“Jammin”, oppure “No woman, no cry”. E come dimenticare le sue interpretazioni di “Redemption Song” o “Don’t worry be happy”?. Bob Marley, anonimo signore venuto dalle baracche di Nine Mile, nel cuore perduto dei Caraibi, che riesce a conquistare in poco tempo il cuore di tutto il mondo: quella musica, il reggae, che riesce a trovare un simbolo da conservare nel tempo. Una musica, un artista: insieme, la voce di un popolo oppresso che trova nel ritmo la forza per reagire. Bob moriva oggi, nel 1981: era l’11 maggio di 33 anni fa quando una delle sue coriste riceveva la telefonata in cui le veniva riferita la notizia di quel drammatico epilogo. Un fulmine a ciel sereno, come fosse morta una divinità: era l’inizio di una storia importante, ancora oggi presente e viva verso il futuro…
Lo speciale di Sky
No, non era una divinità. Ma certamente è stato un simbolo, oggi Bob Marley è un mito per molti, assume facilmente i contorni della leggenda pura. E’ anche per questo che oggi, 11 maggio 2014, Sky Arte decide di celebrarlo: al re del reggae è, infatti, dedicata la serata (dalle 21.10) con “Bob Marley Night”. Giusto omaggio, limpido riconoscimento. Una carriera lunga la sua, insieme entusiasmante e tormentata: nel 1961, all’età di 16 anni, Bob registra i suoi primi due singoli, “Judge Not” e “One Cup of Coffee”. Nel 1974 ecco Burnin’, che conteneva le canzoni “Get Up, Stand Up” e “I Shot the Sheriff” di cui Eric Clapton produsse una cover, contribuendo ad elevare il profilo internazionale di Marley. Nel 1975 Bob Marley esce sul mercato internazionale con il suo primo storico singolo “No Woman, No Cry”…
Nel 1977 inizia il periodo della malattia che nel 1981 lo porta alla morte; un melanoma all’alluce che poi si diffuse in tutto il corpo. Un’amputazione all’alluce l’avrebbe salvato, ma Bob rifiutò per rispettare i precetti della sua religione, secondo i quali il corpo umano doveva rimanere integro. Il 23 settembre Bob tenne il suo ultimo concerto allo “Stanley Theater”, a Pittsburgh. Dopo l’evento, andò a Monaco di Baviera, in Germania, per un consulto medico dal dottor Josef Issels, specializzato nel trattamento di malattie in fase terminale. Il suo cancro si era sviluppato molto e non si poteva più trattare. I dreadlock di Marley erano troppo pesanti e i capelli erano sempre più indeboliti a causa del cancro, decise allora di tagliarseli leggendo dei passi della Bibbia, fu una decisione molto sofferta: avere i dreadlock significava essere Rasta, i dreadlock erano la sua vita…
Bob Marley morì a Miami la mattina dell’11 maggio 1981: fu sepolto in una cappella eretta accanto alla sua casa natale a Nine Mile. Insieme al lui, la sua Gibson Les Paul “Solid Body”, il suo pallone da calcio, una pianta di marijuana e i suoi semi, un anello che indossava ogni giorno, donatogli dal principe etiope Asfa Wossen e una Bibbia. Resta in pace, leggenda.
(foto by Facebook)
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