Una sola moltitudine, una persona per bene, un artista vero. Se ne va Giorgio Faletti, scrittore, attore, cantante, paroliere, compositore, sceneggiatore, pittore e comico italiano. Nato ad Asti, come Paolo Conte, aveva 63 anni. Malato da tempo, Faletti si sentiva male già da parecchi giorni, anche per questo fu costretto rimandare i suoi spettacoli, lasciando al suo sito le ultime parole con dedica ai fan: “Cari amici purtroppo a volte l’età, portatrice di acciacchi, è nemica della gioia. Ho dovuto a malincuore rinunciare alla pur breve tournée per motivi di salute legati principalmente alle condizioni precarie della mia schiena, che mi impedisce di sostenere la durata dello spettacolo. Mi piange davvero il cuore perché incontrare degli amici come voi è ogni volta un piccolo prodigio che si ripete e che ogni volta mi inorgoglisce e mi commuove. Un abbraccio di cuore. Giorgio“.
LEGGI QUI L’INTERVISTA ESCLUSIVA A GIORGIO FALETTI
L’ho scritto tempo fa e lo ripeto. Grande il privilegio di scambiare due chiacchiere (anche tre) con Giorgio Faletti: in assoluto, per me, una delle interviste più belle della mia carriera. Giorgio non c’è più, è passato a miglior vita, aveva 63 anni ed era malato da tempo. Nei mesi scorsi era stato a Los Angeles per curarsi. Nato ad Asti, aveva raggiunto la popolarità negli anni ottanta, partecipando come comico al programma di culto “Drive In” di Antonio Ricci. Nel 1994, oltre ad arrivare secondo in classifica, riuscì anche a vincere un bellissimo (e quanto mai meritato) Premio della Critica al Festival di Sanremo con il brano “Signor tenente”. Ha scritto canzoni per Angelo Branduardi, Mina e Marco Masini e altri (LEGGI QUI ALCUNI DETTAGLI).
Una sola moltitudine, un signore d’altri tempi, anti-divo e disponibile con tutti. Sempre. Giovani artisti e addetti ai lavori. Dalla musica al cinema, dalla pittura ai romanzi: il suo “Io uccido”, pubblicato nel 2002, ha venduto quattro milioni di copie. In seguito per Giorgio Faletti altri cinque libri di rara intensità.
A me, personalmente, resta l’abbraccio e il sorriso di un anno fa, quando ebbi il piacere d’incontrarlo a Villa Ada, al termine del suo brillante concerto romano. Mi piace chiudere con alcuni versi di una sua canzone, oggi più che mai difficili da accettare nel loro significato: “..ed un’alba slavata da mandare affanculo, perché c’è un nuovo giorno nel pugno e una birra ghiacciata da gelarci l’inferno, perché loro siamo tutti o nessuno and the show must go on…” (The Show Must Go On, 2007).
(foto by Facebook)