “Avremmo dovuto fare di più, avremmo davvero tutti dovuto fare di più” disse singhiozzando al solito giornalista che gli chiedeva una testimonianza.
Incidono con lui Diana Krall, Michael Bublé, Carrie Underwood, Beyoncé e molti altri: inclusi Paul McCartney e Neil Young.
Bennett era un talento comico raro… capace di non prendersi mai completamente sul serio. Altra cosa che lo distanziava enormemente da Sinatra.
Celeberrimo il segmento nel quale Bennett si presenta sul palco degli MTV Music Award insieme ai Red Hot Chili Peppers con tuba, occhiali da sole bianchi, rappando Give it Away e tirando fuori un calzettone identico a quello con cui la band si copriva le intimità quando suonava quasi completamente nuda…
Delizioso il messaggio con cui incoraggiò una timidissima Amy Winehouse durante le registrazioni di Body and Soul… “Tu sei grande, e io lo so. Ma devi saperlo tu. Tu non sai nemmeno quanto sei grande e straordinaria. E devi saperlo, devi proprio convincertene…”
Amy, che qualche tempo dopo sarebbe morta tragicamente, confessò di avere pianto dalla commozione dopo le parole di Bennett.
Uno straordinario uomo di spettacolo. Un immortale. L’ultimo crooner, probabilmente il più grande interprete di sempre della musica jazz, swing e orchestrale.
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