Facciamo un gioco. Un gioco semplice: contate dieci successi di Bruce Springsteen. Non dieci canzoni, ma dieci hit, dieci pietre miliari poste sulla strada della musica del secolo scorso. Fatto? Bene. Tra poco torniamo a giocare. Domani, 14 gennaio, esce “High Hopes”, diciottesimo album del Boss. Il disco è stato registrato nel New Jersey, a Los Angeles, ad Atlanta, in Australia e a New York City: Bruce collabora con i membri della storica E-Street Band, con il grande chitarrista Tom Morello e molti altri musicisti. Risultato? La critica si spacca: per qualcuno il Boss è un mito e non si tocca, per altri un album di inediti non doveva raccogliere “scarti” della sua produzione…
“High Hopes”
Grandi speranze. E’ questo il titolo, tradotto, dell’ultimo album di Bruce Springsteen. I puristi diranno che ‘high’ si traduce in ‘alte’. Va bene, mi arrendo. La speranza raccontata attraverso la musica, lo sguardo che volge al futuro: questo è il nuovo Boss. Non è cambiato, criticarlo è stucchevole. Il singolo trainante, title track, non dispiace, ma se si ascolta tutto in cuffia, si parte per davvero e ogni giudizio saccente va a farsi benedire. “American Skin (41 Shots)” è una bomba rock di oltre 7 minuti, “Just Like Fire Would” è un pezzo da tenere durante ogni viaggio, in loop, andando a cento all’ora (con cinture ben allacciate). Torniamo, per un attimo, al gioco iniziale: facile dire i titoli di dieci successi di Springsteen, questo significa che chi ha fatto la storia della musica va ascoltato e giudicato con rispetto, perché è andato oltre le aspettative, mettendosi in discussione, ideando e sperimentando. E lasciando sempre al pubblico l’ultima parola.
Da Rocky a Joan Baez
Fondamentale l’apporto all’album “High Hopes” da parte di Tom Morello: il musicista si è unito a Bruce Springsteen e alla E Street Band nel marzo 2013, durante il tour australiano (dove ha sostituito Steve Van Zandt), diventando “fonte di ispirazione che ha portato questo progetto a un altro livello“. Così parlò il Boss. Morello, nell’album, suona la chitarra e duetta con Bruce in “The Ghost of Tom Joad”. Segnaliamo anche la traccia numero 6, “Haven’s Wall” (sarebbe perfetta per un film sullo stile di Rocky), e la confidenziale ballad “Hunter Of Invisible Game” (struggente folk che ameremmo ascoltare dalla voce di Joan Baez) . Menzione speciale per la coda del disco: apparentemente mielosa, ma terribilmente evocativa è “The Wall” dove incanta un assolo di tromba, chiude in gloria Springsteen con la già ultra celebrata “Dream Baby Dream”. Provate voi, a 65 anni, a costruire un album con almeno 4-5 pezzi di assoluto valore. Solo chi ha grandi speranze può avere ancora il coraggio di suonare e cantare così. Il Boss è vivo, viva il Boss.
(foto by Uff. Stampa)