La cantante milanese sarà la protagonista di “Evita”, il musical di Andrew Lloyd Webber e Tim Rice con adattamento italiano di Massimo Romeo Piparo, che per la prima volta in assoluto lo ha “trasformato” in italiano. Liberamente ispirato alla vita della moglie del presidente argentino Juan Domingo Peròn, amatissima dai suoi sudditi fino alla morte, avvenuta per un tumore a 33 anni, è una vera e propria “opera rock” con 27 canzoni tutte da scoprire. Piparo infatti ne ha tradotto nella nostra lingua gli splendidi testi.
Anteprima al Teatro Team di Bari il 4, 5 e 6 novembre. Debutto il 9 novembre al Teatro della Luna di Milano e poi Genova, Firenze, Roma, teatro Sistina e Trieste. Si preannunciano intensi i prossimi mesi per Malika Ayane, voluta fortemente da Massimo Romeo Piparo proprio per questo ruolo. “Era la mia prima scelta”, ha confessato lui, “e fortunatamente mi è andata bene. La mia Evita è lei”. Lo spettacolo si avvarrà di un’orchestra dal vivo guidata dal maestro Emanuele Friello, cosa che ha reso particolarmente felice la Ayane, nata come violoncellista al Conservatorio di Milano. Molto amata dal pubblico per la classe e le suggestioni della voce, non ha fatto mistero di trovare questa esperienza elettrizzante e “preoccupante” al tempo stesso.
“Sia chiaro, preoccupante perché questo è un personaggio di grande carisma e quindi va reso alla perfezione. Per esserne all’altezza, visto che è una delle cose musicalmente più complesse che abbia mai ascoltato, mi sono rimessa a studiare e mi sono fatta seguire da un’insegnante come quando ero ragazzina. Ci vuole un’estensione parecchio ampia che richiede un impegno vocale non indifferente. Un impegno che farebbe impallidire anche la più provetta delle cantanti. Sono molto contenta di partecipare a uno spettacolo che riporta la complessità musicale su un piano semplice e “di massa”. E’ una grande occasione per arrivare a tanta gente”.
Cosa rappresenta per te Evita?
“Evita è una donna pazzesca, un personaggio che è esistito realmente e che quindi non si può classificare tra i “buoni” e i “cattivi” perché è pieno di sfumature. E’ complessa, ha tutte le sfaccettature tipiche degli esseri umani. E’ innegabile che sia stata una pioniera, è partita come un treno, e non per ambizione personale, senza farsi fermare da nulla e ha reso possibili cose allora impensabili. Credo che sia un modello fortemente edificante. Certo, la sua infanzia è stata difficile, la sua passione è nata anche dalla voglia di riscatto. Per entrare nel suo personaggio, non avendo avuto quel vissuto, ho dovuto tirare fuori tutta la mia forza. Non credo però che servano dei grandi drammi per sviluppare un senso della giustizia o fare del proprio meglio per raggiungere un risultato. Ho studiato il personaggio, ho capito che sono forte abbastanza. Sono una cantante, la passione è parte di me. Sono donna, italica e mediterranea. Mi sento Evita nella sua persona, indipendentemente dal suo vissuto”.
Evita è stata anche un personaggio controverso. Si vede nel musical?
“Certo, infatti vengo insultata parecchio. Se fossi particolarmente sensibile all’immedesimazione visto che ricevo insulti ogni tre scene, tornerei a casa tutte le sere in lacrime. Ma alla fine ci sta, lo spettacolo è stupendo, la musica è stupenda e vale la pena davvero far vivere un personaggio così potente. Il fatto che ho dovuto affrontare una formazione specifica per arrivarci è un esempio di come non si smetta mai di vivere nuove esperienze.”.
Hai notato differenze tra interpretazione musicale e teatrale?
“Io nasco alla Scala, sono cresciuta lì, in teatro e questo sicuramente è stato fondamentale per affrontare questa esperienza. La difficoltà esiste perché non sono “me” ma sul palco per due ore sono “qualcun altro”. Però anche quando canto un qualsiasi brano sto interpretando qualcosa di diverso da me perché non è detto che tutte le canzoni abbiano risvolti autobiografici. Per fortuna il meccanismo dell’interpretazione presente nelle canzoni aiuta a esprimere i sentimenti e trovare la chiave per immedesimarsi con molta più facilità”.
Cosa hai studiato alla Scala?
“Io cantavo da soprano drammatico ma non volevo fare la cantante lirica è che per studiare la musica quando ero piccola io c’era solo il Conservatorio come scuola certificata. Gli istituti musicali riconosciuti e soprattutto seri non erano molto diffusi e il canto che si studia al Conservatorio veniva da un repertorio “classico”. Si poteva arrivare a Gershwin ma affrontato con un atteggiamento accademico. Negli anni poi la mia estensione e il mi timbro sono cambiati e sono dovuta tornare a studiare per affrontare i picchi che la parte richiede. Questo mi ha anche provocato ultimamente un po’ di insonnia.”
Che succede di notte?
“Che dormo dalle undici alle due, poi, come succede anche nella scena 27 del musical Evita, arrivano le visioni. C’è stato un periodo in cui stavo studiando e quindi ascoltavo tanti dischi. Ecco, in quel caso c’era Ricky Martin che popolava i miei sogni con quella sua voce pazzesca e mi teneva sveglia con i temi del “Che”, Che Guevara intendo. So che questo accade perché ogni giorno continuo a scoprire cose nuove e la cosa mi provoca emozioni quasi primitive, infantili, perché affronto tutto con grande entusiasmo. E poi c’è l’ansia da prestazione che mi riporta agli anni della scuola, all’esame di maturità che non si scorda mai.
In “Evita” canterai le storiche canzoni del film in italiano.
“Se un testo nasce in una lingua c’è sempre una motivazione. I suoni vengono scelti anche per come si appoggiano sulle note. Però è una grande opportunità quella di poter cantare per prima nella mia lingua un testo nuovo. E’ bello perché non ci sono precedenti e questo aiuta”.
Il musical ti piace come genere?
“Sono una fanatica di Liza Minnelli e questo la dice lunga sul mio amore per il musical. Ogni volta che vado a fare un concerto mio mi immagino sempre che si alzi il fondale ed esca una marea di gente e tutto si animi come accade nel musical. Ho amato anche il fatto che per un certo periodo storico anche il cinema si sia focalizzato sulla commedia musicale. Credo che abbia migliorato la vita di un sacco di gente ed è stato il vero ponte tra la scrittura classica e un certo tipo di musica contemporanea come il jazz. Il musical ha dato nobiltà a tanti aspetti diversi della musica e dello spettacolo”.
Ti piace farlo?
“Assolutamente. Mi trovo benissimo in questa realtà perché i miei colleghi sono tutti molto navigati e fanno questo da moltissimo tempo. Sono disponibili a darmi una mano e c’è uno spirito di squadra che mi piace. Nello stesso tempo Evita è un’opera contemporanea e l’idea dell’eroina femmina che affronta le sue passioni, e che inevitabilmente finisce male, non è così inaspettata. Con questo voglio dire che il musical non è necessariamente un genere “leggero” ma una soluzione musicale che può raccontare eventi dolorosi, storici, drammatici. Non è un genere che “limita” la narrazione”.
Ballerai?
“Ci provo. Mi diverto un sacco ma non mi aspetto di uscire da quest’esperienza con delle proposte del balletto del Bolshoi: però è veramente meraviglioso. Bisogna sempre mettersi in discussione e fare quello che non si sarebbe mai immaginato. Sembra retorica ma è la parte di questo lavoro che mi piace di più”.
Evita è un grande impegno: quindi non ti vedremo a Sanremo?
“No, anche perché nel mentre devo trovare il tempo di scrivere un disco nuovo. Quest’anno c’è questo impegno grosso ma altrettanto gratificante di Evita e voglio dedicarmici con tutta l’anima. Sarò Evita fino in fondo”.
Photo credits: Facebook, Malika Ayane Profile, Press Office Teatro Sistina
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