Cambio di programma in corsa per la band statunitense dei Fall Out Boy che sarà in Italia a ottobre con un unico show
È un momento ricco di soddisfazioni per tutti i nostalgici dell’emo o, come è stato definito in seguito, dell’happy punk che ha forgiato una intera generazione a cavallo tra i due millenni.
Intanto c’è il ritorno dei Sum41 che suoneranno quattro date ravvicinate la prima delle quali già questa sera, al Carroponte di Sesto San Giovanni in un concerto che si annuncia molto atteso. Anche perché la band da qualche settimana ha confermato la sua intenzione di sciogliersi entro la fine dell’anno in modo definitivo. La band sarà domani a Rimini e poi ancora a Jesolo sabato 10 giugno.
A ottobre torneranno dopo molti anni di attesa i Blink 182 che suoneranno a Bologna il 6 ottobre. Ma c’è molta attesa anche per i Fall Out Boy, in procinto di ripartire live negli USA questa estate prima di attraversare l’Atlantico.
La band ha in programma due mesi fittissimi prima di suonare in due grandi festival in Giappone e tornare in Europa, ma soprattutto in Italia, dove mancano da molto tempo. Il loro unico appuntamento da noi sarà venerdì 20 ottobre al Mediolanum Forum di Assago (Milano).
Nel frattempo buone notizie anche sul fronte della band che ha riaccolto in squadra il chitarrista e fondatore Joe Trohman, con i Fall Out Boy fin dall’inizio, ancora prima che il gruppo assumesse questa denominazione nel 2001.
Trohman sembra avere risolto i suoi problemi di salute e personali che a gennaio lo avevano portato fuori dal gruppo con un brutto esaurimento nervoso.
“Ciao a tutti, sono ufficialmente tornato – ha scritto il 38enne sulla pagina ufficiale della band – voglio ringraziare tutti per l’amore e il supporto mentre mi prendevo un po’ di tempo per concentrarmi sul mio cervello e stare bene per la mia famiglia, i miei amici e me stesso” .
Trohman ha anche espresso gratitudine per Ben Young, che da sempre lo affianca in tour prendendosi cura dei suoi strumenti e dei suoni. È stato lui a sostituirlo sul palco in questi mesi in cui la band stava presentando il nuovo album.
Il gruppo d’altronde si era sempre rifiutato di sostituirlo a tempo pieno, sperando che Trohman sarebbe tornato: “Sono entusiasta di partire e non vedo l’ora di vedere tutti in tour quest’estate”
Trohman aveva spiegato la sua decisione era diventata necessaria, non nascondendo una storia di abusi legati ad alcol e droga che rischiavano di costargli carissimi: “Gli ultimi anni sono stati difficili e ho sentito il bisogno di staccare e resettare tutto, in particolare me stesso. Anche registrare l’album era stato davvero impegnativo. Non avevo più forze. Quando sei in ballo a questa velocità corri il rischio di esaurirti. E quando ti rendi conto che non ci sono altre soluzioni se non l’autodistruzione, o ti fermi o sei finito. Non volevo essere argomento di lacrime e rimpianti per le persone che mi vogliono bene”.
Trohman non ha mai parlato direttamente di rehab, ma i suoi problemi di dipendenza sono stati molti. Come quelli dei due compagni Pete Wentz e Patrick Stump, anche loro in precedenza costretti a fare i conti con i propri fantasmi.
Il caso di Joe tuttavia è davvero particolare. Affetto fin da ragazzino da disturbi comportamentali, depressione, sindrome ossessiva compulsiva e iperattività, il chitarrista non ha mai fatto mistero delle proprie difficoltà parlando spesso apertamente delle cure cui si sottoponeva e degli studi che alcune università avevano condotto su di lui. Trohman è addirittura arrivato al punto di diventare un grande esperto: conducendo un podcast molto seguito e considerato dal titolo I Hate Myself nel quale ospitava ogni puntata una persona che avesse il coraggio di fare luce sui propri disagi emotivi e mentali.
Ora però tornerà a fare quello che sa fare meglio e che ama di più. Suonare la chitarra in un grande gruppo rock.
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