A quattro anni dal disco di platino Alien e dopo l’esperienza sinfonica dell’album Sunrise, Giovanni Allevi torna con un nuovo progetto di pianoforte solo: Love, un viaggio nell’anima uscito lo scorso 20 gennaio (anticipato dai singoli My family e Loving you) su etichetta Bizart/Sony Music, una vera e propria dedica a tutti i suoi fan che non l’hanno mai abbandonato. Si tratta dell’ultima tappa di un percorso di crescita umana ed artistica del pianista e compositore che ha già ottenuto numerosi riconoscimenti nei suoi oltre vent’anni di carriera. Questo è il nono progetto discografico in studio dopo 13 dita del 1997, Composizioni del 2003, No concept del 2005, Joy del 2006, Evolution del 2008, Alien del 2010, Sunrise del 2012 e Christmas for you del 2013.
Il tour italiano è iniziato lo scorso 27 marzo dall’Auditorium Conciliazione di Roma e ha fatto tappa anche a Napoli e a Milano. Allevi sarà poi il 10 aprile al Teatro Goldoni di Livorno, l’11 al Gran Teatro Geox di Padova, il 12 al Teatro Rossini di Pesaro, il 14 al Teatro Creberg di Bergamo, il 15 al Teatro Sociale di Como, il 17 al Teatro Colosseo di Torino, il 18 all’Auditorium Santa Chiara di Trento, il 19 al Pala De André di Ravenna, il 20 al Teatro Verdi di Firenze, il 21 al Teatro Gassman di Gallarate, il 23 al Teatro Metropolitan di Catania, il 24 al Teatro Golden di Palermo, il 26 al Politeama Rossetti di Trieste, il 27 al Teatro Europauditorium di Bologna ed infine il 28 ed il 29 al Politeama di Genova.
Come sono andati i primi concerti?
Meravigliosamente. Già dalla prima data del tour europeo a Londra (il 27 febbraio, ndr) ho avuto un’idea di quanto sarebbe accaduto dopo. Love è un viaggio nell’anima, misterioso ed intenso, ma non immaginavo che avrebbe scosso il pubblico così nel profondo.
Che emozioni provi ogni volta che sali sul palco?
La mia non è una musica pop, non pretende i grandi numeri, e le anime belle spesso si nascondono. Eppure con me vengono allo scoperto! Vedere i teatri pieni è sempre sorprendente. Per questo provo per il mio pubblico una sincera riconoscenza.
Hai mai paura di deludere i fan?
No, so che mi vogliono bene e che sanno leggere oltre le mie insicurezze. Ho paura di me stesso. Per eseguire Love torno ad incontrare i miei demoni, le disperazioni, i sogni e la gioia sfrenata. Guardarsi dentro con sincerità non è facile. Durante il concerto piango, rido, vado in trance, faccio l’amore, torno bambino. Appena suonata l’ultima nota ho la sensazione di aver attraversato mille vite.
Love racconta l’amore in tutte le sue forme: tu quale preferisci?
L’amore che dovremmo riuscire a dedicare a noi stessi è la forma più difficile e viene raccontata dall’ultimo brano, L’Albatros. In questo mondo iper competitivo, dove siamo sempre connessi, è impossibile sfuggire ai continui modelli a cui la società ci impone di uniformarci: bellezza, successo, efficienza, felicità forzata. Io credo invece che noi siamo molto più complessi, misteriosi ed inconoscibili. Siamo anche imperfetti! Vorrei allora che noi tornassimo ad amarci ed accettarci per quello che siamo, nella nostra unicità.
L’amore influenza molto la scrittura dei tuoi brani.
Ho vissuto intensamente, recuperato i volti delle mie vite passate, ho accettato i graffi dell’esistenza. Ho prestato ascolto a donne impazzite e a giovani sognatori e scienziati incompresi. Se non fai tutto questo, non puoi raccontare l’amore attraverso la musica.
Le tue ispirazioni spaziano dal classico al contemporaneo: ma cosa non può mancare assolutamente tua libreria musicale?
Il silenzio. In questo periodo ho bisogno di silenzio per ascoltare la mia voce interiore e difenderla dai mille stimoli esterni.
Quest’anno sei stato anche nella commissione del Festival di Sanremo per le Nuove proposte.
E’ stata un’esperienza che mi ha arricchito. Soprattutto nei testi dei giovani ho trovato una forza sorprendente, la voglia di non mollare nonostante tutto. Molti ragazzi non ce l’hanno fatta a passare le selezioni perché erano eccessivi, troppo per quel contesto. Io ho detto loro che in arte il troppo è sempre positivo. L’importante è avere qualcosa da dire e gridarlo al mondo con tutta la convinzione. Prima o poi una porta si aprirà.
Segui i talent show? C’è qualche artista in particolare che pensi abbia futuro nel mondo della musica?
Sicuramente! Ma voglio pensare che l’espressione artistica sia anche la danza, la musica classica, la poesia, il teatro, la pittura, la scultura. E che queste fioriscano in un contesto discreto, lontano dalle telecamere e dalla competizione. Io ho assoluto bisogno di essere sconvolto da queste forme d’arte che forse non rientrano negli standard televisivi, ma che raccontano l’essere umano in maniera sublime.
Qual è il segreto per avere successo al giorno d’oggi?
Devi andare dove nessuno prima, esprimere il nuovo, pensare “out of the box” (fuori dagli schemi, ndr). Ma c’è il rischio di non essere ascoltato all’inizio e non essere accettato poi. E’ un pericolo che un vero artista deve prendersi sulle spalle.
In passato hai ricevuto numerose critiche dalla stampa.
E’ stato bello. Sapevo che la mia musica sarebbe stata più forte di mille parole.
Love invece ha ricevuto commenti positivi: secondo te i giornalisti cosa hanno visto di diverso rispetto al passato?
Forse la mia tenacia e l’inossidabile sostegno che continuo a ricevere da parte del pubblico.
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