Per chi, come me, è cresciuto leggendo i fumetti dell’Uomo Ragno, ha un sapore del tutto particolare incontrare chi, come lei, è entrata nella storia del più celebre supereroe di quartiere. Francesca Michielin: da Bassano del Grappa ai grattacieli di Manhattan, da un sogno chiamato ‘musica’ ai palcoscenici di X-Factor, prima, e Sanremo, poi. Stupefacente come percorso, come viaggio. Stupefacente è anche la traduzione di “Amazing”, brano inserito nella colonna sonora di “The Amazing Spiderman 2 – Il potere di Electro”, brano figlio della giovanissima cantautrice, entusiasta per aver trovato posto in questa straordinaria avventura.
Ieri, 14 aprile, si è esibita live a Roma, in Piazza della Repubblica: alle sue spalle una gigantesca e quasi spettrale scenografia di Spiderman, davanti ai suoi occhi una folla curiosa e osannante. Francesca preferisce l’immagine di questo eroe, perché più fragile e ‘normale’, rispetto alla possente armatura di Iron Man. Cantautrice moderna, intrigata dal rap (“Ripeterei l’esperienza accanto a Fedez“) e dall’idea di tornare a Sanremo, magari già nel 2015. Un album in (lenta) costruzione, tanta stima per Lorde (“..ma siamo due cose completamente diverse“) e quel ricordo legato a un disco dei Genesis, quando – accanto a suo padre – metteva su un vinile e si lasciava trascinare…
Partiamo da qui, da “Amazing”. Tradotto vuol dire ‘stupefacente’, proprio come la tua esperienza, vero?
Beh, sì… Quando la Sony mi ha contattato, ho fatto un salto sulla sedia. Quasi non ci credevo. Dall’altro capo del telefono una voce che diceva: “Ti avremmo proposto per scrivere una canzone della colonna sonora di Spiderman…”. E’ stato scioccante, giuro. Col tempo è arrivata anche la soddisfazione, perché tutta la produzione è rimasta contentissima del mio lavoro.
Prima d’ora avevi letto fumetti dell’Uomo Ragno o, comunque, seguito l’universo dei supereroi?
In questi ultimi anni mi sono appassionata, soprattutto grazie alla trasposizione cinematografica dei personaggi a fumetti. Spiderman è davvero molto interessante, eroe speciale, perché infinitamente normale, dalla forte umanità. Questo lo rende vicino al pubblico e lo differenzia da supereroi come Iron Man: Spidey è molto fragile, ci si può facilmente immedesimare. Costretto a portare avanti il dissidio interiore tra sé e il suo alter ego…
Ieri un grande evento qui a Roma: un’altra emozione, vero?
Sono del ’95, non potevo che esaltarmi di fronte a tutto questo spettacolo. C’erano tutti, attori, produttori, grande pubblico, red carpet. Ho cercato di essere bella e brava, ma non so se ci sono riuscita…
“Amazing” è in lingua inglese: messa alle strette, preferiresti cantare in italiano?
Dura rispondere. Mi spiego: vorrei arrivare a tutti, soprattutto quelli a me più vicini, per questo d’istinto risponderei di sì, meglio la mia lingua. Poi tocca ammettere che per comporre brani con determinate sonorità l’inglese è molto più adatto. L’italiano è più legnoso, più complesso: una lingua ricca a livello lessicale e sintattico, ma dove è sempre difficile trovare la parola giusta per il verso di una canzone.
E’ questo il primo passo di una nuova avventura? A che punto sei con l’album?
Siamo in quella che amo definire ‘fase creativa’, di composizione. E’ ancora molto presto, quest’anno ho anche la maturità, inoltre desidero promuovere al meglio “Amazing” e Spiderman in generale.
Insisto. Un anno fa il duetto dei record con Fedez: se potessi, ripeteresti quel tipo di collaborazione? Oppure il rap ti ha convinto solo a metà?
E’ prematuro parlare di duetti. Posso dirti che conoscevo superficialmente l’universo rap, mi è piaciuto molto cimentarmi con quel genere. Federico è un bravissimo ragazzo, ottimo artista: mi sono affezionata subito a lui, ripeterei volentieri quell’esperienza. Con lui, ovviamente.
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In passato hai aperto i concerti di ‘mostri sacri’ come Gino Paoli e Franco Battiato: della scena attuale, italiana e internazionale, chi apprezzi e/o segui di più?
Penso a quelle della mia età, e Lorde è una che mi piace tantissimo. Tuttavia, mi sento completamente diversa, siamo opposte. Non nascondo di apprezzare parecchio il suo modo di scrivere, davvero innovativo, inoltre non imita nessuno, cosa da non sottovalutare.
Facciamo un passo indietro: cosa ti ha insegnato X-Factor?
Mi ha insegnato come si sta al mondo! (ride) Sognavo di diventare una vera cantante, ma non avrei mai pensato di arrivarci così presto. Ero una tranquillissima studentessa, a un certo punto… Boom! Mi sono ritrovata a vivere una dimensione adulta, molto impegnativa, anche educativa. Ho bruciato le tappe, sono stata costretta a crescere prima del tempo: da una parte, tante soddisfazioni, ma dall’altra una buona dose di sacrifici.
Due anni fa il palcoscenico di Sanremo: avresti voglia di tornarci presto, ora che probabilmente sei meno acerba rispetto a al 2012?
Certo che mi piacerebbe, lo farei di corsa. Quella è un’esperienza che non deve mancare nella carriera di un artista, soprattutto se giovane come me. Ma non sono sicura di essere adatta, già pronta. Quando ti presenti a quella platea devi avere delle cose interessanti da proporre, un vero progetto, altrimenti è quasi inutile.
Chiudo: la tua canzone nell’armadio, quella che amavi ascoltare da bambina e che ancora oggi ricordi con piacere.
Sai, mio padre collezionava vinili, quelli degli anni ’70 soprattutto. Ricordo bene che al sabato pomeriggio metteva su un disco e lo ascoltavamo insieme, seduti sul divano. In particolare, penso ai Genesis, a “Musical Box”, aveva un che di misterioso e inquietante. Mi tornano in mente alcuni documentari televisivi con Peter Gabriel con un vestito rosso, da donna. Se ci ripenso adesso, quasi mi commuovo…
(foto ufficio stampa)