I 99 Posse ci sono ancora: dopo anni controversi dove il gruppo ha affrontato diversi cambiamenti, è uscito il loro nuovo album Il Tempo. Le Parole. Il Suono e venerdi 22 aprile è iniziato il loro nuovo tour.
La città scelta dal gruppo partenopeo per iniziare la tournèe promozionale dell’album è stata Firenze: ed è proprio nello stesso giorno, venerdi 22 aprile, che il loro ultimo lavoro discografico è arrivato in tutti i negozi e sulle piattaforme digitali. Il Tempo. Le Parole. Il Suono è un album composto da sedici canzoni che contengono collaborazioni speciali: si pensi a Enzo Avitabile, Rocco Hunt (POTREBBE INTERESSARTI QUESTA NEWS), lo Stato Sociale, Valerio Jovine, Mama Marjas, Andrea D’Alessio e Speaker Cenzou.
“Con Curre Curre Guagliò 2.0 abbiamo chiuso un cerchio. È stato un disco pieno di collaborazioni. Stavolta pensavamo di farne senza. Poi le cose sono cambiate“, ha ammesso Luco ‘O Zulù’ in un’intervista rilasciata a Repubblica. Il cantante del gruppo ha spiegato che il nuovo disco parla proprio dei 99 Posse: il nuovo album parla di identità espressiva: “Per anni ogni volta che dovevo scrivere i testi di un disco è stato un dramma – ha continuato a raccontare Luca -. Avevo paura di essere banale, scontato, temevo di non trovare le rime giuste. Questa volta no: Luca e Zulù hanno fatto pace. Le parole dell’album mi sono venute dalle viscere“.
Come ammesso anche da Luca, l’album precedente dei 99 Posse ha chiuso una fase storica per il gruppo, vero e proprio punto di riferimento per intere generazioni dei decenni passati. Ma le nuove canzoni rappresentano la continuazione di Curre Curre Guagliò 2.0. I 99 Posse hanno preso coscienza di quello che sono e cioè che sono cambiati. “Venticinque anni insieme rappresentano un giacimento di ricchezza che va raccontato e messo a disposizione degli altri – confessa Luca -. Per anni abbiamo parlato alle teste dei compagni, oggi scriviamo canzoni di pancia, di istinto. È venuto anche per noi il momento di confrontarci con i temi della morte e della sconfitta, con la consapevolezza di essere minoritari. Va bene, perché sentiamo ancora qualcosa da esprimere“.
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