Abbiamo contattato in esclusiva Silvano Albanese, in arte Coez, per parlare del suo nuovo album Faccio un casino, pubblicato lo scorso 5 maggio. Il disco è stato prodotto assieme a Niccolò Contessa de I Cani e a Sine e vede la partecipazione di Gemello, Gemitaiz e Lucci. Il video della titletrack ha superato le 100mila visualizzazioni in meno di 24 ore.
Il 5 maggio scorso è uscito il quarto album di Coez, il primo dopo la separazione dall’etichetta discografica Carosello, intitolato Faccio un casino. Il disco, prodotto dal cantante assieme a Niccolò Contessa de I Cani e a Sine, ha debuttato al terzo posto in classifica Fimi. Tra le dodici tracce spiccano i featuring con Gemello, Gemitaiz e Lucci. Abbiamo contattato telefonicamente Coez (che sabato 20 maggio ha celebrato i 10 anni dei Brokenspeakers con una serata-evento al Villaggio Globale a Roma) per discutere dell’album e tanto altro…
Come hai accolto la notizia del terzo posto in Classifica Fimi al debutto dell’album?
“Avevo fatto quattro in store, sapevo che l’album non sarebbe partito al primo posto perché non ho spinto la gente a comprarlo subito. Il terzo posto mi sembra un buon risultato, forse mi aspettavo un secondo posto magari. Il mio non è un pubblico che corre a comprare il disco appena uscito, spero invece che sia un album che continuerà ad essere acquistato e, soprattutto, ascoltato. Il disco, tra l’altro, ha esordito al primo posto nella classifica dei vinili. Penso che il progetto sia partito veramente bene, sto facendo dei numeri che non ho mai fatto. Personalmente, sono molto attaccato alla dimensione live ed il sold out a Villa Ada con un mese e mezzo d’anticipo lo avverto come un segnale importante per me, che non sono mai stato un artista da hit single. Tutto quello che sta succedendo mi rende abbastanza fiero”.
Come mai la separazione da Carosello?
“Oggi come oggi, se non sei un artista che va spesso in radio o tv, come ad esempio non sono io, l’apporto al progetto che può darti un’etichetta è poco. Carosello mi ha aiutato tanto, ma il mio è un percorso che si è espanso a macchia d’olio. Oggi un artista può benissimo avere un suo percorso senza il supporto di un’etichetta. Anzi, per il tipo di disco ed il lavoro che stiamo facendo attorno ad esso, questo era l’album giusto da far uscire da indipendente. Il team che mi seguiva in Carosello c’è ancora, l’unica cosa che cambia è che adesso l’investitore sono io”.
Hai citato radio e tv, fino a poco tempo fa canale ‘obbligato’ per un’artista che volesse emergere. Ora, invece, la situazione appare diversa. Che ne pensi?
“Io faccio l’esempio di Salmo, che è un mio amico e che stimo molto anche a livello artistico. Lui ha fatto dischi e si è creato uno zoccolo duro alla vecchia maniera, coi concerti, e poi sfruttando il web, senza radio o tv. Dipende dal progetto che hai in mano perché ci sono certi dischi che effettivamente vanno lavorati in una major”.
Una delle principali novità dell’album è il coinvolgimento importante di Niccolò Contessa de I Cani. Nel progetto From the Rooftop avevi già mostrato il tuo apprezzamento per la scena che viene generalmente definita ‘indie pop’, proponendo una cover di Cosa mi manchi a Fare di Calcutta…
“Ma, guarda, io appena ho sentito Cosa mi manchi a fare, l’ultima cosa che ho pensato è che fosse un pezzo indie. Poi, che Calcutta abbia un pubblico di riferimento o una scena di partenza che viene chiamata generalmente indie, beh, quello è un altro discorso. Cosa mi manchi a fare è un pezzo pop, bello. Punto. Io non mi sono dato l’etichetta indie, me la stanno dando adesso solo perché c’è Contessa nell’album. Io la chiamerei semplicemente ‘nuova musica italiana’. Se uscisse adesso De Gregori, lo chiameremmo forse indie? Io non so se io preferisco pop, rap, indie. Siamo arrivati ad un punto in cui un artista, come me ad esempio, ha ormai talmente tante influenze che una cosa non esclude l’altra. Poi, che su Spotify io prenda la copertina Indie o stia nella Classifica Indie a me fa comodo, ma io non mi sento un artista indie. E non credo che con Contessa abbiamo fatto pezzo indie. Io faccio sempre la ‘roba’ mia, stavolta però la faccio con Contessa”.
Il tuo disco è, appunto, un mix di tante influenze e presenta al suo interno pezzi più melodici e altri – come la canzone Still Fenomeno che apre l’album – più prettamente rap. Come hai raggiunto l’equilibrio tra queste due direzioni?
“Io non lo so se quello che cerco quando faccio le canzoni sia un equilibrio, ho tante tecniche a mia disposizione e le ho volute mettere tutte in questo disco, anche a livello di atmosfere. Quando ascolti l’album, sì, si può avvertire la sensazione che contenga canzoni che quasi non potrebbero stare nello stesso disco per quanto sono diverse. Ma invece ci stanno. Io sono stato sempre vittima di questa cosa, me ne hanno fatto sempre un problema. E stavolta mi sono detto: ‘Stica*zi!’. Non vorrei usare parole troppo forti, ma quando penso a questo disco la parola che può venirmi in mente è ‘consacrazione’, perché è un album che racchiude tutto quanto il mio percorso. Qualsiasi fan che abbia apprezzato almeno una fase del mio percorso, può ritrovarla in questo disco. E la collaborazione con Contessa e Sine è un ulteriore passo avanti”.
Quando hai scritto ‘La musica non c’è’, il giorno del tuo compleanno passato, avevi preannunciato su Facebook che sarebbe stata una ‘bomba’. Senti sia questa la canzone più iconica dell’album oppure, per i motivi che abbiamo detto prima, è un disco che va ascoltato per intero per essere ‘capito’?
“Io conosco il mio pubblico e sicuramente quella sarà la canzone che, anche senza spinta, mi porterà più numeri. Allo stesso tempo, però, credo che il pezzo più iconico sia il singolo con cui siamo usciti, Faccio un casino, che probabilmente è anche il mio preferito. Un pezzo come Faccio un casino credo sia più difficile da trovare in Italia perché è una canzone d’amore, con uno ‘struggle’ dentro ma allo stesso tempo ‘up’. Un po’ come fu Siamo morti insieme, ma anche all’epoca andò meglio Lontana da me. La musica non c’è è comunque uno dei miei pezzi preferiti di sempre e sono sicurò andrà bene”.
Come mai la scelta dei tre featuring con Gemello, Gemitaiz e Lucci?
“Ho voluto mettere tutto il mio gruppo di riferimento dentro questo progetto. In questo disco ho ripreso tutti i miei vecchi produttori, persone con cui c’è da sempre un grande rapporto d’amicizia, con cui ho sempre avuto piacere a collaborare e che hanno contribuito alla mia crescita, anche a livello di ascolti. Gemello, Gemitaiz e Lucci sono amici, ma li ho scelti perché spaccano!”.
Detto che i confini del rap, oggi, sono sempre più labili, qual è il tuo pensiero sulla scena attuale?
“Io penso che con la trap si stia assistendo, forse, ad una terza ondata del rap. Quelli che stanno spiccando di più, in questo senso, sono Ghali e – nel suo essere outsider – anche la Dark Polo Gang, che sta facendo numeri incredibili. Penso che alcuni di loro dovranno confermarsi, cosa in cui non riescono tutti. Hanno però una buona base, c’è abbastanza hype nei loro confronti. Io, personalmente, sono fan di altri outsider del rap, come Carl Brave e Franco 126. Quello che fanno loro è una ‘roba’ che a me personalmente interessa di più, anche per età. Forse comincio ad essere troppo grande per comprendere a pieno la trap! (ride, n.d.r.)”.
Photo credits: Ufficio stampa – Magliocchetti