Il suo album, Niente che non va (Carosello Records), uscirà domani, 4 settembre, ma è già stato anticipato dal singolo La rabbia dei secondi e dal relativo video, che vi mostriamo di seguito. Parliamo di Coez, al secolo Silvano Albanese, cantautore 32enne emerso, ai suoi esordi, dalla scena rap romana e tornato recentemente a far parlare di sé proprio grazie alla notizia dell’arrivo di questo nuovo progetto discografico, che arriva a due anni di distanza dal suo ultimo album, Non erano fiori (2013).
“Non volevo uscire con un altro disco di canzoni d’amore, o almeno non soltanto“, ha dichiarato nelle scorse settimane e in effetti il primo singolo estratto fa capire meglio cosa intendeva con questa affermazione. Un disco diverso dalla sua precedente produzione, che forse può in qualche modo stupire chi da lui si aspettava un lavoro più vicino alle sue prime canzoni, ma che dimostra la crescita dell’uomo e dell’artista. Ma lasciamo che sia lui a parlare del suo lavoro, attraverso l’intervista rilasciata per Velvet Music.
Partiamo proprio da La rabbia dei secondi: l’hai definito un pezzo che non parla di te in prima persona, ma con un testo che forse ti racconta meglio di altri.
Racconta un po’ di tutti: anche “il numero uno” prima o poi si sarà sentito secondo rispetto a qualcuno. Da una parte c’è il secondo che lotta per arrivare al primo posto, ma poi c’è anche il primo che per stare dove sta deve comportarsi in una certa maniera, fare delle rinunce.
Quando hai lanciato la notizia del disco, sui tuoi canali social, hai scritto “chissà se stavolta sarete pronti”, a cosa ti riferivi?
Ogni volta che ho fatto un album è stato recepito sempre uno o due anni dopo. Il mio primo disco da solista ha iniziato a “viaggiare” solo 5-6 mesi dopo la sua uscita. Il mio pubblico non era pronto, evidentemente. Forse si aspettava altro. Ogni disco ha un suo pubblico di riferimento, in fondo. Con quest’album spero di essermi aperto a più tipi di ascoltatori. Non volevo che mi ascoltasse solo chi apprezzava il mio rap. Per un’artista è importante coinvolgere più gente possibile, far arrivare il messaggio a più persone, avvicinarle verso quelle tematiche che ha voluto trattare.
Quando vieni dal rap tante persone sono scontente se poi ti allontani da quel genere. A volte mi viene mossa questa critica, per altro neanche troppo costruttiva. Mi si dice che le mie canzoni ora sono da ragazzini, invece adesso tratto tematiche molto più adulte. Prima i miei pezzi erano anche uno sfogo “adolescenziale”, se vogliamo. Questi testi, invece, potrò continuare a cantarli anche tra dieci anni.
Per esempio una traccia che mostra un certo cambiamento nella tua produzione è Costole rotte…
E’ un pezzo particolare, un tipo di canzone che non ho mai fatto e credo che neanche rifarò. Ero in studio a Trento con Stefano Ceri, abbiamo letto la notizia che per la storia di Stefano Cucchi sono stati assolti tutti quanti, una storia che ha particolarmente coinvolto i romani, ma non solo. Le immagini del suo viso, la storia della sorella…mi hanno colpito. Ma ho pensato anche a tutti quei casi in cui c’è un “palleggiarsi” di responsabilità. Ne ho parlato con Ceri, il ritornello lo avevo in testa già da un po’…così è nato il pezzo. Non avevo mai trattato un tema del genere, spero di averlo fatto bene.
Penso alla sua Ma il cielo è sempre più blu, triste nei contenuti ma con una musica allegra. Nella canzone stessa dico “ti schianti in auto ma il cielo è sempre più blu”, è un po’ un tributo, in un certo modo, ma non è stata una cosa razionale. E’ una canzone nata comunque sulla mia pelle e ci sono riferimenti alla vita delle persone che mi circondano.
Poi c’è Dove finiscono le favole, che hai definito “un’ode alle donne forti e a quelle non troppo forti che trovano la forza per cambiare le cose”. Ha un testo quasi “cinematografico”, fa pensare a un film. Com’è nata questa canzone?
Ero in studio, sempre con Ceri, che aveva fatto un beat assurdo. Nel pezzo c’è una citazione di un charleston anni ’30, una roba tipo “Big Band”…ma anche in questo caso il testo è nato spontaneamente. Io ragiono molto prima di entrare in studio, sulle cose che non voglio ripetere rispetto al passato e su ciò che, invece, voglio aggiungere. Ma quando sono lì non mi metto a pensare oltre.
Sei stato uno degli artisti coinvolti nell’Hip Hop smash the wall in Palestina, lo scorso anno (un progetto volto a favorire l’aggregazione tra giovani palestinesi contro ogni forma di esclusione sociale e discriminazione n.d.r). Com’è andata?
Io inizialmente pensavo di non entrarci nulla…quasi tutti i rapper coinvolti erano più “militanti”, facevano musica politica, sociale, io pensavo di non entrarci molto. Sì, forse in questo disco qualcosa di più sociale c’è, ma in generale mi sentivo più “leggero” di loro. Ma sono stato contento, perché una volta che ero lì ho dato anche il mio contributo.
Anzi, forse i ragazzi che erano presenti non necessariamente volevano parlare di politica, volevano anche divertirsi, erano tutti giovanissimi, tra i 16 e i 23 anni. Comunque ci siamo divertiti, in effetti, anche se è stata un’esperienza molto particolare. Sarebbero dovuti venire anche dei ragazzi della striscia di Gaza, poi non sono potuti arrivare, hanno mandato il loro video-messaggio. Abbiamo incontrato bambini che non avevano mai visto un europeo, ci fissavano i tatuaggi, stupiti…
Hai collaborato con Marracash per uno dei suoi ultimi singoli A volte esagero, insieme anche a Salmo, com’è andata?
Mi ha chiamato Marracash verso la chiusura del suo disco. Sono molto amico di Salmo, tra l’altro. Io ero a Trento per lavorare, era proprio nel periodo di Costole rotte, a Marracasch mancava un ritornello, io ho scritto la mia parte in treno mente tornavo, a lui è piaciuto.
Come vedi la scena hip hop italiana, al momento?
Sono affezionato ai rapper come Marra, Guè, Salmo…ma fatico ad affezionarmi alle nuove leve. Forse non li ho sentiti nel momento giusto della mia vita. I rapper di 19-22 anni forse si rivolgono semplicemente ad un altro target rispetto a me.
Di seguito le date del suo instore tour e il video con Marracash e Salmo, A volte esagero:
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