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Chiara Ragnini: “Il nuovo disco? Virata pop-elettronica, tra i Subsonica e Taylor Swift”

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Chiara Ragnini, un volto sorridente, solarità ed entusiasmo che ti contagiano e, soprattutto, un talento per la musica, una passione che traspare dalle sue canzoni e che fa ben sperare per il futuro di tanti giovani artisti e cantautori come lei. Lo studio, coltivato sin dall’adolescenza, la predisposizione, l’amore per il suo lavoro hanno già dato i giusti risultati: tra i diversi riconoscimenti finora ricevuti, Chiara è stata recentemente invitata dal Club Tenco al Tenco Ascolta, per la prima data della rassegna che seleziona le migliori nuove proposte dopo aver valutato i loro lavori, ma è stata anche premiata ai Sanremo International Artistic Awards.

Si tratta di un premio internazionale finalizzato a riconosce il valore di quegli artisti che hanno saputo distinguersi e valorizzare con la propria musica (o con la propria arte in generale) il territorio di Sanremo e delle aree limitrofe. Chiara è genovese di nascita ma già da qualche anno si è trasferita a Imperia, ecco cosa ci ha raccontato circa il suo lavoro presente e futuro, a cominciare dal nuovo disco, a cui si sta dedicando in questo periodo.

Parliamo per prima cosa dell’album in arrivo: cosa possiamo anticipare?
Il mio primo lavoro in studio, Il giardino di rose, del 2011, era più folk e acustico, questo invece più pop-elettronico. In questo periodo mi influenzano molto i Subsonica o Janelle Monáe, per citare un’artista straniera. Insomma, mi sto orientando verso sonorità più pop, più fruibili. Si tratta di una raccolta di canzoni scritte in circa due anni e mezzo, ho prestato molta attenzione ai testi, mi sono concentrata sui contenuti e c’è più ricerca nelle parole. L’album uscirà nella prossima primavera, forse il giorno del mio compleanno (5 marzo, lo stesso giorno di Lucio Battisti n.d.r). Sarebbe importante farlo uscire in questa occasione, perché per me è una specie di rinascita. Non vedo l’ora di farlo ascoltare!

Sei stata spesso accostata agli artisti della nuova scuola cantautorale genovese: cosa offre questa città ai suoi talenti, cos’è che la rende così “prolifica”, da questo punto di vista?
Genova è un porto, anche da un punto di vista psicologico: il genovese tipico spesso vuole andarsene, ma non se ne va. Ha questa malinconia di fondo che fa parte di lui, anche io me la sento addosso. Ho lì la mia famiglia e torno spesso nella mia città, e proprio questa sorta di malinconia credo spinga ad esternare le emozioni in qualche modo, soprattutto con l’arte.

So che hai avuto l’onore di suonare la chitarra di Luigi Tenco, restaurata dopo 40 anni, al Restauro in Festival. Com’è andata?
E’ stata un’esperienza strana: sono stata coinvolta da Pepi Morgia (direttore artistico della rassegna n.d.r), una figura storica per Sanremo e Imperia, e mi sono ritrovata anche insieme a Andy dei Bluvertigo e ad altre formazioni non liguri. Per l’occasione è stata recuperata questa chitarra, restaurata da Carlo Pierini…noi eravamo tutti tesissimi nel maneggiarla! L’ho suonata proprio per interpretare con un pezzo di Tenco.

Il tuo percorso è pieno di riconoscimenti, in un momento storico dove spesso chi ha più successo, nel mondo della musica, sono i cantanti e i musicisti emersi dai talenti in tv. Pensi che ci sia una strada alternativa per trovare visibilità anche senza l’aiuto del piccolo schermo?
In questo periodo l’investimento è centellinato, quindi spesso chi ha grossi budget a disposizione magari li investe su chi ha più visibilità. Di strade, al di fuori del passaggio televisivo, ne vedo poche…poi però penso a Lo Stato Sociale, ad esempio, che ha un ampio seguito e non è uscito da nessun talent. Ma anche Levante può essere un altro modello. Certo, ci si deve distinguere in maniera eccezionale, devi avere qualcosa di importante da offrire.

A parte i Subsonica e Monáe, quale altro artista ti ha ispirato maggiormente?
Ultimamente seguo molto il pop elettronico, ma anche in generale il pop americano. Ad esempio Taylor Swift o Rihanna, che si rivolgono ad un pubblico giovane, anche se in passato ho fatto scelte differenti. In Italia, ad esempio, trovo grande ispirazione in Carmen Consoli, Fabi, Silvestri e Gazzè…insomma, artisti che dedicano particolare attenzione alla qualità della musica, alla sua fruibilità, ma anche ai testi.

Hai condiviso il palco con Povia, Andy, Tricarico, Irene Fornaciari, Jimmy Fontana, Ron e tanti altri: c’è qualcuno con cui ti piacerebbe lavorare, ancora?
Capossela! Lo seguo da sempre, per me è un vero esempio. Collaborare con lui è il mio sogno nel cassetto.

Come nascono i tuoi brani?
Ho cambiato strategia: per il disco precedente sono partita da un’idea musicale per arrivare al testo, ora parto più dai contenuti, dalle tematiche che voglio trattare e solo in un secondo momento lavoro sulla parte musicale. Se sono fortunata le due cose nascono insieme.

Al di là dei premi e dei numerosi riconoscimenti, c’è una frase di qualcuno che ha ascoltato la tua musica e ha saputo farti capire che quello che stai seguendo è il percorso giusto per te?
Sì, ricordo quando il mio fidanzato ha ammesso di essersi commosso dopo aver ascoltato una mia canzone. Lui fondamentalmente è molto critico, quindi è il miglior giudice! Quando scrivi qualcosa di solito ti piace, perciò serve qualcuno esterno da te che ti dica cosa va bene e cosa no. In quel caso ho capito di aver fatto qualcosa di giusto.

Foto: Facebook

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