Un musicista dotatissimo, un vero e proprio artista che ha reso il basso uno strumento in costante evoluzione, è morto a 71 anni il grande John Giblin
“Uno strumento riflette quello che sei. Può eseguire il tuo compitino o affrontare angoli bui e deserti emozionali, il basso sa essere inquietante, festoso, ritmo e melodia. Non c’è niente come il basso. E poi lo amo perché raramente qualcuno si ricorda il nome del bassista….”
Questa frase è tratta da una chiacchierata di venti minuti che chi scrive ebbe il piacere di condividere con John Giblin almeno una ventina di anni fa. Una di quelle interviste che non sono esattamente interviste. E finiscono per diventare una condivisione tra due appassionati, dove uno ha molto da dire e l’altro ha voglia di ascoltare. Giblin all’epoca era tornato a fare quello che amava di più: il turnista.
Era uno dei bassisti più bravi e contesi della scena internazionale. Era scozzese, di Belshill: “Non troppo vicino né troppo lontano da Glasgow” disse sempre in quell’intervista. Aveva 71 anni ed era malato da tempo.
Quando entrò nei Simple Minds qualcuno gli disse che aveva il look giusto. Alto, bello, capello fluente e sguardo tenebroso… “Strano, pensavo di dovere suonare il basso”. Aveva un senso dell’ironia sferzante e acutissimo.
Ma soprattutto era un bassista stratosferico. Sua la linea melodica di Don’t You, singolo di maggior successo della band che non fu inserito nell’album successivo Once Upon a Time dove il suo basso assume un ruolo di assoluto protagonista. Tanto Derek Forbes era profondo, intubato e inquietante, quando John Giblin cominciò a mettere aria, a far respirare lo strumento e a decomprimerlo. Una delle chiavi di lettura che la band avrebbe adottato da lui in poi, a cominciare con Street Fighting Years. Lasciò i Simple Minds all’apice del loro successo, nel 1989 dopo due soli dischi.
“Stare con la band era fantastico ma mi mancavano i ritmi più umani di una vita in famiglia, dovevo dire di no a tanta gente che mi chiedeva di suonare e con cui mi sarebbe piaciuto collaborare. Mi costò molto uscirne dai Simple Minds… ma in qualche modo ci ho anche guadagnato”.
Una volta fuori dal gruppo Giblin collaborerà con tutti i più grandi musicisti di sempre. Suona con Peter Gabriel per il suo leggendario terzo album. Gabriel lo presenta a Kate Bush con la quale suonerà per tutta la vita, sui dischi e nelle rare tournee dell’artista. Compresa quella che la riportò in scena per un solo show memorabile all’Hammersmith Apollo di Londra nel 2014. Andò in tournee con Eric Clapton, Paul McCartney, Eurythmics e Annie Lennox, Phil Collins. Suonò a lungo con Eros Ramazzotti, incise e andò in tour con Claudio Baglioni del quale era buon amico. Ma anche Franco Battiato che era innamorato del suo sound e lo volle insieme a David Rhodes, anche lui con Gabriel e Bush per molti anni.
Tutti condividono un pensiero comune su Giblin, elaborato proprio da Kate Bush: “Era davvero un bell’uomo in ogni senso della parola. Tutti volevano lavorare con lui perché era un grande talento e tutti volevano essere suoi amici perché era una persona meravigliosa. John è stato uno dei miei amici più cari e intimi per oltre quarant’anni. Musicista straordinario, essere umano straordinariamente divertente. Potevamo ridere così tanto… senza pensare ad altro”.
John Giblin suonò con i Simple Minds al Live Aid di Philadelphia. In studio si presentava sempre molto prima degli altri… “Sono un metodico, ho bisogno di tempo e di spazio per fare il mio lavoro. Devo montare le mie cose con calma amo fare tutto per conto mio quando sono in studio. A volte provo il suono anche per un’ora per essere certo che sia quello che amo e che voglio proporre al musicista che mi ha chiesto di collaborare. Un bassista ha uno strumento e una infinita tavolozza di suoni e di sfumature da proporre. Mi piace pensare che mi paga si compri anche quelle”.
Don’t You eseguita dai Simple Minds al Live Aid, Giblin a destra di Jim Kerr
I Simple Minds del tour del 1985 con Giblin al basso per Alive and Kicking
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