Luca Dorigo: “Vorrei vedere Avicii e Guetta suonare davanti a mille persone” [INTERVISTA]

Parlare di qualcuno senza conoscerlo è come recensire un disco senza averlo neppure scartato. Chi scrive, racconta, ascolta, è curioso per natura. Proprio come me che, due giorni dopo aver incontrato Giorgia (GUARDA QUI IL VIDEO), la voce più bella che abbiamo oggi in Italia, fa una lunga chiacchierata con Luca Dorigo. Per molti, semplicemente un reduce da Uomini & Donne e altre più o meno riuscite avventure televisive, per altri un Dj con cui parlare dell’unica cosa che mi interessa in occasioni del genere: la musica.
Dalle sue parole esce fuori la buona memoria di chi bazzicava locali da ballo anche da ragazzino ed esce fuori chi non ignora assolutamente l’universo-canzone. Uno dietro l’altro i nomi di Stefano Pain e Jovanotti, Carl Cox e Cesare Cremonini. Fino alla mitica Corona, regina della dance anni novanta. Non può mancare un piccolo sassolino nella scarpa legato ad un collega che Luca ammette di stimare più di un po’ (Claudio Coccoluto, ndr.) e una sorta di provocazione indirizzata ai vari Guetta, Avicii e Tiesto. A riguardo, Luca si pone in maniera costruttiva, cercando di dare spazio e voce ai talenti più giovani del nostro paese e con meno possibilità rispetto alle star sopra citate…

Una volta hai detto: ‘fare il dj è un sogno che si avvera’. Quando nasce questo sogno?

Più che un sogno, era un grande obiettivo. Ricordo quand’ero ragazzino, già al tempo avevo i miei punti di riferimenti: non solo persone, ma anche spazi, ad esempio il “Matilda”, una grande discoteca al posto della quale adesso c’è un condominio. Locali così se ne vedono pochi oggi: impianto ottimo, selezione all’entrata, musica di qualità. Alla consolle c’era Gianni Coletti, era il mio mito.

So che nella tua vita hai fatto tanti mestieri: pensavi di approdare un giorno alla consolle?

Di base la mia ambizione era questa, sì, ma non lo vedevo come un lavoro vero e proprio. Ho anche studiato, sono andato in America e ci sono rimasto per un po’ di tempo. Quel che è certo è che non ho mai perso di vista il vero obiettivo, che era quello di far qualcosa con la musica. Poi è arrivata la tv e lì qualcosa è scattato…

A proposito, mettiamo da parte la notorietà: quanto e in cosa è servito partecipare a Uomini & Donne?

Erano anni in cui programmi del genere ti davano una notorietà assurda, altro che oggi: orma, tra web tv e digitale, tronisti et similia hanno vita difficile. Mi ha aiutato molto quell’esperienza, perché ho imparato come si comunica, come bisogna evitare il panico quando si sta davanti a tanta gente. Anche se, lo ammetto, io soffro molto di più quando c’è un pubblico esiguo! (ride)

Sei molto giovane, secondo te oggi è cambiato il ruolo del Dj?

Tantissimo. Prima cosa, oggi tutti o quasi possono mettersi ‘ai piatti’ e intrattenere 2-300 persone, grazie all’ausilio della tecnologia, che – va detto – aiuta parecchio. Inoltre, ormai il dj deve essere un collante tra consolle e pista, un grande comunicatore: è passato di moda il disc jockey con la testa bassa sui dischi, bisogna guardare il pubblico e coglierne gli umori.

Qual è un disco che non può o che non dovrebbe mancare mai dalla tua selezione?

In genere vado molto a orecchio, non mi faccio influenzare da un titolo o dal nome di un Dj. Per riassumere, posso dirti che nelle discoteche italiane non dovrebbe e/o potrebbe mancare mai un classico, una roba tipo “The rythm of the night”, sono pezzi che amplificano la forza di una serata o, al limite, te la salvano…

Giorni fa ho incontrato un grande Dj, mi ha anche detto che il pubblico oggi è in grado di distinguere tra ex tronisti o gieffini e dj di professione: che ne pensi?

Penso che se uno è bravo a fare il suo lavoro non deve preoccuparsi degli altri, in quel caso vuol dire che è un insicuro. Oppure che è infastidito dal fatto che qualcun’altro sta mangiando nel suo stesso piatto. A riguardo, ricordo un fenomeno come Coccoluto ha detto che alcuni dj invecchiano dignitosamente guardando gli ex gieffini dietro la consolle. Beh, anche lui ha recitato in un film e non mi sembra abbia fatto una bellissima figura: in quel caso nessun attore lo ha giudicato, perché i veri professionisti non perdono tempo a parlare degli altri.

Tra i colleghi italiani e internazionali chi stimi, ammiri e/o invidi di più?

Seppur distrattamente, seguo tutte le nuove star come Avicii o David Guetta o Tiesto. Lancio una provocazione: vorrei vederli con 1000 persone davanti e un mixer un po’ datato sotto mano. A differenza di tanti giovani di valore presenti sul territorio italiano, loro hanno dietro una squadra dietro che fa metà del lavoro: se alcuni talenti di casa nostra fossero seguiti adeguatamente, sono certo che potrebbero raggiungere quei livelli, perché di ragazzi validi ce ne sono davvero tanti.

Oggi hai dei punti di riferimento nel tuo settore?

Penso di più ai modelli di casa nostra, posso farti il nome di Stefano Pain che secondo me è un grandissimo, anche se il vero gigante era e rimane sempre Carl Cox, un fenomeno vero.

Attualità: cosa ti piace oggi della musica italiana?

Il livello è molto più elevato rispetto a 20 o 30 anni fa, perché gli artisti possono fare molto da soli, supportati dai computer che li aiutano anche negli arrangiamenti di un pezzo. Compro pochi dischi, ma mi piace molto il modo in cui lavora Cesare Cremonini, lui non sbaglia mai.

Negli ultimi giorni sono usciti due remix di “Maracanà”, il tormentone estivo di Emis Killa. Ti piacerebbe lavorare sopra un brano rap?

Proprio lunedì è uscito il videoclip del mio ultimo singolo, si intitola #autoscatto: all’interno c’è un ‘rappato’ con i dual project, devo dire che è uscito fuori un bel lavoro. In generale, non impazzisco per l’hip hop, il mio mondo è quello della Deep House.

Il primo sogno era quello di diventare un Dj, il prossimo qual è?

Sai, ormai il lavoro da Dj sta diventando quasi un hobby, se non esce un disco di quelli che ti cambia la vita non si può vivere bene solo stando dietro una consolle. Ma non mi arrendo, ci sono tanti artisti che hanno ‘svoltato’ all’ultima occasione. Detto questo, non posso lamentarmi, perché in giro ci sono ventenni agguerriti, anche molto preparati. Per ora tengo duro e mi prendo le mie piccole soddisfazioni…

Chiudo: qual è la tua canzone nell’armadio? Un brano del passato al quale leghi un ricordo in particolare…

Lorenzo Jovanotti ha sempre accompagnato la mia vita, impossibile dimenticare un disco come “Estate 1992” o pezzi come “Chissà se stai dormendo”. Tuttavia… L’altra sera, tornando dal Piper, ho sentito in radio “Ci vuole un fisico bestiale” cantata da lui insieme con Luca Carboni. Una canzone perfetto per la vita che fanno quelli come me…

(foto by facebook)