Quando il pubblico sa a memoria le tue canzoni e riempie stadi, teatri e palazzetti, allora vuol dire che hai raccontato una bella storia, anzi, hai fatto della tua vita una storia collettiva. Antonello Venditti meriterebbe sempre una seconda lettura, è uno degli artisti più ‘italiani’ della nostra tradizione, perché non ha mai imitato nessuno, è stato capace di arrivare al cuore della gente con testi e melodie indimenticabili.
Meraviglia per la sensibilità, per un atteggiamento rivolto al futuro, suo e delle nuove generazioni, per la freschezza con la quale – ancora oggi – si mette al pianoforte e canta questo o quel pezzo come fosse la prima volta. Sembra facile, eh. La nostra chiacchierata parte dal tour nei teatri, passa per alcuni dei suoi colleghi più celebri (a cominciare da Dalla e De Andrè), vira su sport e politica, con Antonello che si sofferma sulla figura di Papa Francesco, definendolo “rivoluzionario“…
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Andiamo per gradi: i tuoi prossimi concerti ’70-’80… Come si svolgeranno?
Mi piace ripartire dal passato, forse perché è lo stesso mondo ad andare indietro. In certi casi non è un male, perché si apprezza di più quel che di buono si è fatto e si prova a non ricadere in errori giganteschi. Porterò le mie canzoni nei più bei teatri italiani (chiederemo anche la Scala, ma sarà dura), rivisitando il repertorio di quel ventennio assieme a quattro musicisti: Alessandro Centofanti, Danilo Cherni, il jolly Alessandro Canini – regalerà sorprese – e Amedeo Bianchi. Mi auguro possa esserci anche Gato Barbieri, magari per una o due date…
Tra pochi giorni (5 novembre, ndr) esce il disco “Io, le donne, l’orchestra e l’amore”: dove nasce l’esigenza di questo nuovo lavoro?
Volevo lasciare una traccia del tour “Unica”, un’esperienza straordinaria: questo album è il concerto registrato live all’Arena di Verona, con ospiti Annalisa, Chiara Civello e l’orchestra sinfonica del M° Sabiu.
A Roma già si parla del grande evento, la festa di compleanno dell’8 marzo 2014: cosa succederà?
Quel giorno compirò 65 anni, ma oggi mi sembra di averne 25! (ride) Non è detto sia un pregio o un vanto, ma la voglia di fare festa è quella dei primi anni della mia carriera, quando facevo tutto senza pensare troppo a cosa sarebbe successo dopo. Sarà una serata a sorpresa, darò molto spazio anche ai brani più recenti, ci sarà la band al completo. Il pubblico sarà il vero ospite d’onore, mi voglio divertire…
Recentemente ti abbiamo visto sul palco con Renato Zero: oggi con chi ameresti duettare?
E’ stato bello condividere l’esperienza di “Unica” con Chiara Civello e Annalisa, non posso negarlo. Io – storicamente – amo andare avanti per la mia strada: le strade degli altri mi interessano, ma sono troppo diverso per aprirmi a collaborazioni ‘esterne’.
..però una volta io ti ho visto duettare con una scimmia, eh!
Beh, cos’hai tirato fuori… Quello è un filmato incredibile! (ride) Credo fosse un programma Rai, “Un’auto targata torino”, seconda metà degli anni ’70, uno sketch con Lucio Dalla e una scimmietta. Lui ed io eravamo simbolo di bruttezza, lei portava in scena la libertà, scevra da tutti quei compromessi che invece governano gli uomini.
E’ vero che Lucio Dalla ti ha cambiato la vita, umana e artistica?
La fortuna e il caso ti fanno incontrare gente speciale, penso a De Andrè e, soprattutto, a Lucio. Con lui ci siamo frequentati molto spesso, anche perché eravamo entrambi due amanti del mare. Un artista universale, come e più di Pavarotti è riuscito a mettere insieme le varie forme d’arte, dalla musica al teatro, sino alla pittura. E, cosa ancor più bella, ad avvicinare tra loro le persone che incontrava sulla sua strada.
Ramazzotti e i Negrita hanno detto che è finito il tempo delle canzoni impegnate, che la musica non farà più rivoluzioni…
Credo che le canzoni non possano creare rivoluzioni, forse non lo hanno fatto mai. Accompagnano, invece, quel sentimento popolare di dolcezza, di gioia, anche di rabbia. Il mondo stesso è impegnato, la musica va in parallelo, ci prova: l’amore è un fatto privato, può anche divenire un impegno collettivo. E’ in quella direzione che la musica può essere sempre rivoluzionaria: oggi è forte la crisi della famiglia, l’amore va sempre sostenuto. Il nuovo Papa ha spesso bellissime parole a riguardo.
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Approfondiamo…
L’ultimo discorso di Papa Francesco tocca proprio l’amore per la famiglia. La voglia di non lasciare nulla al caso, di stare vicini sempre, soprattutto nelle difficoltà. Lui è forte e sicuro di sé, interpreta il papato in chiave francescana e gesuita: ha un atteggiamento rivoluzionario, forse politicamente scorretto, perché va dove molti non sono andati, riflettendo con fermezza su temi delicati, come la pedofilia, l’omofobia…
Restiamo sull’attualità: da Berlinguer a Berlusconi ne hai cantate tante, oggi vedi uno spiraglio per le politiche del nostro paese?
C’è frammentazione, confusione, gli elettori non sanno dove andare: l’anima del PD non è evidente, sembra minoritaria. C’è una nuova classe di giovani capaci di interpretare bene la realtà che stiamo vivendo, siamo in attesa di una ventata, anche per dare concretezza ai sogni della nuova generazione. I sogni sono un diritto.
Tu non hai studiato canto, ma di strada ne hai fatta parecchia: ha ragione chi dice che i Talent Show, alla lunga, potrebbero diventare una trappola standardizzante?
Il tempo di oggi offre questo, bisogna essere bravi a cavalcarlo e a farlo con la propria originalità. Dopotutto, le ‘copie’ non sono mai andate lontano. I talent show sono un grande gioco, sta al singolo artista far emergere il suo vero talento, quello nascosto. Io, ad esempio, potrei insegnare a un ragazzo come si suona un pianoforte, ma il canto no, quello è unico.
La scuola romana: oggi Gazzè, Fabi, Silvestri e Mannarino, ieri tu, De Gregori, Stefano Rosso… Trovi affinità?
Lo scenario è lo stesso, è Roma. Da queste parti ogni angolo della strada è in grado di regalarti qualcosa, una suggestione nuova. Quando passeggio per Trastevere, mi piace guardare e ascoltare gli artisti di strada, quelli che cantano la romanità, la tradizione. Quella dei miei anni non era una scuola, eravamo un gruppo di amici, una ‘corrente di pensiero musicale’, definirla scuola ancora oggi mi sembra un’esagerazione.
Amo in particolare due brani degli anni ’70, “Le cose della vita” e “Sora Rosa”, quest’ultima è anche ‘entrata’ in un film…
Sai, Tomas Milian era un mio grande fan, fece tutto lui: pensare che scrissi quella canzone quando avevo 14 anni, se ci fai caso non ha nulla a che vedere con la trama de “La Banda del Gobbo”. Ti svelo una cosa: la leggenda narra che la Banda della Magliana mi volesse ospite a una festa, poi qualcuno del gruppo si oppose dicendo “Venditti è un compagno, non verrà, invitiamo Califano..”. Sarà vero?
Roma, la squadra: torniamo sulla storia dell’inno?
Volentieri, perché sono state dette un sacco di sciocchezze. Io non ho mai detto, né chiesto , né suggerito di non suonare più l’inno allo stadio. Il fatto è che quella Roma di fine maggio non mi somigliava, a me come a tantissimi veri tifosi. La mia frase fu un’altra, ovvero “non mi sorprenderei se levassero anche l’inno…“.
Regalami un po’ di musica del passato, ‘immortale’, che non sia di colleghi cantautori: cosa ti affascinava un tempo e ancora oggi hai piacere ad ascoltare?
La mia grande passione è il cinema, penso a tutta la produzione di Stanley Kubrick, il più grande interprete del ‘900: ogni suono presente nei suoi film dava lustro alla scena e alla storia, era parte integrante della narrazione, da “Spartacus” fino a “Odissea nello spazio”.
(foto by kikapress.com)
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