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Gigi D’Alessio: “Vecchioni? Abbiamo dimostrato che la musica è libertà” [INTERVISTA]

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Di lui Red Canzian (Pooh) ha detto: “E’ un pianista bravissimo, un ottimo compositore, canta molto bene… Dove lo vogliamo attaccare?“. In effetti la realtà è questa, perché a parlare del Gigi D’Alessio artista si fa davvero fatica a trovare difetti: non sarà Fossati o Lucio Dalla, ma resta un pregevole cantastorie capace di arrivare al grande pubblico. Ha lottato tanto pur di farsi ‘accettare’ anche al di là dei confini napoletani e c’è riuscito quando a Sanremo scosse il teatro con le sue ‘Non dirgli mai’ e ‘Tu che ne sai’ (con tutta la stampa contro).
Il resto è storia recente. Nella carriera di Gigi oltre 12 milioni di dischi e senza cd taroccati venduti per strada avrebbe eguagliato pure Michael Jackson. Il suo presente si chiama ‘Ora’: “..disco mediterraneo, album della speranza, pieno di messaggi positivi…“, così lo descrive. La title track è un segno di gratitudine verso il suo pubblico, personalmente segnalo “Si turnasse a nascere”, ‘Serpente a sonagli’ (scritta da Mogol) e ‘Il falco e la rondine’ che tratta in maniera originale il delicato tema della violenza sulle donne.
Una chiacchierata, la nostra, dove le parole non sono buttate qua e là, ma pesate con attenzione: da Napoli a Claudio Baglioni, dal tour 2014 a Roberto Vecchioni e quella scelta inaspettata…

Dicono che questo sia l’album della maturità artistica: da un punto di vista musicale è diverso dai tuoi lavori precedenti

Diciamo che è un’espressione di uso comune, ormai ogni album è quello della maturità: la verità è che più si va avanti con la vita e più si cresce, si matura, un po’ come i frutti dell’albero. Io preferisco definirlo come l’album della speranza, perché viviamo in un periodo dove regnano crisi e violenza, dove c’è poco lavoro e pochi valori.

Parliamo, quindi, di un disco ‘positivo’?

Credo sia l’aggettivo giusto, molto si riassume ne ‘Il falco e la rondine’. Lì racconto di una ragazza che ha subìto una violenza, ma non si arriva alla commiserazione: a lei dico di non preoccuparsi, perché ci sarà sempre un’aquila a difenderla. Mi piace pensare che il principe azzurro sia sempre dietro l’angolo.

Musicalmente è comunque variegato…

Quando hai un intero album di inediti a disposizione, puoi sbizzarrirti. Io sono un musicista, mi sono voluto divertire: c’è un po’ di funky, un po’ di rock. E’ bello variare, anche perché un disco è come un guardaroba, sei tu a scegliere quale abito mettere. Di base la musica è femmina, è come una donna nuda: diventa romantica vestita da sposa e rock se indossa un giubbotto…

“Prima o poi” e “Ora”: all’interno dei due brani s’intravedono tracce di “Non mollare mai”. Sei d’accordo?

E’ quella speranza di cui parlavo prima: è una componente necessaria, oggi soprattutto. Sarà pure vero che ‘chi di speranza vive, disperato muore’, ma non possiamo arrenderci. Specialmente i giovani devono trovare una speranza, per avere poi, domani, una certezza.

C’è un verso di ‘Prima o poi’ che dice: “nel carro della vita non c’è mai l’ultima ruota“…

Sono convinto di tutto questo, se ci si impegna si può arrivare ovunque. Nel brano che hai citato è fondamentale il concetto “la fortuna non bisogna chiederla a Dio“, perché le preghiere devono riguardare solo la salute, la tua e quella della tua famiglia. Il resto è solo forza di volontà, sacrifici.

A proposito di sacrifici, tu hai fatto tanta gavetta: credi che oggi i talent show siano una specie di ‘safety car’ in grado di far partire tutti dallo stesso punto?

Guarda, io credo che i talent siano una cosa ‘buffa’, mi spiego meglio: danno a tanti la possibilità di esibirsi, di sognare… Ma è quando finisce l’avventura che inizia il viaggio, quello vero, ed è lì che tutto si fa più duro. Non bastano tre o quattro mesi di tv per costruire l’esperienza, sono molto più utili porte in faccia o concerti nelle cantine, credimi…

Torniamo al disco. Poco spazio alla tradizione napoletana: Enzo Avitabile in ‘Notti di lune storte’ o ‘Si turnasse a nascere’. Abbandonato per sempre quel ‘filone’?

Quando ti esce un brano come ‘Si turnasse a nascere’, che hai più da scrivere? (ride) Al primo ascolto può sembrare quasi un Festival di Napoli del 1970, con sotto quella batteria così delicata. Vado a suonare nel mondo, devo fare capire quello che scrivo. ‘Notti di lune storte’ ha un testo in italiano, ma di base c’è una forte sonorità mediterranea: è così che dimostro di non abbandonare la tradizione.

Circa quattro mesi all’inizio del tour: pensieri, progetti, programmi?

Sai, musicalmente sono un tipo molto esigente: sul palco cerco di portare sempre tanta qualità, non mi va di arrivarci “arrangiato”. Ho sempre avuto con me dieci o undici musicisti, mediamente. Soprattutto, perché io non vado in tournée semplicemente a lavorare, ma a suonare. E’ cosa ben diversa…

Quella della fisarmonica suonata anni fa al Festival Gaber è stata un’occasione irripetibile? Non accadrà mai più?

Magari, lo spero! La verità è che parecchi miei colleghi tendono a mettere alla musica delle barriere. Molti di loro non sanno quasi la differenza tra un Do e una spremuta d’arancia… Io faccio quello che mi piace, sempre, e non me ne vergogno. Anche l’altra settimana in tv: sono stato io a dire a Vecchioni di cantare quel pezzo (‘Ho conosciuto il dolore’, ndr.), alla fine il pubblico ha apprezzato. Musica vuol dire libertà.

Anni fa hai cantato una commovente “Caro Renato”, dedicata al grande Carosone: negli ultimi mesi se ne sono andati Jannacci, Califano e Lucio Dalla, chi tra loro ti ha insegnato di più?

Lucio Dalla mi ha insegnato tantissimo, soprattutto a essere disponibile con tutti, a non essere scontato, a non mettere quelle barriere di cui parlavo poco fa. Lucio passava dal jazz al pop alla lirica. Non aveva paraocchi, cantava ‘Attenti al lupo’ e ‘Caruso’ ed era sempre credibile.

“Questi siamo noi” ha diviso il pubblico, soprattutto quello dei social: c’è un momento particolare che ti ha fatto emozionare?

Lì c’era veramente tutta la musica, difficile trovarne uno. Alle critiche sono abituato, del resto non si può pretendere il plebiscito. Questa volta ho pensato al qualitel più che all’auditel, alla fine ho avuto regione, siamo stati premiati. Chi ha visto lo show ha detto: “era da 20 anni che non si vedeva una cosa del genere“. Non dimenticare che abbiamo fatto poche prove, siamo entrati in studio solo due giorni prima. E sul palco c’era una grande orchestra, mica la base…

‘Serpente a sonagli’ è un brano incuriosente, dove si nota la presenza di Mogol: perché proprio qui un featuring di Anna?

E’ stato solo un piccolo cameo, quasi uno sfizio: ci siamo trovati insieme in sala e abbiamo deciso di improvvisare: a volte c’è bisogno di colori, la stessa cosa è successa con Avitabile, che in quel brano era come il cacio sui maccheroni. Sai, io dico sempre una cosa, noi facciamo solo il numero di telefono, ma è la musica che ci chiama…

Come autore potresti partecipare al Sanremo 2014…?

Se alludi ad Anna, sai che sta preparando il nuovo disco, credo uscirà tra Marzo e Aprile, quindi non penso proprio che andrà al Festival. Almeno, non è nelle sue previsioni…

La tua ‘canzone nell’armadio’, quella che amavi da ragazzo e ancora oggi ti capita di fischiettare o suonare al pianoforte…

Non ho difficoltà, è e sarà sempre “Avrai” di Claudio Baglioni. Un manifesto quel pezzo. I figli sono una parte del cuore: anch’io ho cantato brani a tema, come “Padre per metà”, “Babbo Natale non c’è”, “Vita” e “Il cammino dell’età”, ma quella di Claudio rimane un’intuizione senza pari…

(foto by kikapress.com)

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