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Paola Turci, Io Sono: “Un disco per raccontarmi senza più timori” [INTERVISTA]

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“La natura ti dà la faccia che hai a vent’anni, è compito tuo meritarti quella che avrai a cinquant’anni, diceva Coco Chanel e tale aforisma non potrebbe essere più adatto per Paola Turci, che ha celebrato questo importante passaggio nella vita di una donna (ma di ogni persona in generale) con un album speciale, Io sono. Un disco con cui la cantante ha voluto “raccontarsi” attraverso la sua musica, grazie ad alcuni tra i suoi più grandi successi inseriti nella tracklist, ma anche con brani meno noti e comunque importanti per lei, oltre a tre inediti, inclusa la titletrack, in rotazione radiofonica dallo scorso 20 marzo.

Un lavoro che sembra un po’ un ideale “prolungamento” della sua recente autobiografia Mi amerò lo stesso, pubblicata da Mondadori. Lei, che davvero sente di essersi meritata “la faccia” a cui faceva riferimento Chanel, segnata dall’esperienza, dalla gioia e dal dolore, senza più nascondersi. Lo si capisce già dalla cover dell’album, che la ritrae in un primo piano intenso e significativo, realizzato da Ilaria Magliocchetti Lombi. “Una foto determinante – l’ha definita la stessa Paola durante la nostra intervista, che riportiamo di seguito – rappresenta una donna che si dimostra per quello che è, senza avere paura della propria vulnerabilità, senza nascondere i difetti o i segni del tempo”. Ecco cosa ci ha raccontato rispetto all’album in questione, alla sua genesi e alla reazione del pubblico:

Con questo disco hai dimostrato che i tuoi 50 anni non ti pesano, anzi, sembri star affrontando quasi una “seconda giovinezza”
Quello che ho mostrato è la verità: sento di avere una leggerezza che prima non avevo e mi sento più giovane perché non ho paura a esprimerla. A 50 anni gestisci meglio quella parte fragile che prima ti rendeva insicura, sei lontana da quelle incertezze tipiche della giovinezza, di chi ha ancora tante conquiste da fare. A 50 anni quelle conquiste le hai fatte, ma parlo per me e per quelli come me. Non vale per tutti, ho visto miei coetanei molto più vecchi di me. Tutto sta nel modo di sentirsi. Certo, poi io ho il privilegio di poter suonare la chitarra, cantare e permettermi di farlo sempre, al di là dell’età.

Non ho paura di invecchiare, ho 50 anni, ma non mi spaventano i numeri. L’importante è quello che provo, il termine “vecchio” però di solito non lo uso. Preferisco l’aggettivo “grande”. Anche per quanto riguarda le cicatrici, le donne tendono a nasconderle (anche gli uomini, ma con le cicatrici loro hanno un rapporto diverso). Io per prima ho nascosto la mia pubblicamente per anni, non mostravo il viso per pudore, perché era il mio lato debole, ora non ho più questo timore.

A proposito delle presentazione del disco ai fan, come stanno andando i primi incontri dell’instore-tour?
E’ stato un impatto bellissimo, mi ha fatto un certo effetto sentire l’album pubblicamente la prima volta, ma la cosa che mi ha emozionato di più è stato cantare uno dei tre inediti con la chitarra davanti a tutti. Da tempo nutrivo la curiosità di vedere l’attenzione del pubblico nel suo sguardo. Io Sono finora è stato il primo inedito ascoltato, ho letto i commenti che mi scrivono i fan in Rete, ma gli altri singoli sono sconosciuti ai più. La prima razione dal vivo è stata ottima, emozionante.

A proposito del rapporto con il pubblico, rispetto ai tuoi esordi, ora hai anche i profili social che ti aiutano a rafforzare il legame con i fan. Prima non c’era questa possibilità, tu la sfrutti ampiamente. Cosa ne pensi?
Avrei voluto avere questo mezzo anche all’inizio della mia carriera, ho sempre cercato di sfruttare la tecnologia per essere vicina al mio pubblico. All’inizio semplicemente con chat con i fan, “una contro tutti”, ma questo nuovo metodo è ancora più diretto. Non so, magari tra qualche anno ce ne saranno altri, una sorta di “Grande Fratello” che ci seguirà in ogni passo! Spero di no, ma tutto può essere.

Io sono è un brano in cui possono rispecchiarsi molte donne e tu in generale hai spesso trasmesso messaggi di forza e coraggio per molte ascoltatrici di ogni età. Quanto conta per te?
E’ importantissimo, è gratificante: ci tengo davvero molto alle impressioni che le donne possono avere di me e della mia musica. Credo nell’idea di una donna libera, emancipata, ma anche forte all’interno della società, perciò sapere che la canzone Io sono, così come la copertina, possa aiutare a far capire loro che possono mostrarsi per quello che sono davvero, senza paura, per me è essenziale.

Per altro la title track è stata scritta da Francesco Bianconi (frontman dei Baustelle) e da Pippo Kaballà, ma hanno partecipato alla realizzazione del disco anche altri professionisti a cui tieni particolarmente. Come sono andate queste collaborazioni?
Sarebbero tantissime le persone che dovrei ringraziare, Francesco ha un posto particolare nei miei pensieri perché è stato come scoprire di avere un biografo che ha saputo raccontare in sintesi la mia storia ed era quello che volevo fare, che in qualche modo ho già fatto con la mia autobiografia. Il rapporto con lui c’è sempre stato, ma con questa canzone si è come “illuminato”. Ma sono stati importanti tutti, davvero, dal produttore Federico Dragogna ai membri della la band, i musicisti, Marcello Murru (con cui Paola ha scritto gli altri due inediti Questa non è una canzone e Quante vite abbiamo n.d.r)…

Tra le tracce del disco, c’è una canzone a cui sei più legata o in cui magari ti riconosci di più?
No, è come preferire un gemello rispetto all’altro! Sono tutte splendide nella loro diversità, uniche per me, dalla prima all’ultima. La tracklist è un bel viaggio, un viaggio notturno e mattiniero insieme, che ti offre sensazioni nuove. I tre inediti fanno da ponte tra quello che è stato e quello che sarà.

Cosa ci racconti del video di Io sono? (Che riportiamo di seguito)
Il video sta girando in Rete ed è un invito ad andare verso il mare, a liberarsi, soprattutto ora che andiamo incontro all’estate. E’ stato girato in Puglia, in provincia di Lecce, il mare è un simbolo importante perché si tratta di una canzone liberatoria, che parla della parte forte e di quella debole, della voglia di liberarsi delle paure e delle insicurezze.

Hai un aneddoto particolare legato alla lavorazione del disco?
Sicuramente le notti passate in studio con Federico Dragogna ed Enea Bardi a ridere della facilità con cui stavamo facendo questo lavoro o con cui stavo cantando. Sono state serate bellissime, a volte “alticce”, ci siamo presi in giro, è stato un lavoro facile, per quanto intenso e impegnativo. Un lavoro faticoso, ma anche piacevole, siamo andati avanti fino a tarda notte, soprattutto per il “puntiglio” di Dragogna, che per chi lo conosce è quasi leggenda! Basti pensare che lo chiamano “educazione siberiana” (ride)

Sarai al concertone del 1 maggio a Roma (QUI IL CAST), cosa rappresenta per te il giorno dei lavoratori?
Per me il primo maggio ha sempre significato un momento per celebrare il lavoro di noi italiani, anche se purtroppo da parecchi anni non c’è una grande festa da fare. Diciamo che si celebra il “non lavoro” o i morti sul lavoro. Lo scorso anno ho cantato a Taranto, per esempio, che penso sia oggi il territorio più colpito dal dramma dei morti sul lavoro. Senza contare che il concerto del primo maggio a Roma è un’istituzione ed è bello cantare nella mia città.

Sarai anche una dei “messaggeri” di #IoLeggoPerché, qual è il libro che ti senti di consigliare ai fan?
Chi mi segue sa quanto ami i lavori di Goliarda Sapienza, per esempio, ma ultimamente mi è successa una cosa strana. Quando ho deciso di intitolare il disco Io sono ero felice perché esprimeva la mia voglia di mostrarmi senza timore, poi mi sono svegliata una mattina e pensavo che un titolo simile io me lo ricordavo, anche se non sapevo perché. Poi ho fatto delle ricerche e scoperto che Lucia Annibali, una donna che ammiro molto, aveva intitolato il suo libro Io ci sono. Questa cosa non mi ha fatto cambiare idea, non mi ha infastidito, anzi, mi ha fatto piacere perché in quella donna vedo tutta la bellezza che io non ho mostrato per tanti anni. Abbiamo una storia diversa, la sua è legata alla violenza, la mia a un incidente, ma l’ho sentita comunque vicina.

 

Foto: Comunicato stampa

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