Molella: “Oggi noi dj dobbiamo competere con will.i.am e Rihanna…” [INTERVISTA]

I giovani d’oggi non sanno cos’è il vinile, non sono dei veri disc-jockey, al massimo electronic jockey!“. Ci scherza su Maurizio Molella, ma mica tanto. Parlare con lui mi riporta indietro agli anni ’90, periodo in cui era già grande protagonista delle notti ‘da ballo’ (e da sballo, nel senso buono), quando era sinonimo di garanzia vedere il suo nome sulle locandine. Mettere su due dischi non è mica facile, oggi fare il dj sembra quasi un ripiego, ma quelli come lui dietro la consolle hanno costruito una carriera.
Ho conosciuto Maurizio 10 anni fa, nella hall del teatro Ariston: faceva parte della Commissione sanremese, in sostanza uno di quelli che sceglieva le canzoni da portare in gara. “Quando mi telefonò Tony Renis pensai subito a uno scherzo, io con quel mondo non c’entravo nulla, poi mi sono appassionato.. è stata un’esperienza bellissima…“. In onda tutti i giorni su m2o (“Mollybox”, dalle 14 alle 15), deve molto all’universo radio: lì conobbe Lorenzo Cherubini, 25 anni fa, insieme poi fecero un lungo tour nelle discoteche italiane e diedero inizio al fenomeno Jovanotti

Tutti i giorni in radio, bell’impegno per uno abituato a vivere la notte…

Amo la radio, mi permette di stare a contatto con la gente, mi piace anche ricevere feedback durante il weekend, quando vado a suonare nei locali. Lo ammetto, qui a m2o non pensavo di trovarmi così bene: ho iniziato con la classifica, nel frattempo lavoravo anche a Radio Deejay, poi nel 2010 è iniziata l’avventura quotidiana con Mollybox e…

..e intanto continui a suonare in discoteca

Assolutamente! L’ultima cosa che ho fatto è “You and me forever”, in collaborazione col rapper Adam Savage: è un disco che riprende il ritornello di “Love Lasts Forever”, pubblicata nel 2001. Mi sembrava interessante darle una nuova luce, dopo oltre 10 anni, anche per farla conoscere alle nuove generazioni.

Com’è oggi fare il mestiere di Dj?

Credimi, è diventato molto più difficile: in pratica ci tocca fare i conti con colossi come Rihanna o will.i.am., non so se mi spiego. Il genere è molto simile, è pop-dance, musica che può tranquillamente fare da play-list in un locale da ballo, gli stessi posti che frequento io ogni settimana.

A proposito: come vedi la nuova generazione dei disc-jockey?

Io li definirei electronic-jockey o, al massimo, computer-jockey. I giovanissimi non sanno cos’è un vinile, selezionano i dischi, ma non “smanettano” come facevamo (e facciamo) noi della vecchia guardia. Oggi, come sai, la tecnologia è di grande aiuto, tutti s’improvvisano producer e – cosa ancora peggiore – non mettono a tempo i dischi. Ragionamento che non vale per tutti, fortunatamente…

Tanti tuoi colleghi hanno aperto i concerti delle grandi star, come Vasco o la Pausini: piacerebbe anche a te?

Ormai è diventata una moda, proprio come fare un remix per questo o quell’artista. 10-15 anni fa ne feci un paio per Vasco Rossi, all’epoca questa non era roba per tutti, noi siamo stati tra i primi. Ammetto che mi piacerebbe aprire un grande show, magari allo stadio: i primi nomi che mi vengono in mente sono Tiziano Ferro e i Negramaro.

Non hai fatto un nome, lo faccio io: Jovanotti. In pratica la tua carriera è partita con lui…

Credo fosse il 1988, lui era agli esordi, andavamo in giro per le discoteche d’Italia. La gente impazziva, anche se i numeri non erano quelli di oggi: la nostra era quasi un’impresa a conduzione familiare, ma ci divertivamo da matti, c’era un’aria scanzonata, spensierata…

Sanremo: nel 2004 eri in Commissione, come hai vissuto quell’esperienza?

Bella esperienza, da una parte. Pessima, dall’altra! (ride) Eri lì e lo sai bene, avevamo contro tutte le major, sapevano che dovesse essere l’anno della canzone ‘punto e basta’. Pochi artisti di grido in gara, un clima surreale: alla fine vinse Masini, mi fece molto piacere, perché la canzone era bella e lui dimostrò di essere un grande professionista. Per me l’esordio fu da panico, anzi, quasi comico: mi telefonò Tony Renis (direttore artistico, ndr.), pensai subito a uno scherzo…

Restiamo sul tema tv, guardi i talent show? Uno in particolare?

Sì, seguo X-Factor, anche con grande interesse, soprattutto da quando è su Sky. E’ fatto molto bene, ha un taglio dinamico, fresco: quest’anno, poi, è davvero spettacolare. Ci sono delle voci interessanti, io faccio il tifo per Gaia, molto bravo anche Michele. Sono curioso di vedere come va a finire.

Alessia D’Andrea: oltre un milione di views per “Paradise”, era il 2010…

Alessia è un vero talento, lo era già tanti anni fa. Io la conobbi tramite un mio amico produttore, Antonio Notaro: ci siamo incontrati in studio, abbiamo fatto dei demo, un po’ di prove. Alla fine è uscita fuori “Paradise”, che è stato un grandissimo successo. Sono anche nel videoclip, anche se non amo figurare, non è nelle mie corde… Comunque, continuo a seguire l’etichetta di Antonio, la Renilin, forse presto faremo insieme altre cose.

Prima e dopo Alessia altre collaborazioni, vero?

Tante, sì, difficile citarle tutte. Penso a “If You Wanna Party”, realizzata insieme agli americani The Outhere Brothers, oppure “Let me Give you More”, tra l’altro utilizzata la scorsa estate nella pubblicità della TIM.

Non abbiamo parlato dei tuoi gusti musicali: ti piace Battisti? Con Gigi D’Agostino hai fatto la cover di “Con il nastro rosa”, quindi…

Non ho gusti precisi, ascolto tutto e di tutto. Vasco Rossi è sempre stato l’idolo della mia gioventù, oggi ascolto molto i Negramaro e Tiziano Ferro, come ti ho detto prima. Mi piacciono molto anche Emma e i Modà: Kekko scrive bene ed è un ottimo interprete.

Torniamo un attimo alla radio: un paio d’anni fa hai ospitato in studio David Guetta, è ancora il più bravo al mondo?

Beh, adesso è tra i primi cinque. All’epoca era certamente il migliore, la grande novità: aveva riaperto un bel varco, miscelando il pop e la dance, con i cantanti famosi “appoggiati” su basi da discoteca. Sai, in quel periodo era come se si stesse chiudendo un imbuto, David è stato capace di riprendere una bella moda che sembrava ormai perduta, smarrita.

Chiudo: la tua ‘canzone nell’armadio’, quella che ascoltavi da ragazzino e che ancora oggi torni a fischiettare nei momenti di relax

Mi verrebbe da dirti Ufo Robot, ma se ci penso un attimo… Beh, mi piaceva molto la sigla di Braccio di ferro, metteva allegria, entrava subito in testa. Sì, a volte la canticchio, o la fischietto, come dici tu.

(foto by Uff. Stampa)