Bobby Solo intervista Velvet Music: “Il governo dovrebbe creare una radio di cui dovrei essere io il direttore. Sanremo? Dal 2003 rifiutano le mie canzoni”

Bobby Solo festeggia quest’anno i suoi 60 anni di carriera, dopo un percorso artistico colmo di numerosi successi e di altrettante soddisfazioni. Si tratta infatti di uno degli artisti più amati del panorama musicale italiano che, ancora oggi, rappresenta un vero punto di riferimento per la sfera artistica nazionale.

bobby solo intervista, si racconta
Bobby Solo si racconta (foto: concessa gentilmente dall’artista) velvetmusic.it

Ispirandosi alla musica di Elvis Presley, il cantate è riuscito sempre a fare breccia nei cuori degli italiani e si è adesso raccontato ai microfoni di Velvet Music.

Quest’anno hai festeggiato 60 anni di carriera, un traguardo per te molto importante. C’è qualcosa che pensi avresti potuto, dovuto fare?

Non ho nessun tipo di rimpianto, tutto quello che ho fatto l’ho deciso io senza consigli buoni o cattivi. I ricordi di questi 60 anni sono infiniti, perché non è mai calato l’affetto del pubblico anche in momenti difficili come il periodo del ’75/’76: andavano di moda i gruppi moderni che si esibivano con i ‘capelloni‘, i capelli lunghi e i pantaloni larghi. Il pubblico non mi ha però mai abbandonato e io l’ho sempre amato.

Una lacrima sul viso è una delle tue canzoni più famose. Hai parlato spesso di quando ti rubarono i diritti del brano. Come hai gestito questo episodio?

Ricordo che ho composto questa canzone nel 1963 in soli 3 minuti, mentre mia mamma cucinava. Io ero seduto su un tavolino di marmo e cantavo per lei con un testo mio improvvisato. Quando poi ho conosciuto il papà di Mogol, lui mi ha chiesto se avessi una canzone nel cassetto e io ho riutilizzato questo stesso brano con un testo mio. Mi ha detto: “La musica è molto bella ma il testo è banale“; mi ha così presentato suo figlio Mogol e ha scritto lui le parole del testo. Quando ci incontrammo per la prima volta lui mi disse che non aveva avuto tempo per scriverle e mi propose di lavorarci in 15 minuti in macchina. Lui ha sempre avuto questa capacità: in 15 minuti riesce a comporre il testo di una canzone. Mentre guidava, io interpretavo le note e lui mi diceva cosa scrivere.

bobby solo intervista, si racconta
Bobby Solo si racconta (foto: concessa gentilmente dall’artista) velvetmusic.it

L’età minima per comporre le canzoni nello statuto SIAE è 16 anni; io ne avevo 19 e mezzo. A settembre feci quindi il bollettino con Mogol e lo depositammo alla SIAE; a novembre Gianni Lavera creò inoltre uno spettacolo a Milano che si chiamava Ribalta per Sanremo. Fu proprio lui ad ascoltare la mia voce e a definirmi per la prima volta “una miniera d’oro“; mi propose di diventare il mio manager e di portarmi subito a Sanremo. La casa discografica lo seppe e mi imbrogliò: mi dissero infatti di essere troppo giovane, e mi consigliarono di strappare quel bollettino SIAE e di far firmare il brano al loro direttore artistico. Dissero inoltre che quest’ultimo mi avrebbe dato tutti i soldi, tolto il 25% di tasse. Non ho invece ricevuto nulla, solamente una briciola. Grazie a Red Ronnie e a Mogol, nel 1992 siamo riusciti a convincere il direttore artistico – che era intanto scappato in miseria in Brasile – a tornare e a restituirmi la canzone.

Si vocifera che avresti voluto partecipare al Festival di Sanremo 2023, ma che il tuo brano non è stato selezionato. Come hai preso questa decisione di Amadeus?

Presentiamo ogni anno canzoni e, dal 2003 (quando sono andato a Sanremo con Little Tony), le hanno sempre rifiutate ma non è un problema. Per me è come quando vado a giocare il grattavinci e non vinco: non mi preoccupo più di tanto. Io ho un agente televisivo leggendario, Nicodemo: lui è un fenomeno, è potentissimo e con lui faccio tanta televisione. Quindi anche senza Sanremo vivo benissimo. Il Festival di quest’anno non l’ho guardato proprio; io vivo nella mia musica anni ’50 rock, blues, jazz e country. A parte le mie canzoni classiche che devo fare per forza, io canto anche Johnny Cash, Elvis Presley e Frank Sinatra. La musica moderna non la critico, ma non la ascolto perché non fa parte di me. Amo le cose del passato.

Cosa pensi dell’attuale panorama musicale italiano? 

I giovani sono per me ragazzi adorabili, ma il problema della musica odierna nasce dalle radio che hanno milioni di telespettatori. Le radio non passeranno mai canzoni del passato perché loro da questa musica moderna che trasmettono – non facciamo nomi – prendono una percentuale molto alta dalla SIAE, e preferiscono quindi guadagnare questi soldi dalla SIAE. Queste povere creature di 14 anni che comprano un pianoforte o una chitarra, non potranno mai ascoltare musica d’autore alle radio, come invece era accaduto a un giovanissimo Elvis Presley che si ispirava al genere country, blues, jazz trasmesso nelle radio.

bobby solo intervista
Bobby Solo si racconta (foto: concessa gentilmente dall’artista) velvetmusic.it

Tutta questa musica era entrata nel suo cervello da 12enne e creava in lui un fondamento di cultura. Adesso le radio preferiscono invece prendere soldi solo da musica odierna, perché guadagnano di più. Il governo dovrebbe creare una radio – di cui dovrei essere io il direttore – che parla ai giovani e che faccia ascoltare la musica che dico io. Questo è un grosso guaio per la cultura.

Qual è invece la tua opinione sui talent show? Pensi che ci siano artisti, usciti talent, che abbiano avuto successi immeritati?

Il mondo dei talent è sbagliato, perché l’unico giudice deve essere il pubblico. “La voce del popolo è la voce di Dio“, dicevano i latini. E’ il pubblico che deve scegliere un talento, non dieci persone cosiddette esperte. Da questi talent c’è il collegamento con dei potentissimi manager e delle potenti case discografiche, che lavorano e guadagnano sull’artista. Domenico Modugno, Tony Renis, Gianni Morandi, Adriano Celentano, Mina non hanno mai partecipato ai talent show; cantavano da giovani nei locali a Milano e il pubblico aumentava ogni giorno di più, tanto da essere selezionati da manager o case discografiche.

Io sono stato chiamato diverse volte a partecipare come giudice in qualche talent, ma ho sempre rifiutato. Il mio pensiero è questo: se a me piace il jazz e viene un giovane che canta invece il rock, io gli do come votazione 0. Non ha assolutamente senso, chi conta è il pubblico non i cosiddetti esperti. A cosa serve l’esperienza? A niente, perché ognuno ha i propri gusti. Non servono affatto i talent; servono solo ad incanalare nel mondo dello spettacolo dei giovani su cui – in futuro – si potrà guadagnare.

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