Abbiamo intervistato in esclusiva Silvia Mezzanotte, ex voce dei Matia Bazar che lo scorso 19 maggio ha pubblicato il suo nuovo singolo da solista, intitolato Lasciarmi andare.
Lo scorso 19 maggio, l’ex voce dei Matia Bazar Silvia Mezzanotte è tornata in radio con il suo nuovo singolo da solista, intitolato Lasciarmi andare, canzone autobiografica che rivela i tratti di una donna consapevole dei propri limiti e potenzialità, con la voglia di rimettersi in gioco dicendo addio con affetto al suo passato, per vivere appieno il suo presente. Di questo e molto altro abbiamo parlato proprio con Silvia Mezzanotte in questa intervista esclusiva…
Il 19 maggio è uscito il singolo Lasciarmi andare, una canzone con sonorità moderne elettro-rock e radio-friendly, ben accolta da pubblico e critica. Cosa significa per te questa canzone?
“Questa canzone per me rappresenta una rinascita, una ripartenza con uno stile diverso ma che mi consente di restare me stessa nel mio modo di essere e di cantare. Il cambiamento avvenuto negli ultimi due anni nella mia esistenza mi ha portato a prendere una serie di decisioni importanti, dall’addio ai Matia Bazar alla partecipazione a Tale e Quale. La conoscenza con Antonio Salvati, patron della casa discografica Rosso al Tramonto, mi ha aiutata poi a rimettermi in gioco con l’aiuto di giovani producer e autori e a cantare in una maniera diversa, pur conservando la volontà di raccontare quello che voglio. Rosso al Tramonto è un’etichetta indipendente composta da gente giovane, che mi ha aiutata a scegliere brani che mi rappresentassero e a cantarli in modo radio-friendly. Il video è stato realizzato da un giovane regista underground, Beppe Gallo, e la scelta di un regista giovane è stata appagante, anche perché il video ha avuto un ottimo riscontro in termini di visibilità. Il regista, nei miei confronti, aveva una sorta di riverenza ‘irriverente’ tipica dei giovani, perché ascoltava le mie canzoni con i Matia Bazar da giovanissimo. Mi ha scattato 5000 fotografie che mandava alla mamma, la mia vera fan! (ride, n.d.r.) C’è stato un bel connubio: un mondo giovane che rispetta quello che io sono e lo spessore delle cose che io voglio dire. A lui ho chiesto di raccontarmi nel video senza fronzoli, visto che la canzone parla di una donna che si guarda allo specchio ‘senza photoshop’, con la consapevolezza dei propri pregi e difetti, vittima e carnefice allo stesso tempo. Quella di Lasciarmi andare è una storia che appartiene a tutti, soprattutto alle donne, perché parla di rialzarsi nei momenti di difficoltà. Le ferite diventano cicatrici e portarsi dietro tutto il bagaglio del passato è pesante”.
Abbiamo parlato prima di ripartenza e accennato all’esperienza con i Matia Bazar. Due anni fa, è arrivata la tragedia della morte di Giancarlo Golzi. Cosa ricordi di quel periodo e cosa ti ha spinto a ritornare con questo progetto da solista?
“La scomparsa di Giancarlo Golzi è stato un uragano, perché tra noi c’era un rapporto prima di tutto amichevole, anzi, potrei dire fraterno. Avevamo tanti altri progetti da portare avanti, è stato un vero fulmine a ciel sereno. C’è stato un periodo di silenzio in cui abbiamo cercato di riprenderci, abbiamo cercato di verificare se ci fosse ancora un’intesa umana e artistica per andare avanti, ma senza Giancarlo non era più così. Ci mancava un pezzo fondamentale per riaggiustare un vaso ormai rotto, quel pezzo in grado di garantire la tenuta del vaso. Io, poi, la mia dimensione solista non l’ho mai interrotta dal 2010: l’ho portata avanti in teatro, con la mia accademia The Vocal Academy e nei live”.
Sappiamo che il tuo prossimo album, intitolato 5.0, uscirà entro la fine del 2017. Cosa puoi anticiparci?
“Il disco 5.0 sarà un concept album che seguirà il tema di Lasciarmi Andare, raccontando chi sono io a 50 anni, in questa nuova fase della mia vita in cui la volontà è quella di essere al passo con i tempi ma cantando le cose che deve cantare una donna con una certa consapevolezza e maturità. Sto cercando penne magiche tra gli autori, giovani e meno giovani, conosciuti e meno conosciuti, ma che abbiano voglia di costruirmi canzoni su misura. Voglio confrontarmi con gli autori. Io sono orgogliosamente un’interprete perché ognuno ha il proprio talento e il mio non è la scrittura. Non mi piace mettere bocca sulla scrittura se non per far capire quello che vorrei fosse scritto su di me. In italia ci sono tanti autori bravi, l’obiettivo è quello trovare qualcuno che traduca in poesia musicale i miei pensieri. Il disco 5.0 riprende il numero 50, come i miei anni. Spesso a quest’età si arriva con paura degli anni che avanzano, invece io le rughe le porto con orgoglio perché corrispondono a un benessere interiore”.
Nel 2016 hai partecipato e vinto a Tale e Quale Show. Che esperienza è stata per te?
“Per me è stata una scommessa, perché io non ho mai fatto imitazioni, neanche da bambina. E sono sempre stata timida. Ho detto dentro di me: ‘Proviamo!’. Ho lavorato tantissimo, forse tra tutti sono quella che ha richiesto più lezioni di tecnica. Spogliarmi ed entrare nei panni di queste grande voci mi ha aiutato a livello caratteriale, abituandomi all’idea di un cambiamento che prima per me era un’idea forzata. Il vincitore assoluto per me sarebbe dovuto essere Tullio Solenghi, che era ed è un grande mito per me. Sono rimasto sorpresa di aver vinto, tanto che al momento della proclamazione ho chiesto a Carlo Conti se ci fossero errori nel punteggio (ride, n.d.r.). Da lì si sono aperte tante possibilità”.
Se pensiamo a Silvia Mezzanotte in tv, però, pensiamo a lei sul palco dell’Ariston a Sanremo. Torneresti? Ci sono già programmi in vista di Sanremo 2018?
“Non mi dispiacerebbe, ma serve la canzone giusta. Non è detto che nella ricerca delle canzoni per l’album 5.0 non salti fuori la canzone giusta. Io non mi nego alcuna possibilità, ma in questo momento io sono più concentrata sul cercare le canzoni giuste che raccontino me. Scrivere o pensare ad una canzone finalizzata ad arrivare a Sanremo non paga a mio avviso”.
Dalla tv alla dimensione live. Sappiamo che hai in programma il tour estivo Regine, in cui porterai sul palco le grandi voci della musica italiana e internazionale. Puoi dirci di più?
“Io sono un’interprete. Nel mondo esiste la musica bella e la musica brutta; io ho scelto di cantare la musica bella. Nei miei prossimi passi mi auguro di cantare musica bella inedita, ma io porto con me grandi canzoni di grandi voci femminili che mi hanno aiutato a crescere personalmente nella vita. Io, già da bambina, avevo una passione per le voci femminili italiane e straniere e in questo spettacolo ho deciso di rivisitare le canzoni di queste artiste in chiave pop-rock. Le mie regine hanno messo da parte l’abito da sera per indossare i pantaloni di pelle ed il giubbotto borchiato. Anche loro sono 5.0! (ride, n.d.r.). Ho fatto anche alcune scelte rischiose sui brani da portare nelle piazze perché accanto a pezzi molto popolari ci sono altre canzoni meno note ma di grande spessore che raccontano la grande anima delle donne di cui parlo. Il pubblico di piazza resta lì se capisce quello che fai e, quindi, serve un racconto lineare. Questo è quello che io provo a fare. I tanti attestati positivi mi hanno fatto capire che i brani che colpiscono di più il pubblico sono proprio quelli meno conosciuti”.
Abbiamo parlato delle voci del passato, ma cosa ne pensa Silvia Mezzanotte della scena attuale della musica italiana?
“Il mondo della musica è molto, molto cambiato. La scena attuale della musica italiana è la conseguenza di ciò che è successo in questi anni, che ha cambiato il concetto di progettualità. Internet ha portato tante cose estremamente positive, ma anche cose negative. Una di queste è la fruizione gratuità della musica, che ha mandato in crisi la progettualità delle case discografiche, che hanno visto calare ulteriormente le entrate dai dischi. I talent, inizialmente snobbati dalle case discografiche, sono stati poi avvicinati dalle stesse perché la tv garantiva una visibilità praticamente gratuita agli artisti su cui volevano puntare. La conseguenza? I progetti devono costare poco e, in linea di massima, sono usa e getta. Sono pochi quelli che riescono a sopravvivere; è difficile restare a galla e, solitamente, ci riesce chi ha attorno persone in grado di guidarle o chi ha già alle spalle un periodo di gavetta. Emma Marrone, ad esempio, si capiva benissimo che aveva molto da raccontare e che sarebbe rimasta sull’onda fortunata. Lei, però, era già più grande e aveva una storia personale dietro che l’aveva rinforzata. Per i giovani non ci sono tante altre opportunità, ma un giovane che si avvicina a questa dimensione deve già avere bene in mente cosa è, da dove viene e dove vuole andare. Personalmente vedo tanto talento, ma noto che è più complicato avere la consapevolezza di cosa si vuole diventare perché c’è molta superficialità. Ad esempio, incontro tanti giovani che cantano bene ma che spesso non sanno di cosa stanno parlando perché non vanno in profondità. A me capita spesso di incontrare persone che scrivono molto bene, ma che hanno poche opportunità. I cantautori sono ancor più penalizzati oggi, perché per loro c’è ancora meno spazio nei talent perché non hanno magari una voce eclatante o la voglia di esporsi. Partecipare ad un talent significa che se devi litigare devi litigare, se devi gridare devi gridare, se devi piangere devi piangere. Io, ad esempio, non ho questo tipo di carattere”.
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