Ciao Velvet!
L’appuntamento di questa settimana è speciale perché, come già accaduto in passato, ci sono solo le mie parole e nessun video. La verità è che dopo la puntata d’apertura di The Voice, andata in onda ieri 25 febbraio, non ho potuto contenere emozioni e considerazioni e, sulla scia di quanto visto, ecco quello che proprio volevo raccontarvi!
I talent sono forse discutibili perché coinvolgono tanti interessi economici e tante forze mediatiche. Non c’è mai certezza assoluta che chi arriva a destinazione ed emerge tra tutti lo faccia solo ed esclusivamente per un merito riconosciuto autenticamente e a furor di popolo. Del resto la manipolazione del gradimento del pubblico è quasi una scienza, oltre ad essere un fenomeno diffusissimo ad ogni livello di comunicazione.
Ci sono casting, filtri, forze interne, case discografiche, produttori che, in un modo o nell’altro, “forzano” un messaggio e lo fanno approdare sul palco (o in radio) avendone previsto già da tempo il successo. Insomma è una giungla con regole molto dure. Nonostante questo aspetto, direi drammatico, riguardante le difficoltà nel far emergere veramente i più meritevoli o dare la possibilità a quelli che non ne hanno avuto una, mi sta a cuore precisare una cosa. Quando guardo un talent cerco sempre di credere con tutto il cuore nell’artista che vedo esibirsi e nel fuoco che arde negli occhi di quell’interprete o cantautore che sta sfidando prima di tutto se stesso, dentro la macchia tritacarne che è la gara, condizionata inevitabilmente da scelte televisive, commenti esterni o voti.
Mi sento vicina con l’anima a coloro che si stanno mettendo alla prova pur sapendo a cosa vanno incontro: l’esposizione a giudizi feroci e selezioni spietate. Vedo ragazzi a volte giovanissimi ed inesperti che, seppur con il dono naturale dell’intonazione e del controllo, non possiedono nessuna concezione del palco, del pubblico e dell’esperienza necessaria per potersi esibire in un contesto impegnativo. Altre volte vedo invece artisti con una montagna di gavetta alle spalle ed una collezione di porte sbattute in faccia (con annesse sofferenze), nonostante la loro forza e la grande bravura.
In tutti e due casi però sono felice, perché so che nonostante tutto stanno avendo una possibilità: chi di crescere e diventare veramente bravo e maturo e chi di poter far sapere che esiste! Anzi, che è sempre stato lì, forte e pronto ad aspettare che finalmente arrivasse il suo turno.
Avere un’oggettiva dote artistica, una bella voce, un’originalità, una credibilità e delle potenzialità sono ovviamente elementi fondamentali per chi vuole fare della musica anche un mestiere. Il fatto di poter conciliare una passione ad un “lavoro” è sicuramente un privilegio, ma al tempo stesso una scelta faticosa e durissima. Quasi potrei scriverlo a caratteri cubitali! Musicisti, cantanti e artisti si nasce: certo, si può migliorare e diventare sempre più bravi ma tutto parte da un’anima, da un’indole e da un atteggiamento corretto verso l’arte. Queste tre cose devono essere sincere e coerenti tra loro, pena un fallimento assicurato.
Tutto questo sembra averlo capito un ragazzo esibitosi ieri sera a The Voice: Raffaele Esposito, detto Lele. Ha detto cose che spero per lui che siano farina del suo sacco (e non degli autori) perché in tal caso è davvero sulla strada giusta. Le due frasi sono queste: “La musica è come avere accanto la persona giusta per tutta la vita” e “Qualsiasi cosa si faccia… prima c’è sempre il bene e poi c’è il resto”.
Questo non dovremmo scordarlo mai!
Auguro a The Voice di essere un talent di grande valore per dare voce ed un’occasione vere soprattutto a chi non ha mai avuta una dalla vita, ma la merita davvero.
Foto by Velvet Music e Roberto Rocco